Le convulsioni/Scena IX
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Francesco Albergati Capacelli - Le convulsioni (XVIII secolo)
Scena IX
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Donna Laura in abito dimesso, ma decente, e come uscita dal letto s’appoggia a Domenica, e Francuccio.
- FRANCUCCIO
- (che le va incontro) Umilissimo servitore di Vostra Eccellenza.
- LAURA
- (languidamente, con sussiego, e buttandosi a sedere sul sofà) La riverisco.
- DOMENICA
- Sente tropp’aria? Le finestre son chiuse; vuole ch’io chiuda ancora le porte?
- FRANCUCCIO
- No, anzi è ben fatto il non rendersi nemica l’aria, e respirarne della piú aperta appena alzata dal letto.
- LAURA
- Certo, ciò sarà cosa buona per le villane, ma non già per le dame, signor mio caro.
- FRANCUCCIO
- Vostra Eccellenza ne saprà piú di me, ma io dico sempre quello che penso (si mette a sedere nello stesso canapè). Vuol favorire il suo polso?
- LAURA
- È inutile, perché già non ho febbre.
- FRANCUCCIO
- Come comanda. Dorme la notte?
- LAURA
- Dormo quand’ho sonno, e sinché ho sonno.
- FRANCUCCIO
- Me ne rallegro. E l’appetito?
- LAURA
- Mangio quando...
- FRANCUCCIO
- Ho inteso, ho inteso; mangia quando ha fame, e sinché ha fame.
- LAURA
- (sempre con dispetto) Giust’appunto.
- FRANCUCCIO
- Ottimamente. Or sappia l’Eccellenza Vostra che per solo comando del suo signor padre...
- LAURA
- Lo so, lo so, si è incomodata di venire da me, ma tutto tempo perduto. In questa casa, fra tanti disgusti, con sí frequenti contrasti io non istarò mai bene, mai bene. E già la mia salute se n’è andata.
- FRANCUCCIO
- Tornerà, signora, tornerà. Basta solamente ch’ella il voglia...
- LAURA
- Ohimè! che è questa fumana che mi si solleva alla testa? Un qualche odor nella camera... Domenica, Domenica, qui ci è dell’odore.
- DOMENICA
- Perdoni, qui non ci è odore alcuno (dopo aver guardato e fiutato).
- LAURA
- Ah! che ne sento ben io. La testa mi va in giro... Ormai non ci vedo piú.
- FRANCUCCIO
- Qui certamente non parmi...
- DOMENICA
- Foss’ella mai, signor dottore, che avesse indosso senza saperlo?... (va ad annusargli la parrucca e il vestito) Ella, ella appunto, signore.
- FRANCUCCIO
- Ma come è possibile. Io non porto, né mai mi spargo d’odori.
- DOMENICA
- Oh! sí, sí, sí. Ella ha indosso un tanfo di spezieria che fa propriamente svenire. Oh che roba, che roba! Gira la testa anche a me.
- FRANCUCCIO
- (si alza in piedi) Me ne dispiace (mette una sedia in mezzo alla camera, e in quella siede). Già posso anche in distanza servire Vostra Eccellenza (che maledette streghe sono queste due donne!) Or dunque da quanto ella mi dice pare che possa dedursi l’essere il suo male prodotto dalla scontentezza dell’animo.
- LAURA
- (rabbiosa) Io non so poi altro né d’animo, né di corpo. So che mi sento male, e che mai non istò bene.
- FRANCUCCIO
- Mi figuro che in tale stato di salute farà una vita regolata...
- LAURA
- Regolata certo, ci s’intende, regolata a mio modo. E come la dovrei regolare?
- FRANCUCCIO
- A norma della sua complessione, de’ vari molesti assalti a cui è soggetta...
- DOMENICA
- Eh! che le convulsioni vogliono svagamento, allegria...
- FRANCUCCIO
- Lo concedo ancor io. Anzi vogliono che non ci si pensi né meno. Pure un moderato sistema...
- LAURA
- Una giovane ridotta a moderato sistema! la ringrazio tanto e poi tanto. Suggerisce cosí la vera maniera di farmi crepare piú presto.