Le cento novelle antiche/Novella XXIX

Novella XXIX

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Qui conta come i savi astrologi disputavano del cielo impireo.


NOVELLA XXIX.


Grandissimi savi stavano in una scuola a Parigi, e disputavano del ciel impireo, e molto ne parlavano disiderosamente, e come stava disopra li altri cieli. Contavano il cielo dov’è Giuppiter, Saturno e Mars, e quel del Sole e di Mercurio e della Luna. E come sopra tutti stava lo ’mpireo cielo. E sopra quello sta Dio padre in maestade sua. Così parlando, venne un matto, e disse loro: signori, e sopra il capo di quel signore che ha? L’uno rispose a gabbo: havvi un cappello. E ’l matto se n’andò, e’ savi rimasero. Disse l’uno: tu credi al matto un cappello aver dato, ma elli è rimaso a noi. Or diciamo, sopra capo che ha? Assai cercaro loro scienzie: non trovaro neente. Allora dissero: matto è colui che è sì ardito che la mente mette di fuor del tondo. E via più matto e forsennato è colui che pena e pensa di sapere il suo principio. E sanza veruno senno chi vuole sapere li suoi profondissimi pensieri.