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per farlo alquanto rinvenire, e lo spinsero in una camera, raccomandandogli di star cheto, se voleva salvar la vita. Si tenne adunque rannicchiato in un canto, più morto che vivo, perfettamente guarito del suo amore, e giurando per tutti i santi profeti di non guardar mai più ai balconi.
«La dama, sbarazzata una volta di quel suo cicisbeo, acchetossi, e diè ordine alla schiava di aprire la porta. Il marito, entrando, sopreso al vedere tutti i preparativi d’una refezione, chiese alla moglie con chi si trovasse. — Con un amante,» rispose quella freddamente. — Un amante! e dov’è?» replicò l’officiale furibondo. — In quella camera; sta in voi, se il volete, sacrificarci ambedue al vostro furore.» Chiese il marito la chiave, che gli fu data; chi può figurarsi, durante quel breve colloquio, lo spavento del povero sartore? Livido, ed irti di terrore i capelli, ad ogni momento si attendeva il colpo fatale. L’officiale si slancia verso la porta, ed aveva già posta la chiave nella serratura, quando la moglie diè a un tratto in altissimo scoppio di risa. — Di che ridete?» sclamò il marito furioso. — Di voi, amico mio, poichè chi potrebbe credere che una moglie favellasse sul serio al marito, quando gli parla d’un amante nascosto? Volea sapere sin dove vi trasporterebbe la gelosia, ed ho a tal uopo immaginato cotesto scherzo. —
«A tai detti, vergognando l’officiale della sua credulità, rise assai di quell’astuzia, che trovò ingegnosissima, e chiese alla moglie perdono de’ ridicoli suoi sospetti. Passarono allegramente la sera, ed essendosi poi il marito recato al bagno, la donna fe’ uscire il prigioniero semivivo, e rimproveratogli l’indiscreto suo contegno, gli dichiarò, che se guardasse di nuovo il suo balcone, doveva attendersi ad immediata morte. Il sartore, ottimamente corretto