La scienza nuova seconda/Brani soppressi o mutati/Libro primo/Sezione quarta

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[SEZIONE QUARTA]

1181[338*] Che è la molesta fatiga che deon fare i curiosi di questa Scienza, di cuoprire d’obblio le loro fantasie e le loro memorie e lasciar libero il luogo al solo puro intendimento; e, ’n cotal guisa, da tal primo pensier umano incominceranno a scuoprire le finora seppellite origini di tante cose che compongono ed abbelliscono cosí questo mondo civile come quel delle scienze, per lo cui scuoprimento con tanta gloria travagliarono, del mondo civile, Marco Terenzio Varrone ne’ suoi libri Rerum divinarum et humanarum, e, del mondo delle scienze, Bacone da Verulamio. E, sventata ogni boria, e quella delle nazioni per ciò che attiensi al mondo civile, e quella de’ dotti per ciò che riguarda il mondo delle scienze, tutte con merito di veritá e con ragion di giustizia, quali (per la serie dell’umane cose e dell’umane idee che nelle Degnitá proponemmo) debbon esser l’origini di tutte le cose, tutte semplici e rozze si ravviseranno qui, come in loro embrione e matrice, dentro la sapienza de’ poeti teologi, che furono i primi sappienti del mondo gentilesco.

1182[349]..... in Dio [CMA3], ove voglia, il conoscere e’l fare è una medesima cosa; di che nella nostra Vita letteraria, con una pruova metafisica, la quale tuttodí sperimentiamo nelle funzioni della nostra anima, abbiamo tratto questa dimostrazione.

1183Sono nella nostra mente certe eterne veritá, le quali non possiamo sconoscere e rinniegare, e ’n conseguenza che non sono da noi. Ma del rimanente sentiamo in noi una libertá di far, intendendovi, tutte le cose le quali hanno dipendenza dal corpo, e perciò le facciamo in tempo, cioè quando vogliamo applicarvi, e tutte, intendendovi, le facciamo: come l’immagini con la fantasia; le reminiscenze con la memoria; con l’appetito le passioni; gli odori, i sapori, i colori, i suoni co’ sensi; e tutte queste cose le conteniamo dentro di noi, non essendo niuna di quelle che possa sussistere fuori di noi, onde soltanto durano quanto vi tegniamo applicata la nostra mente. Laonde delle veritá eterne, che non son in noi dal corpo, dobbiam intender esser principio un’idea eterna, che, nella sua cognizione, ove voglia, ella cria tutte le cose [p. 190 modifica] in tempo e le contiene tutte dentro di sé, e tutte, applicandovi, le conserva.

1184La qual dimostrazione pruova ad un fiato queste quattro grandi veritá:

1. ch’un’idea eterna è ’l principio di tutte le cose mortali;

2. che Dio è principio libero delle produzioni ad extra;

3. che ’l mondo è stato criato in tempo;

4. che vi sia provvedenza divina, la quale, intendendo, conserva tutte le cose criate.

1185Per tutto ciò quel «dovette, deve, dovrá» è una maniera archetipa e quasi creativa, la quale non si può avere che nell’idee eterne di Dio; poiché tanto vagliono «dovette» quanto «fu fatto», tanto «deve» quanto «si fa», tanto «dovrá» quanto vale «farassi». Talché cosí, in certo modo, la mente umana con questa Scienza procede a produrre da sé questo mondo di nazioni come la mente di Dio procede nel produrre il mondo della natura, il qual sommo Facitore, nel suo Principio, nel suo Verbo, nella sua eterna Idea, disse in tempo quel «Fiat» et facta sunt. E ’n cotal guisa questa Scienza, come nelle Degnitá avvisocci Aristotile, vien ad essere «de aeternis et immutabilibus».

1136[359] Ma tutte queste, anziché pruove le quali soddisfacciano i nostri intelletti, sono ammende che si fanno agli errori delle nostre memorie ed alle sconcezze delle nostre fantasie, e, per questo istesso, faranno piú di violenza a riceverle e piú di piacere dopo averle ricevute. Pruova sia di ciò che, se non avessimo avuto affatto scrittori, sí fatte pruove punto non ci arebbero bisognate, e senza esse resterebbono per tanto ben sodisfatti gl’intelletti di ciò che ne aremmo ragionato in idea; anzi, liberi di cotanto vecchie, comuni e robuste anticipate oppenioni, ci ritruoveremmo piú docili a ricevere questa Scienza.

1187[360]..... questi deon esser i confini piú accertati e piú utili alle repubbliche cristiane, che distinguono la ragione e la fede, che non sono quelli di Pier Daniello Uezio, ultimamente in un libro postumo usciti alla luce. E chiunque se ne voglia trar fuori, egli veda di non trarsi fuori da tutta l’umanitá.

1188Ora qui si rapportino tutte le degnitá dalla i [ii] fino alla xx [xxii], la xxix [xxxi], il secondo corollario della xli [xliii], la xlii [xliv], la lx [lxiv] e la lxi [lxv], l’ultimo della c [cv] e particolarmente la ci [cvi]; e si truoverá tutto lo qui detto essere eminentemente da quelle dimostrato.