La storia di fate di Padre Brown

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Gilbert Keith Chesterton - La saggezza di Padre Brown (1914)
Traduzione dall'inglese di Gian Dàuli (1930)
La storia di fate di Padre Brown
XI

La pittoresca città e stato di Heiligwaldenstein era uno di quei minuscoli regni come ve ne sono ancora in certe parti dell'impero germanico. Era finito sotto l'egemonia prussiana molto tardi... appena cinquanta anni prima della bella giornata d'estate in cui Flambeau e Padre Brown si trovavano seduti nei suoi giardini a bere la birra. Colà, a memoria d'uomo, non v'era stata nè guerra nè giustizia violenta, come presto sarà mostrato. Bastava il suo aspetto a produrre quell'impressione di puerilità che è la più incantevole caratteristica della Germania e che emana da quelle piccole paterne monarchie nelle quali un re sembra alla mano come un cuoco. I soldati germanici presso le innumerevoli garitte sembravano stranamente giocattoli germanici, ed i lisci merli del castello, indorati dalla luce del sole, sembravano fatti dal più dorato panforte. Perchè la giornata era magnifica. Il cielo era di un blù di Prussia, che migliore non avrebbe potuto pretenderlo Posdam stessa, somigliantissimo a quel vivido colore che i bambini estraggono dalle loro scatolette da uno scellino. Anche i rugosi alberi grigi parevano giovani perchè le gemme sbocciate sopra di essi erano ancora rosee.

Nonostante la sua prosaica apparenza e il pratico tenor di vita che gli era abituale, Padre Brown aveva un temperamento dotato di una certa vena di romanticismo, benchè generalmente egli tenesse per sè i suoi sogni quotidiani, come fanno molti bambini. Fra i vivaci brillanti colori di una simile giornata e nell'araldica ossatura di una simile città, egli aveva l'impressione d'essere entrato nel paesaggio di una novella di fate. Provava un piacere bambinesco, come quello che avrebbe potuto provare un fratello più giovane, nel vedere il formidabile stocco che Flambeau agitava sempre quando camminava e che ora stava ritto accanto al suo alto boccale di Monaco. Inoltre, nella sua sonnolenta tranquillità, egli ritrovava se stesso guardando la bernoccoluta e goffa testa del suo logoro ombrello che faceva ricordare vagamente il bastone dell'orco di qualche libro illustrato di bambini. Ma egli non compose mai alcuna narrazione fantastica, tranne la novella che segue:

— Io mi domando – disse – se uno, in un luogo come questo, andrebbe incontro a delle avventure. Questo è uno splendido scenario per ciò, ma provo sempre un po' l'impressione che se avvenisse qualche scontro, si combatterebbe con sciabole di cartone anziché con vere orribili spade.

— V'ingannate – disse il suo amico. – In questo luogo non solamente si combatte con spade, ma si ammazza anche senza spade. E vi è di peggio.

— Perchè? Che intendete dire? – chiese Padre Brown.

— Perchè – replicò l'altro – dovrei dire che questo è il solo luogo d'Europa nel quale un uomo è sempre colpito senza armi da fuoco.

— E cioè con arco e freccia? – domandò Padre Brown, con qualche meraviglia.

— Con una palla nel cervello – replicò Flambeau. – Non conoscete la storia dell'ultimo Principe di questo luogo? Costituì uno dei grandi misteri della polizia, circa venti anni fa. Voi naturalmente ricordate che questo luogo fu forzatamente annesso, al tempo del rapidissimo piano di consolidazione di Bismarck... forzatamente sì, ma non del tutto facilmente. L'Impero (o ciò che voleva esser tale) mandò il Principe Otto di Grossenmark a governare il luogo per conto dell'Imperatore. C'è ancora il suo ritratto qui nella galleria... Sarebbe stato un bellissimo vecchio gentiluomo se avesse avuto qualche capello e le sopracciglia e se non fosse stato, soprattutto, rugoso come un avvoltoio; ma egli aveva delle cose che lo tormentavano, come spiegherò fra un minuto. Egli fu un soldato di particolare abilità e successo, ma non se la cavò tanto facilmente in questo piccolo posto. Fu sconfitto in parecchie battaglie dai celebri fratelli Arnhold... i tre patriotti per i quali Swinburne scrisse un poema. Ricordate?

