Le monete di Venezia/Antonio Venier

Antonio Venier

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Michele Morosini Michele Steno

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ANTONIO VENIER

DOGE DI VENEZIA

1382 -1400


Morto Michele Morosini, fu eletto a succedergli Antonio Venier, che si trovava capitano in Candia. Tutti gli sforzi di lui furono diretti a riparare i danni causati da guerre lunghe e disastrose, ed a ristorare il commercio e le industrie veneziane, nobile missione in cui fu secondato dal favore degli avvenimenti. Il più fiero e potente nemico della repubblica, Lodovico re di Ungheria, venne a morte, e le lotte cagionate dalla sua successione liberarono Venezia da ogni pericolo da quella parte. In Oriente si rinnovò la tregua coll’imperatore e si cercò di ricuperare alcuni punti importanti, riuscendo ad innalzare la bandiera di S. Marco a Napoli di Romania, ad Argo, a Corfù, e, nell’Adriatico, a Scutari e a Durazzo.

Nella terraferma vicina dava non poca ombra alla Repubblica, Francesco da Carrara, sempre potentissimo, che aveva comperato dal duca Leopoldo d’Austria il Trevigiano, e sosteneva il patriarca di Aquileja nominato dal Papa, che gli Udinesi ed il Parlamento friulano non volevano riconoscere. I Veneziani naturalmente parteggiarono coi signori del Friuli, ed alleati con Giangaleazzo Visconti tolsero ogni dominio al Carrarese, recuperando il possesso di Treviso e del suo territorio. Così Antonio Venier, morendo nel novembre 1400, dopo dieciotto anni di regno lasciava Venezia in uno stato di prosperità e di pace.

Anche il lavoro della zecca fu molto attivo in quest’epoca fortunata, e possiamo riconoscere dai documenti contemporanei la cura amorosa con cui si trattavano dai governanti gli affari [p. 223 modifica]relativi alla moneta ed al commercio dei metalli preziosi. Si conoscono i provvedimenti legislativi intesi a perfezionare i congegni amministrativi ed a curare l’esatto adempimento delle molte prescrizioni e cautele, che per essere troppo minuziose e complicate, cadevano facilmente in dissuetudine. Sono interessanti a vedere le precauzioni dirette ad impedire gli abusi, a frenare le spese, ad aumentare i redditi dello stato, e così pure le pene severe minacciate a coloro che trasgredissero le leggi o cercassero di frodare lo stato per favorire i mercanti che portavano oro ed argento in zecca per farne moneta o per ridurlo in verghe, che nei documenti veneziani sono chiamate pezze. Era prescritto che gli ufficiali della zecca, dovessero fare con diligenza i pesi dei metalli in tutte le varie trasformazioni, registrandoli di volta in volta su appositi quaderni, rendendo conto della gestione agli ufficiali delle Ragioni alla fine del loro turno, che si chiamava quindicina, perchè originariamente durava quindici giorni. Volevasi sopratutto mantenuta nell’oro quella purezza che ai ducati coniati a Venezia dava una fama di superiorità durata fino ad oggi. A questo scopo la Quarantìa deliberava, nel 16 luglio 1394, alcuni provvedimenti che formano i capitoli dal LXXI all’ LXXXIV del capitolare dei massari all’oro1, i quali si occupano delle fusioni, degli assaggi, dei cimenti e dei pesi dell’oro e dei ducati. Analoghe disposizioni sono ordinate anche per l’argento, affinchè le prove e gli assaggi sieno fatti con diligenza e sicurezza, in un decreto del 16 novembre 14002, il quale comincia colle seguenti saggie parole: Abudo resèetp che una pezza bolada de la bolla de san Marcho vien ad esser moneda chuniada etc. Dallo stesso documento rileviamo che il titolo del grosso e dell’argento era disceso a peggio 55 e cioè a 0.952; ma questo peggioramento datava già dall’epoca dell’abolizione dell’antico capitolare dei massari alla moneta e dalla coniazione del nuovo grosso durante il principato di Andrea Contarini.

[p. 224 modifica]Troviamo anche due deliberazioni del Maggior Consiglio, 26 settembre 13893 e 5 luglio 13954, relative alle nomine dei massari all’argento, colle quali si permette la conferma, dopo i due anni di carica, di questi gentiluomini senza la prescritta contumacia, purché, provati in Quarantìa, ottengano più della metà dei voti, e ciò allo scopo di avere persone esperte e pratiche; ma contemporaneamente si ordina ai provveditori del Comune ed agli ufficiali delle Ragioni, di investigare sulla loro condotta e sugli utili ricavati dalla zecca durante la loro amministrazione, riferendo ogni cosa al Consiglio prima della votazione.

