La scienza nuova seconda/Libro terzo/Sezione seconda/Capitolo primo

Sezione seconda - Capitolo primo - Le sconcezze e inverosimiglianze dell'Omero finor creduto

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Sezione seconda - Capitolo primo - Le sconcezze e inverosimiglianze dell'Omero finor creduto
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[CAPITOLO PRIMO]

le sconcezze e inverisimiglianze dell’omero finor creduto divengono nell’omero qui scoverto convenevolezze e necessitá.

874Per sí fatta discoverta tutte le cose e discorse e narrate, che sono sconcezze e inverisimiglianze nell’Omero finor creduto, divengono nell’Omero qui ritruovato tutte convenevolezze e necessitá. E primieramente le stesse cose massime lasciateci incerte di Omero ci violentano a dire:

I

875Che perciò i popoli greci cotanto contesero della di lui patria e ’l vollero quasi tutti lor cittadino, perché essi popoli greci furono quest’Omero.

II

876Che perciò varino cotanto l’oppenioni d’intorno alla di lui etá, perché un tal Omero veramente egli visse per le bocche e nella memoria di essi popoli greci dalla guerra troiana fin a’ tempi di Numa, che fanno lo spazio di quattrocensessant’anni.

III

877E la cecitá

IV

878e la povertá d’Omero furono de’ rapsodi, i quali, essendo ciechi, onde ogniun di loro si disse «omèro», prevalevano [p. 35 modifica] nella memoria, ed essendo poveri, ne sostentavano la vita con andar cantando i poemi d’Omero per le cittá della Grecia, de’ quali essi eran autori, perch’erano parte di que’ popoli che vi avevano composte le loro istorie.

V

879Cosí Omero compose giovine l’Iliade, quando era giovinetta la Grecia e, ’n conseguenza, ardente di sublimi passioni, come d’orgoglio, di collera, di vendetta, le quali passioni non soffrono dissimulazione ed amano generositá; onde ammirò Achille, eroe della forza: ma vecchio compose poi l’Odissea, quando la Grecia aveva alquanto raffreddato gli animi con la riflessione, la qual è madre dell’accortezza; onde ammirò Ulisse, eroe della sapienza. Talché a’ tempi d’Omero giovine a’ popoli della Grecia piacquero la crudezza, la villania, la ferocia, la fierezza, l’atrocitá: a’ tempi d’Omero vecchio giá gli dilettavano i lussi d’Alcinoo, le delizie di Calipso, i piaceri di Circe, i canti delle sirene, i passatempi de’ proci e di, nonché tentare, assediar e combattere le caste Penelopi; i quali costumi, tutti ad un tempo, sopra ci sembrarono incompossibili. La qual difficultá potè tanto nel divino Platone, che, per solverla, disse che Omero aveva preveduti in estro tali costumi nauseanti, morbidi e dissoluti. Ma egli, cosí, fece Omero uno stolto ordinatore della greca civiltá, perché, quantunque gli condanni, però insegna i corrotti e guasti costumi, i quali dovevano venire dopo lungo tempo ordinate le nazioni di Grecia, affinché, affrettando il natural corso che fanno le cose umane, i greci alla corrottella piú s’avacciassero.

VI

880In cotal guisa si dimostra l’Omero autor dell’Iliade avere di molt’etá preceduto l’Omero autore dell’Odissea. [p. 36 modifica]

VII

Si dimostra che quello fu dell’oriente di Grecia verso settentrione, che cantò la guerra troiana fatta nel suo paese; e che questo fu dell’occidente di Grecia verso mezzodí, che canta Ulisse, ch’aveva in quella parte il suo regno.

VIII

Cosí Omero, sperduto dentro la folla de’ greci popoli, si giustifica di tutte le accuse che gli sono state fatte da’ critici, e particolarmente;

IX

833delle vili sentenze,

X

884de’ villani costumi,

XI

885delle crude comparazioni,

XII

886degl’idiotismi,

XIII

887delle licenze de’ metri,

XIV

888dell’incostante varietá de’dialetti, [p. 37 modifica]

XV

889e di avere fatto gli uomini dèi e gli dèi uomini.