Lupi col pelo d'armellino.Corvi che sono coronati e re...Sien pure tante quanti sono i vermiTre resisteranno a queste cose.

«O qualche cosa di simile. In realtà, non è per nulla certo che l'occupazione sarebbe mai stata fortunata se uno dei tre fratelli, Paolo, non si fosse vilmente, ma molto recisamente, rifiutato di resistere a quelle cose più a lungo, e, dalla rivelazione dei segreti dell'insurrezione non fosse risultata la rovina di questa e la sua ultima promozione al posto di ciambellano del Principe Otto. Dopo questo, Ludovico, solo genuino eroe fra gli eroi di Swinburne, fu ucciso, con la spada in mano, nella conquista della città, ed il terzo, Enrico, che, benchè non fosse un traditore, era sempre stato docile ed anche timido a confronto dei suoi attivi fratelli, si ritirò in una specie di eremitaggio, divenne un convertito e d'un quietismo cristiano che era quasi quaccherismo; e mai ebbe rapporti con uomini salvo che per dare quasi tutto quel che aveva ai poveri. Mi raccontano che non lungo tempo fa era ancora possibile vederlo nelle vicinanze, vestito di nero, quasi cieco, con molti capelli incolti e bianchi, ma con una faccia di dolcezza sorprendente.

— Lo so – disse Padre Brown – io lo vidi una volta.

Il suo amico lo guardò con qualche sorpresa.

— Non sapevo che voi foste stato qui prima – disse. – Forse queste cose voi le conoscete tanto quanto me. Ad ogni modo questa è la storia degli Arnhold, dei quali egli fu l'ultimo superstite. Storia di essi, sì, e di tutti gli uomini che ebbero parte in quel dramma.

— Credete che anche il Principe sia morto molto tempo prima?

— Morì – ripetè Flambeau – e questo è quanto noi possiamo dire. Dovete comprendere che verso la fine della sua vita egli cominciò ad avere di quelle fobìe che non sono rare nei tiranni. Egli accrebbe l'ordinaria guardia diurna e notturna intorno al suo castello, tanto che colà pareva che vi fossero più garitte che case nella città; e fece fucilare senza pietà tutte le persone sospette. Egli viveva quasi continuamente in una stanzetta che era proprio nel centro dell'enorme labirinto di stanze; ed anche in quella egli innalzò una specie di cabina centrale o armadio foderato di acciaio, simile a una cassa forte o ad una nave di battaglia. Taluno dice che sotto il pavimento di quel riparo ci fosse per giunta un foro segreto nella terra, non più largo della persona di lui, cosicchè nell'ansietà di sfuggire alla tomba egli finiva coll'andare in un posto molto simile ad essa. Ma andò anche più in là. Si credeva che il popolo fosse disarmato fin dalla repressione della rivolta; ma Otto, ora, insistette come i governi molto raramente insistono, perchè avvenisse un assoluto e radicale disarmo. Esso fu attuato con straordinaria risolutezza e severità da agenti molto ben organizzati e sopra un piccolo e ristretto territorio, e, per quanto la forza e la scienza umana possono essere assolutamente certe di qualche cosa, il Principe Otto fu assolutamente certo che nessuno poteva introdurre nemmeno una pistola-giocattolo in Heiligwaldenstein.

— La scienza umana non può mai essere completamente sicura di cose come queste – disse Padre Brown guardando ancora il rosso nascente dei rami sopra la sua testa – se non altro per la difficoltà di definire e qualificare. Che cosa è un'arma? Vi sono state persone assassinate con gli arnesi più comodi e casalinghi; certamente con teiere, probabilmente con copriteiere. D'altra parte, se voi aveste mostrato ad un antico Bretone un revolver, dubito che avrebbe riconosciuto in esso un'arma... finchè non gli avreste sparato addosso, naturalmente. Forse qualcuno introdusse un'arma da fuoco così nuova che non sembrava neanche un'arma da fuoco, ma poteva sembrare un ditale o altra cosa. Era una palla speciale?