I primi decreti emanati dal Senato dopo l’elezione di Antonio Venier, in rapporto alla fabbricazione della moneta, trattano di quanto si doveva dare ai mercanti in compenso della quinta parte dell’argento portato in zecca per essere affinato e ridotto in verghe o pezze. Tale quinto doveva essere monetato, ed era sino allora rimborsato con 14 soldi di grossi per ogni marca, mentre il decreto 13 gennaio 1384 (1385)5 ordina che la zecca paghi 13 1/2 soldi di grossi per marca, ed un secondo del 25 gennajo 1385 (1386)6 soltanto 13 soldi e 3 grossi, e che tutto l’utile ricavato sia versato al tesoro per le spese delle guerre. Ma queste disposizioni, che rendevano meno vantaggiosa la speculazione dei mercanti, avevano diminuito il lavoro delle officine, per cui la Quarantia nel 1 agosto 13877, allo scopo di favorire la coniazione dei grossi e per vantaggio degli operai, concede ai possessori di argento franco di bolla di far coniare qualunque quantità di grossi, ricevendo per marca 14 soldi, 8 denari di [p. 225 modifica]grossi e 20 piccoli, esclusi da questo beneficio i banchieri, coloro che acquistano argento agli incanti, ed i forestieri.

Erano di grave danno in quel momento al commercio ed alle finanze dello stato alcuni inconvenienti nella circolazione monetaria, di quelli che si verificarono in tutti i, tempi, e cioè le monete false, quelle pur genuine che venivano tosate o stronzate, e finalmente l’artificio di alcuni speculatori, che sceglievano le monete più pesanti per fonderle, lasciando in circolazione le più leggere.

Ai danni provenienti dalle monete false e dalle stronzate, erasi molte volte tentato di provvedere con minuziosa sorveglianza e colla minaccia di gravi pene, ed anche nel 12 novembre 13898 si cercò di incoraggiare lo zelo degli ufficiali che dovevano investigare sopra tali faccende presso i banchieri ed i cambisti, coll’aumentare la quota di utile che spettava loro nelle pene pecuniarie e colla proibizione di condonare tali multe. Nel 19 maggio 13919 si ordina che tutte le monete false, le quali venissero presentate alle casse pubbliche, sieno tagliate in quattro pezzi, e quelle stronzate sieno tagliate in due; queste ultime poi si potevano portare alla zecca, che rimborsava l’argento con 14 soldi, 8 denari di grossi e 20 piccoli per marca.

Allo scopo di impedire che le monete più pesanti fossero distrutte con danno del pubblico e dell’erario, il Senato nel 30 maggio 139110 delibera che un solo peso regoli tutti i soldi colla maggior esattezza possibile, e questo sia tale che da ogni oncia si debbano tagliare 62 pezzi. Il valore della marca potrà oscillare fra lire 24 soldi 16 e lire 25 soldi 4, distruggendo tutte le fusioni che eccedono questi limiti, ed ordinando di porre un punto sovra ogni conio per poter conoscere il gastaldo responsabile del peso. Siccome poi con tale disposizione i soldini si [p. 226 modifica]trovavano più leggeri in proporzione dei grossi, la Quarantia ordina che a quelli che portano le monete tagliate alla zecca per deficienza di peso si dia 14 soldi 8 grossi e 20 piccoli, se si paga in grossi; ma pagando in soldini, si dia 15 soldi e 3 grossi11. La legge del 30 maggio però non era di possibile esecuzione, e la zecca protestava di non poter fare i soldi tutti eguali, per cui nell’11 luglio 139112 il Senato vota che la tolleranza nel taglio sia portata fra i 62 ed i 65 pezzi per oncia, e tutta la fusione debba dare un peso che oscilli fra 63 e 64; ma anche questo era troppo difficile in pratica, per cui il Senato nuovamente si raccoglie nel 20 luglio13 e delibera che da un’oncia d’argento non si taglino meno di 61, nè più di 66Fonte/commento: Pagina:Le monete di Venezia.pdf/442 soldi, e che il valore di ogni marca stia fra lire 25 e 6 soldi, e lire 25 e 10 soldi.

