La sesta crociata, ovvero l'istoria della santa vita e delle grandi cavallerie di re Luigi IX di Francia/Parte seconda/Capitolo XXXVIII

Capitolo XXXVIII

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Capitolo XXXVIII.

Qui conta come fu lealmente pagato il tanto del riscatto pattuito, e come femmo vela por Acri di Soria.


Il sabbato d’appresso l’Ascensione, che fu l’indimane che noi eravamo stati liberati, vennero prendere congedo dal Re, il Conte di Fiandra, il Conte di Soissone e più altri grandi Signori. Ai quali pregò il Re ch’e’ volesseno attendere sino a che il Conte di Poitieri suo fratello fusse diliverato. Ma essi gli risposero ch’egli non era loro possibile, per ciò che le loro galee erano preste ed apparecchiate a partire. Ed allora andarono montare nelle galee ed abbrivarono per venire in Francia. Ed era con essi il Conte Piero di Bertagna, il quale era grevemente malato, e non visse più che tre settimane, e morì sopra mare.

Il Re non volle mica lasciare suo fratello il Conte di Poitieri, ma di presenza volle fare il pagamento delle dugento milia lire; e si dispose a fare il detto pagamento il sabbato, e tutta la giornata della domenica. E davansi li danari al peso della bilancia, e valeva ciascuna bilancia dieci mila [p. 159 modifica]lire. Quando venne la domenica a sera le genti del Re, che facevano il pagamento, gli mandarono che lor falliva ben ancora trenta mila lire. E col Re non ci avea che suo fratello il Conte d’Angiò, il Maliscalco di Francia, il Maestro della Trinità, e me, e tutti gli altri erano a fare il pagamento. Allora io dissi al Re ch’e’ gli valeva meglio pregare al Comandatore ed al Maliscalco del Tempio ch’essi gli prestassero le dette trenta mila lire per diliverare suo fratello. Ma del consiglio ch’io donava al Re mi riprese il Friere Stefano d’Otricorto che era Comandatore del Tempio, e mi disse: Sire di Gionville, il consiglio che voi date al Re non vale neente, nè si è ragionevole; perchè voi sapete bene che noi ricevemo le Comandigie a giuramento, e così senza che ne possiamo dare le entrate fuor a quelli che ci hanno fatto giurare. E il Maliscalco del Tempio, pensando di satisfare il Re, gli diceva: Sire, lasciate in pace le brighe e le tenzoni del Sire di Gionville e del nostro Comandatore, perchè non possiamo stornare le entrate nostre senza farci spergiuri. E sappiate che il Siniscalco vi dice male del consigliarvi, che se noi non ve le diamo, sì voi le prendiate: ma ciò non ostante voi ne farete a volontà vostra, perchè, se ’l farete, noi ce ne rivarremo sul vostro che avete in Acri. E quando io intesi la minaccia ch’essi facevano al Re, io gli dissi, che io ne andrei bene cherendo s’egli il voleva. Ed egli mi comandò di così fare; perchè tantosto me ne andai a l’una delle galee del Tempio, e venni ad un forziere di cui non mi si voleva [p. 160 modifica]dare le chiavi, ed io con una scure che vi trovai feci atto di aprirlo in nome del Re: il che vedendo il Maliscalco del Tempio, mi fece dar balia delle chiavi, ed io aprii il forziere e ne presi la bastanza dello argento, e lo apportai al Re che molto fu gioioso della mia venuta. E sì fue fatto ed accompito il pagamento delle dugento milia lire per la diliveranza del Conte di Poitieri. E avanti che accompire il detto pagamento alcuni consigliavano al Re ch’elli non fesse del tutto pagare li Saracini, prima ch’essi gli avessero diliverato il corpo di suo fratello: ma egli rispondeva, poiché in così avea promesso, ch’egli loro darebbe tutto il danaro avanti che partire del fiume. E sopra questa parola Messer Filippo di Monforte disse al Re come avean frodato li Saracini di una bilancia che valeva dieci mila lire. Donde esso Re si corrucciò aspramente, e comandò al detto Messer Filippo, sulla fede che gli doveva come suo uomo ligio, ch’elli facesse tosto pagare le dette diece mila lire ai Saracini, se essi ne erano in resto, poiché diceva ch’egli già non si partirebbe sin che non fosse accompito il sodamento fatto agli Almiranti. Molti delle genti vedendo che ’l Re era sempre in pericolo da Saracini, lo pregavano sovente ch’elli si volesse ritirare in una galea che lo attendea in mare, e tanto fecero che pure in fine vi si trasse, sulla certezza ch’egli d’ogni giuramento s’era lealmente acchetato. E adunque cominciammo a navigare sul mare per tempo di notte e vi andammo bene una lega ardita senza poter nulla dire l’uno a l’altro, del misagio che noi avevamo di [p. 161 modifica]aver lasciato il Conte di Poitieri nella prigione. E non tardò guari che ecco qui Messer Filippo di Monforte, che era dimorato a fare il pagamento, il quale gridò al Re: Sire, Sire, ora attendete vostro fratello il Conte di Poitieri che se ne viene a voi in quell’altra galea. Di che il Re cominciò a dire alle sue genti che colà erano: Or lume, or lume. E tantosto ci ebbe gran gioia tra noi tutti della venuta del fratello del Re: e ci ebbe un povero pescatore che andò dire alla Contessa di Poitieri, ch’esso avea liberato il Conte delle mani de’ Saracini, ed ella gli fece donare venti lire di parisini. Ed allora ciascuno montò in galea e prese il vento.