— Non ho mai sentito parlare di questo – rispose Flambeau; – ogni mia informazione è frammentaria e proviene dal mio vecchio amico Grimm. Costui era un abilissimo detective del servizio germanico, tentò di arrestarmi, ma invece io arrestai lui, e tutt'e due avemmo delle conversazioni molto interessanti. Egli era qui incaricato dell'inchiesta intorno al Principe Otto; ma io dimenticai di domandargli notizie circa la palla. Secondo Grimm ecco ciò che accadde.

E, interrottosi un momento per bere d'un sorso la maggior parte della sua birra scura, proseguì:

— Sembra che nella sera in questione si aspettasse il Principe che doveva apparire in una delle camere esteriori per ricevere alcuni visitatori che realmente desiderava incontrare. Erano esperti geologi mandati ad investigare la vecchia questione della possibilità di estrarre oro dalle rocce qui intorno; sulle quali (come si diceva) la piccola città-stato aveva lungamente mantenuto il suo credito ed era stata capace di negoziare con i suoi vicini anche sotto l'incessante bombardamento di grandi eserciti. Fino allora l'oro non era stato trovato, nonostante le più diligenti ricerche.

— Le quali però riuscirono certamente a scoprire una pistola-giocattolo – disse Padre Brown con un sorriso. – Ma che cosa avvenne del fratello che voltò casacca? Non aveva egli niente da dire al Principe?

— Egli affermò sempre che non sapeva – replicò Flambeau – e che questo era il solo segreto che i suoi fratelli gli avessero rivelato. È doveroso dire però che tale affermazione ricevette un qualche appoggio da parole frammentarie dette dal grande Ludovico nell'ora della morte, quando egli guardò Enrico ma indicò Paolo e disse «Non avete detto a lui...» e subito dopo fu incapace di parlare. Comunque, quella delegazione di distinti geologi e mineralogisti di Parigi e Berlino era vestita nel modo più acconcio e sfarzoso perchè non vi sono uomini che tanto amino portare decorazioni quanto di uomini di scienza... come sa chiunque sia stato ad una serata della Società Reale. Era una riunione brillante, ma molto dopo e a poco a poco, il Ciambellano – voi ne vedeste il ritratto: un uomo con nere sopracciglia e occhi seri ed una specie di sorriso insignificante – il Ciambellano, dico, scoprì che tutti erano presenti eccetto il Principe stesso. Fece ricerche in tutte le sale esterne, poi ricordando i pazzeschi accessi di paura dell'uomo, si precipitò nella camera più interna. Anche questa era vuota, ma per aprire la torretta o cabina di acciaio eretta nel mezzo della stanza ci volle del tempo. Quando questa fu aperta anche essa risultò vuota. Egli andò e guardò dentro il buco fatto nel suolo che sembrava più profondo e simile a una tomba... secondo, naturalmente, il suo racconto. E mentre faceva così, sentì un'esplosione di grida e un tumulto per le camere e i corridoi esterni.

«Dapprima fu un rumore lontano, il fremito di qualche cosa di insospettato tra la folla anche fuori del castello. Poi un clamore senza parole, spaventosamente vicino e rumoroso abbastanza per essere distinto se ciascuna parola non avesse soffocata l'altra. Poi parole di terribile chiarezza, che si avvicinavano, e poi un uomo si slanciò nella camera portando la notizia con la brevità che si addiceva.

«Otto, Principe di Heiligwaldenstein e Grossenmark, giaceva, nella caligine del crepuscolo, nei boschi, oltre il castello, con le braccia distese e la testa rivolta verso la luna. Il sangue gli pulsava ancora nelle tempie e nella mascella fracassata, le sole parti che si muovessero come cosa vivente. Indossava l'uniforme bianca e gialla, come quando riceveva gli ospiti in casa, ma la sciarpa o cravatta era slegata e gli giaceva, alquanto gualcita, a lato. Prima che egli potesse essere sollevato era morto. Ma, morto o vivo, rimaneva l'enigma...: come mai, egli, che era stato sempre nascosto nella camera più interna, si trovasse là fuori, negli umidi boschi, disarmato e solo.

— Chi trovò il suo corpo? – chiese Padre Brown.

— Una ragazza addetta alla Corte, chiamata Edvige von... – replicò il suo amico – la quale era andata fuori nel bosco a raccogliere fiori selvatici.