In seguito a queste disposizioni, che avevano per risultato una leggera diminuzione nel peso dei soldini, il valore del grosso era diventato esuberante, per cui il Senato, allo scopo di trattenere in paese la moneta d’oro, fu costretto a ridurre anche il peso del grosso. Un decreto in data 4 giugno 139414 ordina che i grossi sieno fabbricati allo stesso titolo, colle stesse prescrizioni e con un peso proporzionato a quello dei soldini, in modo che da una marca si ottengano da 126 ½, a 127 ½ pezzi, lasciando ad un collegio la scelta del conio, affinchè si distinguano i vecchi dai nuovi grossi. Raccoltisi il giorno dopo il doge, i consiglieri, i capi, i savi ed i provveditori del Comune, che componevano il collegio, deliberano che i grossi sieno coniati con lettere e stelle secondo il modello presentato, come vediamo ricordato15 nel capitolare delle Brocche.

È questo il terzo tipo del grosso che, attorno alla figura del Redentore seduto in trono, ha le parole TIBI LAVS ET [p. 227 modifica]GLORIA; ma non fu l’ultima diminuzione di peso di questa nobile moneto, nemmeno in questo secolo, giacché il 7 ottobre 139916 si deliberò che, invece di 127 grossi, se ne ricavassero 131 circa da ogni marca, come era già la pratica da due anni, e si: diminuì in proporzione il peso dei soldini, in modo che quattro soldini equivalessero ad un grosso.

La coniazione dei torneselli per l’Oriente era assai copiosa durante il principato di Antonio Venier, ed arrivava a dodicimila marche per anno, del valore di quattordici mila ducati, come rileviamo da un documento del 25 gennaio 1385 (1386)17, il quale destina tutto l’utile ricavato da tale gestione, che si valutava un terzo del valore, alle spese della guerra nel Veronese e nel Friuli. Meno abbondante deve essere stata la coniazione dei piccoli oggi difficili a ritrovarsi; un decreto dei Pregadi del 4 giugno 138518, lamentando le invasioni di piccoli pessimi e rei forestieri, ordina che un maggior numero di operai sia destinato alla fabbricazione di tali monetine coniate secondo una legge del 4 maggio 1379, che fissava la lega dei piccoli 1 oncia e 16 carati d’argento, 6 oncie 3 quarti e 20 carati di rame, ed il ricavo di soldi 3 denari 1 1/2 di grossi per marca, e cioè 1200 pezzi. Per diffonderli nel pubblico si ordina che, nei pagamenti dei quinti dell’argento, un soldo di grosso sia rimborsato in piccoli, e si bandiscono contemporaneamente i piccoli forestieri che devono essere tagliati e distrutti. Nel 29 aprile 139019 la Quarantìa limita a soli 9 grossi di piccoli ciò che si deve dare in moneta minuta nel pagamento di quinti, e trovando decoroso di avere piccoli del nostro stampo, ordina che debbano essere coniati in quella forma e dimensione che sarà ordinata dalla Signoria. La Signoria esaurisce tale [p. 228 modifica]mandato nell’8 giugno 139020 ordinando agli ufficiali della moneta di fare i piccoli in ragione di 10 soldi e con 16 carati d’argento per oncia, cioè più pesanti, ma meno buoni dei precedenti; pesano infatti grani 4 8/10 invece di 3 84/100, e contengono 128 carati d’argento invece dei 160 per marca, che avevano secondo le proporzioni indicate dal decreto del 4 giugno 1385.

Oltre alle notizie relative alla fabbricazione delle monete, possiamo conoscere dai documenti dell’epoca come si pagavano gli operai, e la cura costante di dar loro occupazione, quando per circostanze imprevedute diminuiva o mancava il lavoro. Rileviamo pure le competenze degli ufficiali e degli operai, e le modificazioni portate dai tempi e dalle circostanze, nonchè le paghe ed i nomi degli intagliatori della zecca, che non è senza utilità ricordare. Nel 21 dicembre 139121 il Maggior Consiglio accorda 50 ducati annui di salario ad Antonio dalle forbici, che lavora da 16 anni facendo ferri a moneta pro fabbricandis monetis, ed anticamente aveva 60 ducati, ridotti a 40 per la guerra di Genova. Nel 31 marzo 139422 lo stesso Maggior Consiglio concede il salario di 20 ducati all’anno a Lorenzo e Marco di Bernardo Sesto intagliatori di ferri da monete, che si adoperano per coniare grossi, soldini, piccoli e tornesi: — nel 13 settembre dello stesso anno23, lo aumenta a 30 ducati annui per ognuno, in vista del gravoso lavoro quotidiano.


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MONETE DI ANTONIO VENIER


1. — Ducato. Oro, titolo 1.000: peso grani veneti 68 52/67 (grammi 3.559).

