Le aureole/Dai «soliloqui di un pazzo»

dai «soliloqui di un pazzo»

../La finestra aperta sul mare ../Il fanciullo IncludiIntestazione 8 luglio 2008 75% Poesie

dai «soliloqui di un pazzo»
La finestra aperta sul mare Il fanciullo


 
Sbarrò nell’ombra i grigi occhi perduti:
l’alba coglieva con le dita bianche
le ultime stelle per i cieli muti.
 
Egli pensò che il cuor tremi alle soglie
5dell’anima così, come le stelle
treman la notte, alle divine porte
fin che la pietosa alba le coglie.
«Hai visto tu passare le barelle,
o pazzo insonne, con le stelle morte?»
 
10Chiarità di una lama, o tu che fendi
l’ombra maligna: io t’offro il mio cervello
oscuro e tristo per disegni orrendi.
 
Io non ho pace, l’anima è un pantano;
nell’anima stagnarono i ricordi,
15subitamente; oh quante volte, pietre
vi hanno scagliato con secura mano!
Dopo, il silenzio per i tonfi sordi
sé avvolse in bende assai più gravi e tetre.
 
Un ragno tesse la sua tela folta
20per il mio teschio e nella tela stanno,
morte stecchite, le idee d’una volta.
 
Mai più, mai più! su le terrene cose
l’occhio non sosta, l’occhio si dispera,
come un’ala ferita ai cieli tende.
25Io voglio la tristezza delle rose
morte all’inizio della primavera
per farne una corona alle mie bende.
 
Il mio cortile con un po’ di cielo,
con poche stelle, a me sembra uno strano
30fiore: corolla azzurra e grigio stelo.
 
Il mio cortile è triste molto, come
il suono di una placida campana
sotto un cielo di nuvole e di pioggia.
Una bianca tristezza senza nome
35veste i muri, e nell’alto, una lontana
luce, su li orli, un oro dolce sfoggia.
 
Tu che mi ascolti non aver pietà,
non lacrimare delle mie sventure
come quel Cristo nell’oscurità.
 
40Ah, quel Cristo, lo vedi? egli moriva
così, come ora, desolatamente,
quando venni alla cella che mi chiude.
Avea negli occhi una gran fiamma viva,
la fronte dolce e pur sanguinolente
45e piaghe orrende per le membra ignude.
 
Non morì mai, non morrà più: mi guarda
nel buio e trema quando il lume trema
come i fanciulli se la sera è tarda.
 
A poco a poco si dissangueranno
50le sue ferite per la doglia atroce
infin che un tarlo, - quando? - lentamente
roda i chiodi terribili che sanno
l’ossa dell’uomo e il legno della croce
e spezzi invano quel suo cuore ardente.
 
55Chi mi parla dell’anima? Un impuro
ladro, forse, o un abate incipriato?
L’anima è morta ed io ne son sicuro.
 
Come una fonte semplice e tranquilla
donò la gioia alle riarse gole
60degli umani e non seppe, ahimè! tenere
per la sua sete giovane una stilla!
Morì così, come un ignoto sole
spento su le fiorite primavere.
 
Chi batte alla mia porta? sei tu, cara?
65Vieni con l’alba alla mia cella triste?
L’inchiodi forse questa grigia bara?
 
Mi ricordo di te, sola; eri bionda,
esile come un sogno giovinetto,
pallida come un astro mattutino;
te sola, nell’oscurità profonda
70del mio cuore, t’accorgi per diletto;
te sola, con il mio tetro destino.
 
Chi tenta l’ombra che stagnò nei trivi
in cui le donne come idee mal certe
più volte si volgean tentando i vivi?
 
75Chi veste d’auree stole anche le immonde
case che il fango d’un amplesso cinge?
Chi l’oro ai figli della terra adduce?
Ah, sei tu, sole, che le più profonde
pupille ferme nell’eterna sfinge
80avvivi, anima orgiaca della luce?!