— Ne aveva raccolto qualcuno? – chiese il prete guardando piuttosto distratto il velo dei rami sopra di lui.

— Sì – replicò Flambeau. – Io in particolare ricordo che il Ciambellano o il vecchio Grimm, o altri, diceva come fosse terribile, quando essi corsero alla chiamata di lei, vedere una ragazza che aveva in mano dei fiori di primavera chinata sopra quella... quella sanguinosa rovina. Tuttavia il punto principale è che prima che arrivassero soccorsi egli era morto, e la notizia naturalmente dovè essere riferita al castello. La costernazione fu tale da superare quella che è naturale in una Corte, alla caduta di un potente. I visitatori forestieri, specialmente gli esperti di miniere, erano nel più grave dubbio ed eccitamento e in uguale stato d'animo erano parecchi importanti funzionari Prussiani. Ben presto cominciò ad esser chiaro che il piano per trovare il tesoro era un affare d'importanza più grande di quel che il popolo avesse supposto. Agli esperti ed ai funzionarii erano stati promessi grandi premi e vantaggi internazionali, qualcuno diceva anche che i segreti appartamenti del Principe e la forte guardia militare fossero dovuti più che alla paura di tumulti popolari, alla necessità di continuare qualche privata investigazione di...

— I fiori raccolti avevano gambi lunghi? – domandò Padre Brown.

Flambeau lo guardò fisso.

— Che strana persona siete voi! – disse. – Il vecchio Grimm osservò la stessa cosa. Egli disse che il particolare più brutto che lo fece riflettere, più brutto del sangue e della palla, fu questo, che i fiori erano colti cortissimi, staccati quasi alla corolla.

— Naturalmente – disse il prete – quando una ragazza grandicella va a cogliere dei fiori, li coglie con abbondanza di gambi. Se essa proprio staccava le corolle, come fa un bambino, c'è da pensare che... – ed esitò.

— Ebbene – insistè l'altro.

— Ebbene c'è da pensare piuttosto che essa li afferrasse nervosamente, come un pretesto per la sua presenza là, poi...

— So quello che avete nella mente – disse Flambeau con una certa tristezza. – Ma questo ed ogni altro sospetto cadono se si consideri un punto... la necessità di un'arma. Egli potè essere ucciso, come voi dite, con una quantità di altre cose... magari con la sua propria sciarpa militare; ma noi non dobbiamo spiegare come egli fu ucciso, ma come fu fucilato. Ed il fatto è che noi non possiamo spiegarcelo. Fu perquisita la ragazza nella maniera più severa, perchè, a dire la verità, essa era un po' sospetta, benchè nipote e pupilla del vecchio scellerato Ciambellano, Paolo Arnhold. Essa era molto romantica, e sospetta di simpatia pel vecchio entusiasmo rivoluzionario proprio della sua famiglia. Del resto per quanto voi siate romanzesco non potete immaginare una grossa palla dentro la ganascia o il cervello di un uomo senza l'uso di un fucile o di una pistola. E non vi era pistola là, ma tracce di colpi di pistola. Io lascio questo a voi, amico mio.

— Come sapete che erano due i colpi? – domandò il piccolo prete.

— Vi era traccia di uno solo nella sua testa – disse il compagno – ma vi era un altro foro di palla nella sciarpa.

Il calmo ciglio di Padre Brown all'improvviso si contrasse.

— L'altra palla fu trovata? – domandò.

Flambeau sussultò un po'.

— Non mi pare di ricordare – disse.

— Un momento! Un momento! – gridò Brown sempre più accigliato con una inconsueta concentrazione di curiosità. – Non mi crediate scortese. Lasciatemi pensar su questo, un momento.

— Benissimo – disse Flambeau ridendo, e finì la sua birra.

Una leggiera brezza agitava gli alberi pieni di germogli e faceva scorrere su nel cielo nuvolette di bianco e di rosa che sembravano rendere il cielo più azzurro e tutto il paese più colorato e più bizzarro. Quelle nuvolette sembravano cherubini volanti verso le finestre di una specie di celeste asilo d'infanzia. La più vecchia torre del castello, la Torre del Dragone, si ergeva grottesca come un boccale di birra inglese, ma altrettanto casalinga. Soltanto di là dalla torre luccicava il bosco in cui l'uomo era giaciuto morto.

— Che cosa avvenne poi di quell'Edvige? – domandò il prete alla fine.

— Essa è maritata al generale Schwartz – disse Flambeau. – Senza dubbio voi avete sentito parlare della sua carriera che fu piuttosto romanzesca. Egli si era distinto anche prima delle sue gesta a Sadowa e Gravelotte; in realtà salì parecchio di grado, ciò che è molto raro nei tedeschi di condizione più modesta...

Padre Brown si alzò improvvisamente.

— Salì di grado! – gridò e atteggiò la bocca come per fischiare. – Bene, bene! che storia sorprendente! Che sorprendente maniera di uccidere un uomo; ma era l'unica possibile, secondo me. Ma pensare a un odio così paziente...

— Che cosa intendete dire? – domandò l'altro.. – In qual maniera uccisero l'uomo?

— Lo uccisero servendosi della sciarpa – disse Brown con sicurezza. – E poi siccome Flambeau protestava disse: – Sì, sì, voi pensate alla palla. Forse dovrei dire che egli morì perchè aveva una sciarpa. So che non significa lo stesso che morir per malattia.

— Mi pare – disse Flambeau – che qualche idea sia entrata nella vostra testa, ma con essa non riuscite facilmente ad estrarre la palla dalla testa di lui. Come ho spiegato prima, era probabile che fosse stato strangolato. Ma invece fu fucilato. Da chi? Con quale arma?

— Egli fu fucilato per suo stesso ordine – disse il prete.

— Pensate che si sia suicidato?

— Io non ho detto: per sua propria volontà – replicò Padre Brown – ma per suo stesso ordine.

— Ebbene, ad ogni modo, come sarebbe accaduto, secondo voi?

Padre Brown rise.

— Io sono in vacanze – disse. – Non ho da costruire teorie. Soltanto, questo luogo mi fa ricordare delle storie di fate, e se vi piace ve ne racconterò una.

Le piccole nuvole rosse, che sembravano piuttosto dei dolciumi, librandosi, coronavano le torrette del dorato castello di pan pepato e le rosee dita di bimbo degli alberi in germoglio parevano aprirsi ed allungarsi per raggiungerle; il cielo blù cominciava a tingersi del vivace violetto della sera quando Padre Brown all'improvviso parlò di nuovo:

— Era una notte tetra; la pioggia gocciolava ancora dagli alberi, e la rugiada già diventava guazza quando il Principe Otto di Grossenmark uscì frettolosamente da una porta laterale del castello e si avviò rapidamente nel bosco.

«Una delle innumerevoli sentinelle lo salutò; ma egli non fece attenzione a ciò. Non desiderava punto che la sua persona fosse particolarmente osservata. Fu contento quando i grandi alberi grigi e già molli di pioggia lo inghiottirono come una palude. Aveva deliberatamente scelto il lato meno frequentato del suo palazzo, ma anche questo era più frequentato che egli non desiderasse. Ma là non vi era particolare possibilità di ricerca ufficiosa o diplomatica, perchè egli era uscito per impulso subitaneo. Tutti i diplomatici in completo abbigliamento che si lasciava dietro erano gente senza importanza. Egli aveva improvvisamente compreso che poteva agire senza di essi.

«L'aveva afferrato non già il nobile terrore della morte, ma la strana passione dell'oro. Per questa leggenda dell'oro egli aveva lasciato Grossenmark ed invaso Heiligwaldenstein. Per questo, e solamente per questo egli aveva comprato il traditore e fatto strage dell'eroe, per questo egli aveva lungamente interrogato e messo a prova il falso Ciambellano, finchè era giunto alla conclusione che il rinnegato realmente diceva la verità quando affermava di ignorare. Per questo aveva con alquanta riluttanza pagato e promesso denaro, nella eventualità di guadagnare somme più grosse, e per questo era furtivamente uscito dal suo palazzo, come un ladro, nella pioggia, perchè aveva pensato a un altro modo di soddisfare il desiderio dei suoi occhi e di soddisfarlo a buon mercato.

