Le Mille ed una Notti/Storia raccontata dal Cadì
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Traduzione dall'arabo di Antoine Galland, Eugène Destains, Antonio Francesco Falconetti (1852)
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STORIA
RACCONTATA DAL CADÌ.
«— Un giovine sartore, la cui bottega stava rimpetto alla casa d’un officiale, vide un giorno comparire alla finestra la moglie di costui. Era giovane e bella, e bastò un di lei sguardo per far girare il cervello al povero mercadante, il quale, abbandonandosi alla sua insensata passione, stava i giorni intieri a spiarla, e quando la vedeva, cercava dipingerle la sua passione coi cenni più espressivi. Per qualche tempo, la dama si divertì di quel ridicolo maneggio; ma alla fine stancossi d’uno scherzo che avea creduto di poter sin allora autorizzare, e che più non le permetteva di venir neppure a prender aria al balcone. Pertanto risolse di punire l’amoroso sarto della sua presunzione, e costringerlo a lasciare la botteguccia.
«Fatte a tal proposito le sue disposizioni, un giorno che il marito era uscito di casa per alcune ore, invitò il sartore a venir a prendere con lei il caffè. Il felice amante, tutto giulivo, baciò le mani alla schiava che gli recò l’avventurosa notizia, le diede dieci pezze d’oro e le sciorinò alcuni pessimi versi che la sua padrona avevagli ispirati; poi, rivestitosi degli abiti più belli, e messosi il turbante con tutta la possibile eleganza, corse, ebbro di gioia, a casa della dama. Trovavasi costei seduta sur una ricca poltrona, e rialzando in aria graziosa il velo, fece la miglior accoglienza all’illuso, il quale non seppe trovare espressione bastante per dipingerle la propria gratitudine. Invano lo invitò ella a sedere; intimidito, non osava più lasciare l’estremo lembo del tappeto. Si portò il caffè, e glie ne fu presentata una tazza; ma non essendo uso a tanta magnificenza ed a tali maniere, siccome tenea gli occhi costantemente fissi sulla dama con una specie di stupore, in vece di portarsi il caffè alla bocca, urlò nel naso, e se lo versò sugli abiti. Sorrise la dama, e fe’ recare un’altra tazza; ma mentre egli sforzavasi a bere con maggior calma e sangue freddo, si udì bussare con forza alla porta. — Cielo!» gridò la dama con agitazione; «è mio marito! se ci trova insieme, ci sagrifica senz’altro al suo furore.» Il povero sarto, spaventato, ebbe a perderne i sentimenti, talchè la dama e la schiava gli dovettero gettare in volto acqua fredda, per farlo alquanto rinvenire, e lo spinsero in una camera, raccomandandogli di star cheto, se voleva salvar la vita. Si tenne adunque rannicchiato in un canto, più morto che vivo, perfettamente guarito del suo amore, e giurando per tutti i santi profeti di non guardar mai più ai balconi.
«La dama, sbarazzata una volta di quel suo cicisbeo, acchetossi, e diè ordine alla schiava di aprire la porta. Il marito, entrando, sopreso al vedere tutti i preparativi d’una refezione, chiese alla moglie con chi si trovasse. — Con un amante,» rispose quella freddamente. — Un amante! e dov’è?» replicò l’officiale furibondo. — In quella camera; sta in voi, se il volete, sacrificarci ambedue al vostro furore.» Chiese il marito la chiave, che gli fu data; chi può figurarsi, durante quel breve colloquio, lo spavento del povero sartore? Livido, ed irti di terrore i capelli, ad ogni momento si attendeva il colpo fatale. L’officiale si slancia verso la porta, ed aveva già posta la chiave nella serratura, quando la moglie diè a un tratto in altissimo scoppio di risa. — Di che ridete?» sclamò il marito furioso. — Di voi, amico mio, poichè chi potrebbe credere che una moglie favellasse sul serio al marito, quando gli parla d’un amante nascosto? Volea sapere sin dove vi trasporterebbe la gelosia, ed ho a tal uopo immaginato cotesto scherzo. —
«A tai detti, vergognando l’officiale della sua credulità, rise assai di quell’astuzia, che trovò ingegnosissima, e chiese alla moglie perdono de’ ridicoli suoi sospetti. Passarono allegramente la sera, ed essendosi poi il marito recato al bagno, la donna fe’ uscire il prigioniero semivivo, e rimproveratogli l’indiscreto suo contegno, gli dichiarò, che se guardasse di nuovo il suo balcone, doveva attendersi ad immediata morte. Il sartore, ottimamente corretto della sua passione per una donna tanto a lui superiore, la pregò d’aggradire le umili sue scuse, ringraziolla di averlo salvato, e tornato a casa, la domane sollecitossi di lasciare una vicinanza tanto pericolosa. —
«La storia del cadì fe’ sorridere i due sposi, i quali, fattogli danzare alcuni altri passi, gli permisero di tornar a casa, imponendo però, per ultima condizione, che non dovesse spogliarsi del ridicolo vestimento. Noi non sapremmo dire come vi pervenisse, nè in qual modo potè spiegare una trasformazione sì indegna d’un magistrato; ma corsero per la città strani rumori, e la danza del cadì divenne la favorita de’ ballerini di professione, dai quali ebbe spesso la mortificazione di vedersi contraffare quando recavasi al tribunale, oppure ne tornava. Spesse volte ancora, allorchè venivagli portata dinanzi una causa d’adulterio, accadeva che rei e testimoni gli ridessero in faccia. Non si lasciò quindi mai più tentare, ed appena osava anzi alzare gli occhi sur una donna, tanto temeva di ricadere in un laccio consimile.
«Dopo la partenza del povero giudice, la dama fece uscire dal gabinetto il grave collettore, cui il marito apostrofò col suo nome, dicendo: — Venerabile funzionario, da quando in qua vi siete fatto buffone? Potete divertirmi con qualche balletto?» Lo sciagurato non osò zittire, e si pose a saltare alla meglio, nè gli si permise di fermarsi se non quando fu estenuato. Fattolo allora sedere, e riprese alquanto le forze, lo sollecitarono di raccontare una storia, ed egli cominciò in codesti termini la sua narrazione: