La scienza nuova seconda/Libro secondo/Sezione nona/Capitolo secondo
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[CAPITOLO SECONDO]
dimostrazione astronomica, fisico-filologica,
dell’uniformitá de’ princípi
in tutte l’antiche nazioni gentili
727Ma, l’indiffinita forza delle menti umane spiegandosi vieppiú, e la contemplazione del cielo affin di prender gli augúri obbligando i popoli a sempre osservarlo, nelle menti delle nazioni alzossi piú in suso il cielo, e col cielo alzaronsi piú in suso e gli dèi e gli eroi. Qui ci giovi, per lo ritruovamento dell’astronomia poetica, far uso di queste tre erudizioni filologiche: la prima, che l’astronomia nacque al mondo dalla gente caldea; la seconda, ch’i fenici portarono da’ caldei agli egizi la pratica del quadrante e la scienza dell’elevazione del polo; la terza, che i fenici, che ’l dovettero aver appreso innanzi dagli stessi caldei, portarono a’ greci i dèi affissi alle stelle. Con queste tre filologiche erudizioni si compongano queste due filosofiche veritá: una, civile, che le nazioni, se non sono prosciolte in un’ultima libertá di religione (lo che non avviene se non nella lor ultima decadenza), sono naturalmente rattenute di ricevere deitadi straniere; l’altra, fisica, che, per un inganno degli occhi, le stelle erranti piú grandi ci sembrano delle fisse.
728Posti i quali principi, diciamo che appo tutte le nazioni gentili e d’Oriente e di Egitto e di Grecia (e vedremo anco del Lazio) nacque da origini volgari uniformi l’astronomia, per tal allogamento uniforme, con essere gli dèi saliti ai pianeti e gli eroi affissi alle costellazioni, perché l’erranti paiono grandi molto piú delle fisse. Onde i fenici truovarono tra’ greci giá gli dèi apparecchiati a girar ne’ pianeti e gli eroi a comporre le costellazioni, con la stessa facilitá con la quale i greci gli ritruovarono poi tra’ latini; ed è da dirsi su questi esempli ch’i fenici, quale tra’ greci, tale ancora truovarono sí fatta facilitá tra gli egizi. In cotal guisa, gli eroi, e i geroglifici significanti o le loro ragioni o le lor imprese, e buon numero degli dèi maggiori furono innalzati al cielo e apparecchiati per l’astronomia addottrinata di dar alle stelle, che innanzi non avevano nomi, com’a loro materia, la forma cosí degli astri, o sia delle costellazioni, come degli erranti pianeti.
729Cosí, cominciando dall’astronomia volgare, fu da’ primi popoli scritta in cielo la storia de’ loro dèi, de’ lor eroi. E ne restò quest’eterna propietá: che materia degna d’istoria sieno memorie d’uomini piene di divinitá o d’eroismo, quelle per opere d’ingegno e di sapienza riposta, queste per opere di virtú e di sapienza volgare; siccome la storia poetica diede agli astronomi addottrinati i motivi di dipignere nel cielo gli eroi e i geroglifici eroici piú con questi che con quelli gruppi di stelle, e piú in queste che ’n quelle parti del cielo, e piú a questa che a quella stella errante di attaccarvi gli dèi maggiori, coi nomi de’ quali poi ci sono venuti detti i pianeti.
730E, per parlar alcuna cosa piú de’ pianeti che delle costellazioni, certamente Diana, dea della pudicizia, serbata ne’ concubiti nozziali, che tutta tacita di notte si giace con gli Endimioni dormenti, fu attacata alla luna, che dá lume alla notte. Venere, dea della bellezza civile, attaccata alla stella errante piú ridente, gaia e bella di tutte. Mercurio, divino araldo, vestito di civil luce, con tante ali (geroglifici di nobiltá), delle quali va ornato (mentre porta la legge agraria a’ sollevati clienti), è allogato in un’errante, che tutta di raggi solari è coverta, talché di rado è veduta. Apollo, dio d’essa luce civile (onde «incliti» si dicon gli eroi), attaccato al sole, fonte della luce naturale. Marte, sanguinoso, ad una stella di somigliante colore. Giove, re e padre degli uomini e degli dèi, superior a tutti e inferior a Saturno, che, perch’è padre e di Giove e del Tempo, corre lo piú lungo anno di tutti gli altri pianeti. Talché mal gli convengono l’ali, se, con allegoria sforzata, vogliono significare la velocitá d’esso tempo, poiché corre piú tardo di tutti i pianeti il suo anno; ma le si portò in cielo con la sua falce, in significazione, non di mietere vite d’uomini, ma mieter biade, con le quali gli eroi numeravano gli anni, e che i campi colti erano in ragion degli eroi. Finalmente i pianeti coi carri d’oro (cioè di frumento), co’ quali andavano in cielo quand’era in terra, ora girano l’orbite lor assegnate.
731Per lo che tutto qui ragionato hassi a dire che ’l predominio degl’influssi, che sono creduti avere sopra i corpi sublunari e le fisse e l’erranti, è stato lor attribuito da ciò in che e gli dèi e gli eroi prevalsero quand’eran in terra. Tanto essi dipendono da naturali cagioni!