«Oltre l'estremità superiore di un tortuoso sentiero di montagna che egli faceva sua meta, fra le rocce a picco lungo la giogaia che pende sopra la città, stava l'eremitaggio aspro come una caverna ingombra di spine, nel quale il terzo dei grandi fratelli, si era da lungo tempo nascosto al mondo. Pensava il Principe Otto che non poteva avere un serio motivo per rifiutarsi di cedere l'oro.

«Egli ne aveva conosciuto il posto da anni e non aveva fatto sforzi di sorta per trovarlo, anche prima che la nuova ascetica credenza lo avesse separato dalla proprietà e dai piaceri. Per vero dire, egli era stato un nemico, ma ora professava come dovere il non avere nemici. Qualche concessione alla sua causa, qualche appello ai suoi princípi avrebbero fatto uscire da lui la luce circa il denaro. Otto non era codardo, nonostante la sua rete di precauzioni militari, e ad ogni modo la sua avarizia era più forte della paura. Là non vi erano grandi ragioni di paura. Poichè era sicuro che non vi erano armi possedute da privati in tutto il principato, era cento volte più sicuro che non ve ne fossero là, nel piccolo eremitaggio del Quacchero sulla collina, dove quegli viveva sull'erba, con due vecchi rustici servitori e senza la compagnia di altra voce d'uomo, per anni ed anni.

«Il principe Otto abbassò lo sguardo con una specie di truce sorriso, sui lucenti quadrati labirinti della città illuminata sotto di lui. Tanto lontano quanto gli occhi potevano vedere giungevano i fucili dei suoi amici, e non un pizzico di polvere per i suoi nemici. I fucili erano così vicini anche a quel sentiero di montagna, che un suo grido avrebbe portato di slancio i soldati sulla collina, senza dire che il bosco ed il rialzo erano battuti da pattuglie, a regolari intervalli; e i fucili erano così lontani, fuori nei boschi oscuri rimpiccioliti dalla distanza al di là del fiume che un nemico non poteva entrare furtivamente nella città per nessuna via traversa. E intorno al palazzo vi erano fucili alla porta di ponente, a quella di oriente, alla porta di nord ed alla porta di sud e lungo le quattro facciate, formando come una catena intorno ad esse. Egli era al sicuro.

«Ciò gli apparve tanto più evidente quando ebbe sorpassato il rialzo e trovato lo squallido nido del suo vecchio amico. Egli si trovò sopra una piccola piattaforma di rocce tagliate a picco ai tre lati del precipizio. Dietro, vi era la nera caverna nascosta da verdi spine, così basse che era difficile credere che un uomo potesse entrarvi. Davanti, vi era il precipizio della costa dirupata e la vasta ma nuvolosa visione della vallata.

«Sulla piccola piattaforma di roccia stava un vecchio leggìo o reggi-libro di bronzo che gemeva sotto una grande Bibbia Germanica. Il bronzo o rame di esso era diventato verde a furia d'essere esposto alle correnti di quel posto elevato, ed Otto ebbe istantaneamente il pensiero: «Anche se essi hanno armi debbono essere ormai arrugginite». Il levarsi della luna aveva già prodotto una funerea alba dietro le creste e gli scogli e la pioggia era cessata.

«Dietro il leggìo rivolto alla vallata, stava un vecchissimo uomo in una toga nera che cadeva diritta come i precipizi intorno a lui; aveva bianchi capelli e debole voce che sembrava quasi vacillare al vento. Egli stava evidentemente leggendo l'ufficio quotidiano, parte dei suoi esercizi religiosi: «Essi hanno fiducia nei loro cavalli...».

«— Signore – disse il Principe di Heiligwaldenstein, con insolita cortesia. – Io gradirei solamente una parola da voi...

«— E nei loro carri – continuò il vecchio debolmente – ma noi avremo fiducia nel nome del Signore degli Eserciti...».

«Le sue ultime parole non si fecero udire, ma egli chiuse il libro con riverenza, ed essendo quasi cieco, fece un movimento brancolando ed afferrando il leggìo. Immediatamente i suoi due servitori scivolarono fuori dalla bassa scura caverna e lo sorressero. Essi indossavano fosche nere zimarre simili alla sua, ma non avevano freddo argento sui capelli nè la fredda appassita raffinatezza dei suoi lineamenti. Erano contadini, Croati o Magiari con larghe facce smussate ed occhi socchiusi. E per la prima volta, qualche cosa turbò il Principe, ma il suo coraggio e il suo senso diplomatico restarono fermi.