890Le quali favole Dionigi Longino non si fida di sostenere che co’ puntelli dell’allegorie filosofiche; cioè a dire che, come suonano cantate a’ greci, non possono avergli produtto la gloria d’essere stato l’ordinatore della greca civiltá. La qual difficultá ricorre in Omero la stessa, che noi sopra, nell’Annotazioni alla Tavola cronologica facemmo contro d’Orfeo, detto il fondatore dell’umanitá della Grecia. Ma le sopradette furono tutte propietá di essi popoli greci, e particolarmente l’ultima: ché, nel fondarsi, come la teogonia naturale sopra l’ha dimostrato, i greci di sé, pii, religiosi, casti, forti, giusti e magnanimi, tali fecero i dèi; e poscia, col lungo volger degli anni, con l’oscurarsi le favole e col corrompersi de’ costumi, come si è a lungo nella Sapienza poetica ragionato, da sé, dissoluti estimaron gli dèi, — per quella degnitá, la qual è stata sopra proposta: che gli uomini naturalmente attirano le leggi oscure o dubbie alla loro passione ed utilitá, — perché temevano gli dèi contrari a’ loro voti, se fussero stati contrari a’ di loro costumi, com’altra volta si è detto.

XVI

891Ma di piú appartengono ad Omero per giustizia i due grandi privilegi, che ’n fatti son uno, che gli dánno Aristotile, che le bugie poetiche, Orazio, che i caratteri eroici solamente si seppero finger da Omero. Onde Orazio stesso si professa di non esser poeta, perché o non può o non sa osservare quelli che chiama «colores operum», che tanto suona quanto le «bugie poetiche», le quali dice Aristotile; come appresso Plauto si legge «obtinere colorem» nel sentimento di «dir bugia che per tutti gli aspetti abbia faccia di veritá», qual dev’esser la buona favola. [p. 38 modifica]

892Ma, oltre a questi, gli convengono tutti gli altri privilegi, ch’a lui dánno tutti i maestri d’arte poetica, d’essere stato incomparabile:

XVII

893in quelle sue selvagge e fiere comparazioni,

XVIII

894in quelle sue crude ed atroci descrizioni di battaglie e di morti,

XIX

895in quelle sue sentenze sparse di passioni sublimi,

XX

in quella sua locuzione piena di evidenza e splendore. Le quali tutte furono propietá dell’etá eroica de’ greci, nella quale e per la quale fu Omero incomparabil poeta; perché, nell’etá della vigorosa memoria, della robusta fantasia e del sublime ingegno, egli non fu punto filosofo.

XXI

897Onde né filosofie, né arti poetiche e critiche, le quali vennero appresso, poterono far un poeta che per corti spazi potesse tener dietro ad Omero.

898E, quel ch’è piú, egli fa certo acquisto degli tre immortali elogi, che gli son dati:

XXII

899primo, d’essere stato l’ordinatore della greca polizia o sia civiltá; [p. 39 modifica]

XXIII

900secondo, d’essere stato il padre di tutti gli altri poeti;

XXIV

901terzo, d’essere stato il fonte di tutte le greche filosofie: niuno de’ quali all’Omero finor creduto poteva darsi. Non lo primo, perché, da’ tempi di Deucalione e Pirra, vien Omero da mille e ottocento anni dopo essersi incominciata co’ matrimoni a fondare la greca civiltá, come si è dimostrato in tutta la scorsa della Sapienza poetica che la fondò. Non lo secondo, perché prima d’Omero fiorirono certamente i poeti teologi, quali furon Orfeo, Anfione, Lino, Museo ed altri, tra’ quali i cronologi han posto Esiodo e fattolo di trent’anni prevenir ad Omero; altri poeti eroici innanzi d’Omero sono affermati da Cicerone nel Bruto e nominati da Eusebio nella Preparazione evangelica, quali furono Filamone, Temirida, Demodoco, Epimenide, Aristeo ed altri. Non finalmente il terzo, imperciocché, come abbiamo a lungo ed appieno nella Sapienza poetica dimostrato, i filosofi nelle favole omeriche non ritruovarono, ma ficcarono essi le loro filosofie; ma essa sapienza poetica, con le sue favole, diede l’occasioni a’ filosofi di meditare le lor altissime veritá, e diede altresí le comoditá di spiegarle, conforme il promettemmo nel di lui principio e ’l facemmo vedere per tutto il libro secondo.