Le capate
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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1832
LE CAPATE.
Co’ st’antre ammazzatore1 sgazzerate2
Ch’hanno vorzùto3 arzà4 ffòra de porta,5
Nun ze6 disce bbuscìa che Rroma è mmorta
Più ppeggio de le bbèstie mascellate.
Dove se6 gode ppiù com’una vorta
Quer gusto er venardì dde le capate,7
Quanno tante vaccine indiavolate
Se6 vedeveno annà ttutte a la sciorta?8
Si9 scappava un giuvenco o un mannarino,10
Curreveno su e ggiù ccavarcature11
Pe’ Rripetta, p’er Corzo e ’r Babbuino.12
Che rride13 era er vedé ppe’ le pavure
L’ommini mette mano14 a un portoncino,
E le donne scappà cco’ le crature!15
11 gennaio 1832.
Note
- ↑ La pubblica ammazzatoia di animali destinati al cibo.
- ↑ Voce di spregio.
- ↑ Voluto.
- ↑ Alzare.
- ↑ Del Popolo.
- ↑ 6,0 6,1 6,2 Si.
- ↑ Erano dette capate [cioè "scelte."]Fonte/commento: Sonetti romaneschi/Correzioni e Aggiunte que’ branchi di bestie vaccine che sino agli ultimi tempi s’introducevano in Roma disciolte nel giovedì e venerdì d’ogni settimana per portarsi ai macelli.
- ↑ Alla sciolta.
- ↑ Se.
- ↑ Mandarino: nome che si dava a ciascuno di que’ buoi, muniti di un campanaccio al collo, destinati a guida delle altre bestie.
- ↑ Butteri a cavallo.
- ↑ Le tre vie che mettono capo alla Piazza del Popolo.
- ↑ Che ridere! ecc.
- ↑ Metter mano, per “entrare.„
- ↑ Creature.