«— Io temo che noi non ci siamo più incontrati – disse – da quella terribile cannonata, per la quale il vostro povero fratello morì.

«— Tutti i miei fratelli sono morti, – disse il vecchio guardando ancora in mezzo alla vallata. Poi, per un istante, rivolgendo verso Otto i suoi vizzi delicati lineamenti e i capelli gelati che parevano stillare sopra le ciglia come ghiaccioli, aggiunse:

«— Come vedete, anch'io sono morto.

«— Spero che comprenderete, – disse il Principe cercando un punto di conciliazione, – che non vengo qui per tormentarvi come uno spettro di quelle grandi lotte. Noi non parleremo di ciò che fu giusto o ingiusto allora; ma d'un punto sul quale noi mai ci siamo mostrati ingiusti ma retti. Qualunque cosa possa dirsi sulla politica della vostra famiglia, nessuno neppure un momento può supporre che voi foste mossi puramente dall'oro; avendo dimostrato voi stesso, al disopra di ogni sospetto che...».

Il vecchio dalla vecchia nera zimarra aveva continuato a fissarlo con umidi occhi blù ed una espressione di stanca saggezza sul viso. Ma quando fu pronunciata la parola «oro», egli sporse la mano come per arrestare qualche cosa e volse la faccia verso le montagne.

«— Egli ha parlato d'oro – disse. – Egli ha parlato di cose non lecite. Fatelo cessare.

Otto aveva, per natura sua e della tradizione prussiana, l'abitudine di considerare il successo come un effetto non del caso, ma di una qualità personale. Egli concepiva se stesso ed un suo pari come sempre intento a conquistare popoli conquistabili. In conseguenza, era impreparato alla commozione della sorpresa e al successivo movimento che lo scosse e lo irrigidì. Aveva appena aperta la bocca per rispondere all'eremita quando la bocca gli fu chiusa e la voce strangolata da un morbido ma fermo bavaglio attorcigliatogli improvvisamente intorno alla testa come ad un argano. Passarono quaranta secondi prima che egli capisse che i due servitori ungheresi avevano fatto ciò con la sua sciarpa militare.

«Il vecchio andò ancora debolmente al gran sostegno di ottone dov'era posata la Bibbia, voltò le pagine con una pazienza che aveva qualche cosa di orribile finchè egli giunse all'epistola di San Giacomo ed allora cominciò a leggere:

«La lingua è un piccolo membro, ma...».

«L'intonazione della voce fece sì che il Principe si voltasse improvvisamente e si precipitasse giù pel sentiero di montagna per cui era salito. Era a mezza via verso i giardini del palazzo prima che egli tentasse soltanto di squarciare la sciarpa che gli strangolava il collo e gli serrava le mascelle. Provò e riprovò di nuovo ma invano; gli uomini che avevano annodato quel bavaglio sapevano ciò che un uomo può fare con le mani davanti e ciò che può fare con le mani dietro la testa. Le sue gambe erano libere per saltare come gambe di antilope sulle montagne, le sue braccia erano libere nel fare ogni gesto od agitare segnali; ma egli non poteva parlare. Un diavolo muto era in lui. Era giunto vicino ai boschi che circondavano il castello prima di aver completamente compreso ciò che il suo stato muto significasse.

Ancora una volta guardò torvamente al basso i brillanti quadrati labirinti della città illuminata e non sorrise più. Sentì se stesso ripetere le frasi del suo precedente umore, con una micidiale ironia. Lontano quanto gli occhi potevano vedere giungevano i fucili dei suoi amici ciascuno dei quali lo avrebbe disteso morto se egli non avesse potuto rispondere all'allarme. I fucili erano così vicini che il bosco e il rialzo potevano essere battuti da pattuglie a regolari intervalli; perciò era inutile nascondersi nel bosco fino al mattino. I fucili battevano il terreno così lontano che un nemico non poteva andare furtivamente alla città per nessuna via traversa; perciò era vano ritornare alla città per qualsiasi strada remota. Un suo grido avrebbe portato i suoi soldati di slancio sulla collina. Ma da lui nessun grido poteva uscire.

