Scena I

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Personaggi Scena II



Camera con porta in mezzo e porte laterali; due finestre praticabili; tavolino con sopra vari libri; sedie e un sofà.


Domenica, Lorenzo.


LORENZO
(ch’esce in fretta dalla porta di mezzo con scaldaletto in mano, e va alle camere di Laura, che avranno una delle porte laterali)
Oh! io non posso e non voglio far questa vita.
DOMENICA
(ch’esce d’altra camera e va verso la padrona in fretta anch’essa, e con in mano una tazza da brodo, e incontrasi con Lorenzo)
Oh! figurati che non voglio crepar neppur io.
LORENZO
Appena giorno dovermi levare per accendere il fuoco.
DOMENICA
A letto tardissimo; e nel piú bel del dormire: «Domenica, una tazza di brodo».
LORENZO
Io non voglio continuare cosí.
DOMENICA
Non lo vorrei né men io se non amassi la mia padrona.
LORENZO
Oh! veramente puoi dire d’amare qualche cosa di buono.
DOMENICA
Poveraccia, perché le si è alterata la salute non meriterà piú...
LORENZO
Eh, cara Domenica! non è mancanza di salute, ma di giudizio. È pazza la meschinella.
DOMENICA
Lorenzo, parla bene della padrona, altrimenti...
LORENZO
Sí, sí, hai ragione di difenderla, mentre tu ancora, moglie mia garbatissima, t’incammineresti per quella strada.
DOMENICA
Per quale strada? Non t’intendo.
LORENZO
Per quella della pazzia, della frascheria, della civetteria. M’hai inteso adesso?
DOMENICA
T’ho inteso. Ma non capisco per qual motivo ti lamenti...
LORENZO
Fa’ pur finta di non capire; e torna un’altra volta a galanteggiar con Ruffino, come facesti iersera. Vedrai di che cosa sarò capace.
DOMENICA
Sei un ingrato, un briccone, un bugiardo. Non è vero niente. Sono savia ed onesta. (Piangente) Mi vuoi... far morire... dalla disperazione... Ohimè! ohimè! (Fa contorsioni e moti convulsivi) Sento che non ne posso piú.
LORENZO
Orsú, non mi far la sguaiata, che, poter del mondo, io ti guarirò senza spender nulla nel medico.
DOMENICA
(come sopra) Ahi! ahi! misera me, misera me!
LORENZO
Or ora col manico di questo scaldaletto te ne do tante, che ti fo ben io passare le convulsioni.
DOMENICA
Gran bestia che sei. Mi passano, sí, ma non posso impedir che non vengano.
LORENZO
Benissimo; e non potrai impedirmi ch’io non le faccia andar via. Se tu volessi far la scimia della padrona, io non sarò mai sí sciocco come il padrone.
DOMENICA
(con calore) E che vuoi tu che faccia il signor Bernardino?
LORENZO
(con calore anch’esso) Quello che far deve un marito ch’abbia la testa. Mettersi risoluto... (dalle camere di Donna Laura si ode una campanella che suona in molta fretta).
DOMENICA
(intimorita) Oh, cospetto! la padrona che chiama. Andiamo subito.
LORENZO
(guardando nello scaldaletto) Va’, va’ pur tu... Mi si è smorzato il fuoco, e bisogna che corra a prenderne dell’altro.
DOMENICA
Bene... povera me! mi si è rovesciato tutto il brodo...
LORENZO
Per le tue maledette convulsioni.
DOMENICA
Pel tuo maledetto contrastare (campanella come sopra).
DOMENICA
Prendi, prendi la tazza. Tu porterai brodo e fuoco venendo dalla parte ove stanno le donne (ed entra).
LORENZO
Sí, sí, porterò tutto. Cosí il diavolo portasse via queste due matte (s’incammina alla porta di mezzo).