Giuseppe Gioachino Belli

1834 Indice:Sonetti romaneschi III.djvu sonetti caudati letteratura Le furtune Intestazione 2 novembre 2022 25% Da definire

La fijja dormijjona Le catture
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834

[p. 264 modifica]

LE FURTUNE

     Ne l’usscì dda la cchiesa, appena ho ttocco1
Co sto piede una sojja de scalino
Vedo un coso2 che lluccica: m’inchino...,
E ssapete ch’edèra?3 era un majocco.4

     Io, de raggione, nun fui tanto ggnocco
De lassallo5 stà llì, nnò ssor Fillino?
Ma mmentre ero a rriccòjjelo,6 un paìno7
Disse: “Furtuna e ddorme„:8 e entrò a Ssarrocco.9

     Furtuna e ddorme! io fesce:10 eh nnun c’è mmale.
La furtuna l’ho pprova,11 e ssarà mmejjo
Che mmó pprovi er dormì cqui ppe’ le scale.

     Oh azzeccàtesce12 un po’ cche cc’è de bbello
De sta furtuna mia? che mm’arisvejjo,
E mm’aritrovo llì ssenza cappello.

9 aprile 1834

Note

  1. Toccato.
  2. Il coso e la cosa sono comodissimi nomi di disimpegno che si dànno a tutti gli oggetti.
  3. Che era, cos’era. Le voci è ed era, se vanno precedute da una che nel senso di cosa, si cambiano nella bocca del Romanesco in edè ed edèra.
  4. Baiocco.
  5. Lasciarlo.
  6. Raccoglierlo.
  7. Le persone ben vestite son tutte paìni e paìne.
  8. Fortuna e dormi: proverbio.
  9. San Rocco.
  10. Dissi.
  11. Provata.
  12. Indovinateci.