La luna era nel suo maggiore splendore argenteo ed il cielo si mostrava con strisce di chiaro azzurro notturno fra le strisce nere dei pini intorno al castello. Fiori d'una specie larga e piumata... egli mai aveva osservato simili cose prima... si erano subito fatti luminosi e scoloriti per il levar della luna e sembravano indescrivibilmente fantastici come se si raccogliessero e strisciassero intorno alle radici degli alberi. Forse la sua ragione era stata improvvisamente sconvolta dalla strana prigionia in cui egli si trovava; ma in quel bosco egli sentì qualche cosa di incomprensibilmente germanico... il racconto delle fate. Comprese con metà del suo spirito che era attirato al Castello di un Orco, ma aveva dimenticato che era l'Orco. Ricordò di aver chiesto alla madre se nel vecchio parco di casa vi fossero degli orsi. Si fermò a cogliere un fiore come amuleto contro l'incantesimo. Poichè il gambo era più lungo di quel che egli si aspettasse lo ruppe con un piccolo strappo. Mentre cercava con attenzione di metterlo nella sciarpa udì l'allarme... «Chi va là?». Allora ricordò di non avere la sciarpa al suo solito posto. Tentò di gridare forte e fu muto. Echeggiò il secondo invito, e poi un colpo di fucile che sibilò giungendo e si spense all'improvviso. Otto di Grossenmark giacque in pace profonda fra gli alberi fatati, e non avrebbe fatto più danno nè con oro nè con acciaio; soltanto l'argentea fascia di raggi della luna metteva qua e là in rilievo le tracce dell'intricato ornamento della uniforme o le vecchie rughe sopra le sue ciglia. Possa Dio aver pietà della sua anima.

La sentinella che aveva fatto fuoco secondo gli stretti ordini della guarnigione naturalmente si precipitò di corsa per trovare qualche traccia della sua preda. Era esso un soldato semplice di nome Schwartz in seguito non ignoto negli annali militari; egli trovò un uomo calvo in uniforme, ma colla faccia così fasciata da una specie di maschera fatta dalla sciarpa militare che si vedevano di lui soltanto gli occhi aperti e smorti, d'una lucentezza di pietra nel chiaror lunare. La palla era penetrata attraverso il bavaglio nella mascella; ecco perchè vi era un foro di pallottola nella sciarpa ma uno solo. Naturalmente, se non correttamente, il giovane Schwartz strappò la misteriosa maschera di seta e la gettò sull'erba; ed allora vide chi aveva ucciso.

Noi non possiamo essere sicuri di ciò che seguì. Ma inclino a credere che, dopo tutto, questa sia materia di un racconto di fate avvenuto in quel piccolo bosco orribile in quella occasione. Se la giovane signora chiamata Edvige avesse qualche precedente conoscenza del soldato che salvò ed eventualmente sposò; o se essa fosse sopravvenuta accidentalmente sul luogo del fatto e la loro intimità cominciasse quella notte, noi probabilmente non lo sapremo mai.

Ma penso che noi possiamo sapere, che questa Edvige fu un'eroina e meritò di sposare un uomo che divenne in certo qual modo eroico. Essa fece una cosa ardita e savia: persuase la sentinella a ritornare al suo posto, per non compromettersi; ed egli fu una delle più disciplinate fra le cinquanta sentinelle a portata di voce. Essa rimase presso il corpo e diede l'allarme, poichè non vi era nulla che potesse implicare lei nel disastro, non avendo essa e non potendo avere nessuna arma da fuoco.

— Ebbene, – disse Padre Brown alzandosi gaiamente, – spero che essi siano felici.

— Dove andate? – gli chiese l'amico.

— Vado a dare un altro sguardo a quel ritratto del Ciambellano, l'Arnhold che tradì suo fratello, – rispose il prete. Io mi domando se un uomo sia meno traditore essendo due volte traditore.

E meditò lungamente dinanzi al ritratto di un uomo dai capelli brizzolati con nere sopracciglia ed una specie di sorriso dipinto che sembrava contraddire alla nera espressione degli occhi.

FINE


Note