La vennita der brevetto

Giuseppe Gioachino Belli

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Nove bbèstie nòve Er lionfante
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1843

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LA VENNITA DER BREVETTO.

     E cche ssarìeno le vostre protese1
Pe’ ottanta scudi su la mi’ penzione?
Che me volete dà, ssor Zalamone,
A rripijjalli a ccinque scudi er mese? —

     Ve darò vvintidua bbelli piastroni2
Tutti in moneta fina del paese,
Ve va bbeene?3 Però ttutte le spese
A cconto vostro, com’è ddi raggioni.3

     Frégheve, sor giudìo, che ggaleotto! —
Mordivói,4 vinticinque, e vve do assai. —
Ladro! — Bbe’, andiamo, saranno vintootto.3

     Tu vvòi pijjamme in gola. — Animo, via,
Eccome trenta tonni; e bbadanai,5
Ce state meglio voi per vita mia.3

16 maggio 1843.

Note

  1. [Pretese.]
  2. Accrescitivo di piastre, che son poi tutt’una cosa con gli scudi. Ma chi non sente la verità e la comicità di questo cambiamento di nome e dell’averlo fatto accrescitivo per giunta?]
  3. 3,0 3,1 3,2 3,3 [Peculiarità del romanesco del Ghetto. Cfr. la nota 8 del sonetto: Li du’ testamenti, 9 magg. 35.]
  4. [“Mordivói,„ dice altrove il Belli, “è una parola con la quale gli Ebrei di Roma esclamano nel parlare altrui, o se ne servono come di voce pronominale di apostrofe.„ Non è altro che un accorciamento di per amor di voi.]
  5. [Esclamazione enfatica, derivante dall’ebraico badonai (perdio), e al tempo del Belli molto usata tra gli Ebrei di Roma, de’ quali però anche i volgari la pronunziavano correttamente nella primitiva sua forma, mentre il volgo cattolico la storpiava così in badanai. Alessandro Tassoni, che aveva dimorato parecchi anni in Roma, pare che l’usasse nel senso di “Ebrei in generale,„ là dove scrisse: “Le sette de’ Rabini e de’ Badanai.„ In Toscana poi, badanai, badananai o badanaio, significano: "grida confuse di più persone:„ che i Romaneschi invece dicono tatanài.]