         D/ S. Marco porge il vessillo al doge, ANTO’ · VENERIO, lungo l’asta DVX, dietro il santo · S · M · VENETI

         R/ Il Redentore benedicente in un’aureola elittica cosparsa di stelle, quattro a sinistra, cinque a destra · SIT · T · XPE · DAT · Q’ TV      REGIS · ISTE DVCAT ·

Tav. XIII, n.° 5.

Sotto il braccio dell'Evangelista in alcuni esemplari vi è un grosso punto, negli altri una crocetta ×

2. — Grosso, secondo tipo. Argento, titolo 0,952: peso grani veneti 38 40/100 (grammi 1.987).

         D/ S. Marco porge il vessillo al doge ANTO’ VENERIO lungo l’asta DVX, a destra · S · M · VENETI

         R/ Il Redentore in trono IC XC. Nel campo a sinistra una stella di cinque punti, a destra l’iniziale del massaro.

Tav. XIII, n.° 6.

Iniziali dei massari F I P R

3. — Grosso, terzo tipo. Argento, titolo 0.952: peso grani veneti 36 28/100 (grammi 1.877), legge 4 giugno 1394 e grani veneti 35 17/100 (grammi 1.820), legge 7 ottobre 1399.

         D/ S. Marco in piedi di fronte porge il vessillo al doge di profilo, entrambe le figure disegnate come nel grosso [p. 230 modifica]

del secondo tipo. A destra ed a sinistra, nel campo tra le figure e l’iscrizione, due stelle di sei raggi; dietro il doge ANTO · VENERIO, lungo l’asta DVX, dietro il santo · S · M · VENETI

         R/. Il Redentore in trono, attorno
· + · TIBI · LAVS ·       · 7 · GLORIA ·

Tav. XIII, n°. 7.

4. — Soldino, colla stella dinanzi alla figura del doge. Argento, titolo 0.952: peso grani veneti 9 60/100 (grammi 0.496).

         D/ II doge in piedi, tiene con ambe le mani il vessillo + ANTO · VEN ERIO DVX, nel campo, dinanzi al doge, una stella di sei raggi, dietro al doge l’iniziale del massaro.

         R/ Leone accosciato che tiene il vangelo tra le zampe anteriori + · S · MARCVS VENETI

Tav. XIII, n°. 8.

Iniziali dei massari C F 02 P R

5. — Soldino, colla stella dietro la figura del doge, sopra l’iniziale. Argento, titolo 0.952: peso grani veneti 9 7/100 (grammi 0.469), legge 20 luglio 1391, e grani veneti 8 79/100 (grammi 0.454), legge 7 ottobre 1399.

         D/ II doge in piedi tiene con ambe le mani il vessillo + · ANTO · VEN   ERIO · DVX ·, nel campo dietro il doge l’iniziale del massaro, sormontata da una stella di sei raggi.

         R/ Leone accosciato sulle zampe posteriori, tenendo nelle anteriori il vangelo, il tutto chiuso in un cerchio
    + · S · MARCVS · VENETI ·

Tav. XIII, n°. 9.

Iniziali dei massari A C F I 02

In alcuni soldini manca la stella che sta sopra l’iniziale del massaro.

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6. — Piccolo, o denaro. Mistura, titolo 0.138 (peggio 992) : peso grani veneti 3 54/100 (grammi 0.198), legge 4 giugno 1385, e titolo 0.111 (peggio 1024): peso grani veneti 4 80/100 (grammi 0.248), legge 9 aprile 1390: scodellato.

         D/ Croce in un cerchio + ANT · VE DVX ·

         R/ Croce in un cerchio + MARCV

Tav. XIII, n°. 10.

7. — Tornesello. Mistura, titolo 0.111: peso grani veneti 14 (grammi 0.724).

         D/ Croce patente + · ANTO' VENERIO · DVX ·

         R/ Leone accosciato col vangelo tra le zampe anteriori

+ · VEXILIFER · VENETI /
Tav. XIII, n°. 11.

OPERE CHE TRATTANO DELLE MONETE DI ANTONIO VENIER:


Carli Rubbi G. R.Delle monete etc., opera citata, Tomo I, pag. 415, tav. IX, n.° VIII.

Bellini V.De monetis Italiæ etc., opera citata, Dissert. I, pag. 104 e 109, n.i XXII e XXIII, ed in Argelati, Parte V, pag. 301. e 32 n.i XXII e XXIII. — Dissert. II, Ferrariæ 1767, pag. 133, 135 n.° I e II. — Dissert. IV, pag. 89, tav. XIV, n.° 2.

(Duval et Fröhlich) — Monnaies en or etc., opera citata, pag. 276.

Gradenigo G. A. — Indice citato, in Zanetti G. A. Tomo II, pag. 174-175, n.i LXYIII, LXIX, LXX, LXXI, LXXII e LXXIII.

Appel J. — Opera citata, Vol. III, pag. 1125-1126, n.i 3935, 3936 e 3937.

Gegerfelt (von) H. G. — Opera citata, pag. 8-9.

Trésor de numismatique etc. — Opera citata, pag. 61, n.° 5, Tav. XXX, n.° 6.

Zon A. — Opera citata, pag. 22, 23 e 31.

Schweitzer F. — Opera citata, Vol. II, pag. 23, (283 a 297) e tavola.

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Cumano D.r C.Numismatica, articolo citato.

—           — illustrazione etc. opera citata, pag. 39.

Lazari V. — Opera citata, pag. 70-71 e 169.

Kunz C. — Catalogo citato, pag. 9..

Orlandini G. — Catalogo citato, pag. 7.

Biografia dei Dogi — Opera citata Doge LXII
Numismatica Veneta

Padovan e Cecchetti. — Opera citata, pag. 18-19 e 85.

Wachter (von) C. — Opera citata. — Numismatische Zeitschrift, Vol. III 1871, pag. 228, 229, 231 e 254, Vol. V 1873, pag. 203-205.

Schlumberger G. — Opera citata, pag. 473, tav. XVIII, n.° 9.

Padovan V. — Opera citata, edizione 1879, pag. 21-22 e 124 — Archivio Veneto, Tomo XII pag. 101-102, Tomo XXI pag. 136 e Tomo XXII pag. 292 — terza edizione 1881, pag. 17, 18, 334 e 356.



Note

  1. Biblioteca Papadopoli, Capitolare dei massari all’oro, carte 28 tergo e seg.
  2. R. Archivio di Stato, Senato, Misti reg. XLV, carte 39 tergo. — Capitolare delle Brocche, carte 10 tergo.
  3. R. Archivio di Stato, Maggior Consiglio, reg. Leona, carte 331. — Capitolare delle Brocche, carte 6 — Capitolare dei Massari all’argento, c. 361.
  4. R. Archivio di Stato, Maggior Consiglio, reg. Leona, carte 79 — Capitolare delle Brocche, carte 9 t — Capitolare dei Massari all’argento, carte 37 t.
  5. R. Archivio di Stato, Senato, Misti reg. XXXIX, carte 34 — Capitolare delle Brocche, carte 4 t.
  6. R. Archivio di Stato, Senato, Misti reg. XL, carte 16 — Capitolare delle Brocche, carte 5 t.
  7. R. Archivio di Stato, Quarantia cri, Parti reg. 3, II parte, carte 80 — Capitolare delle Brocche, carte 5 t.
  8. R. Archivio di Stato. Senato, Misti reg. LXI, carte 46 tergo. — Capitolare delle Brocche, carte 6 tergo.
  9. R. Archivio di Stato. Capitolare delle Brocche, carte 7.
  10. R. Archivio di Stato. Senato, Misti reg. LXI, carte 141. — Capitolare delle Brocche, carte 7 tergo.
  11. R. Archivio di Stato. Capitolare delle Brocche, carte 7 t. (9 giugno 1391).
  12. R. Archivio di Stato. Senato, Misti reg. XLII, carte 8. — Capitolare delle Brocche, carte 8.
  13. R. Archivio di Stato. Senato, Misti reg. XLII, carte 13 — Capitolare delle Brocche, carte 8.
  14. Documento XVII
  15. R. Archivio di Stato. Capitolare delle Brocche, carte 8 tergo.
  16. R. Archivio di Stato. Senato, Misti reg. XLIV, carte 128. — Capitolare delle Brocche, carte 10.
  17. R. Archivio di Stato. Senato, Misti reg. XL, carte 16. — Capitolare delle Brocche, carte 5 tergo
  18. R. Archivio di Stato. Senato, Misti reg. XXXIX, carte 87 t. — Capitolare delle Brocche, carte 5.
  19. R. Archivio di Stato. Capitolare delle Brocche, carte 6 tergo.
  20. R. Archivio di Stato. Collegio, Notatorio reg. IV, carte 164 t. — Capitolare delle Brocche, carte 6 tergo.
  21. R. Archivio di Stato. Maggior Consiglio Grazie, reg. XVIII, c. 25. — Capitolare delle Brocche, carte 8.
  22. R. Archivio di Stato. Capitolare delle Brocche, carte 9.
  23. R. Archivio di Stato. Maggior Consiglio Grazie, reg. XVIII, carte 84 t. — Capitolare delle Brocche, carte 9.