L'insalata del Colonello Cray

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Gilbert Keith Chesterton - La saggezza di Padre Brown (1914)
Traduzione dall'inglese di Gian Dàuli (1930)
L'insalata del Colonello Cray
IX XI

Padre Brown ritornava a casa da messa, in un bianco fantastico mattino, mentre le nebbie si alzavano lentamente. Era uno di quei mattini in cui anche l'elemento luce appare come qualche cosa di misterioso e di nuovo. Gli alberi sparsi si precisavano sempre più fuori dal vapore come se fossero stati prima disegnati in gesso grigio e poi in carboncino. A maggiori intervalli, apparivano le case sull'orlo frastagliato del sobborgo e i loro contorni diventavano sempre più chiari, finchè egli riconobbe parecchie case nelle quali aveva conoscenze d'occasione, e parecchie altre, delle quali conosceva il nome del proprietario.

Ma tutte le finestre e le porte erano chiuse, poichè nessuno si sarebbe alzato in un'ora simile, tanto meno per un simile pellegrino. Ma mentre egli passava sotto l'ombra di una bella villa con veranda e vasti giardini adorni, udì un rumore che lo fece quasi involontariamente fermare. Era il rumore chiarissimo (da non confondere con altri) di una pistola o di una carabina o di qualche leggiera arma da fuoco che spara. Però non fu questo che lo sconcertò.

Il primo rumore fu immediatamente seguito da una serie di rumori più deboli... circa sei, tanti egli ne contò. Egli suppose che li avesse moltiplicati l'eco; ma strano era che l'eco non fosse affatto come il suono originale. Non assomigliava a nessun'altra cosa che gli potesse venire in mente. C'era da pensare a tre cose: o il rumore prodotto da un sifone di acqua di soda, o uno dei molti rumori prodotti da un animale, o il rumore di una persona che cercasse di soffocare il riso. Nessuno di essi però sembrava avere un significato.

In Padre Brown vi erano due persone: un uomo di azione, modesto come una primula e preciso come un orologio, che compiva il suo piccolo giro di funzioni e mai sognava di cambiarlo; secondo: un uomo di riflessione, molto più semplice ma molto più forte, che non poteva facilmente essere fermato e il cui pensiero era sempre (nel significato più intelligente della parola) libero pensiero. Egli non poteva fare a meno, anche inconsciamente, di proporre a se stesso tutte le domande che vi erano da proporre e di rispondere a quante più egli potesse; e tutto questo, naturalmente, come per la respirazione o la circolazione. Ma egli non portava mai coscientemente le sue azioni al di là della sfera del suo proprio ufficio. Nel caso presente, le due attitudini erano opportunamente messe alla prova. Egli stava appunto per riprendere il cammino nel crepuscolo dicendosi che non era cosa che lo riguardasse, ma istintivamente andava intrecciando e sciogliendo venti teorie intorno a ciò che gli strani rumori potevano significare. Mentre la grigia linea dell'orizzonte brillava nell'argento e nella luce che si diffondeva, egli ricordò che quella casa apparteneva ad un Maggiore Anglo-Indiano di nome Putnam; e che il Maggiore aveva un cuoco nativo di Malta, della sua religione. Egli cominciò anche a riflettere che i colpi di pistola sono qualche volta cose serie, accompagnate da conseguenze che legittimamente possono preoccupare. Tornò quindi indietro sino all'ingresso del giardino, dirigendosi alla porta d'entrata. A mezza strada, da un lato della casa, sporgeva qualcosa che somigliava a una bassissima rimessa, ma che in realtà era, com'egli scoprì poi, una grande cassa per la spazzatura. Di dietro un angolo di questa venne fuori una figura che parve dapprima come una nera ombra nella nebbia, e che apparentemente piegata, guardava curiosamente intorno. Poi venendo più vicino si precisò e prese corpo in una persona che per verità era piuttosto insolitamente solida. Il Maggiore Putnam era un uomo calvo, con un collo taurino corto e tozzo, con una di quelle faccie alquanto apoplettiche che sono il prodotto di uno sforzo prolungato di combinare il clima orientale con la lussuria occidentale.

Ma l'espressione della faccia era quella di un uomo di buon umore, che, anche allora, benchè imbarazzato e curioso, aveva una specie di innocente sogghigno. Egli portava un largo cappello di panama sull'occipite (che faceva pensare a un'aureola niente affatto adatta alla faccia); quanto al resto, era vestito soltanto di un pigiama molto vivace a righe scarlatte e gialle che, benchè in apparenza abbastanza soffice, doveva essere, in quella fresca mattina, piuttosto leggerino da portare.

Egli evidentemente era uscito di casa in fretta, così che il prete non fu sorpreso quando l'altro gli domandò senza tante cerimonie:

— Avete udito quel rumore?

— Sì – rispose Padre Brown. – E ritenni che avrei fatto bene a guardare se vi fossero delle gravi conseguenze.

Il Maggiore lo guardò piuttosto bizzarramente, con i suoi occhi di buon umore.

— Che cosa pensate che fosse quel rumore? – domandò.

— Pareva un colpo di fucile, o che so io... – replicò l'altro, con qualche esitazione – ma mi è sembrato avesse una strana eco.

Il maggiore era rimasto a guardarlo tranquillamente, con occhi sporgenti, quando la porta d'entrata fu aperta improvvisamente facendo passare un fiotto di luce nella nebbia che dileguava; e un'altra figura in pigiama balzò o cadde fuori nel giardino. La figura era molto più lunga, più magra e più atletica; il pigiama, benchè ugualmente tropicale, era relativamente di buon gusto, essendo bianco, con una riga chiara gialla limone. L'uomo era smunto ma bello, più abbronzato dal sole che l'altro; aveva un profilo aquilino ed occhi alquanto infossati, e una leggera aria di irregolarità derivante dalla combinazione di capelli di color nero carbone con baffi molto più chiari. Tutto questo Padre Brown rilevò in seguito più comodamente. Pel momento egli vide soltanto una cosa in quell'uomo, e cioè una rivoltella in mano.

— Cray! – esclamò il Maggiore guardandolo fisso – avete sparato voi quel colpo?

— Sì, ho sparato io – ribattè vivamente l'uomo dai capelli neri. – Lo stesso avreste fatto voi al mio posto. Se foste stato inseguito dappertutto, da diavoli o quasi...

Il Maggiore sembrò intervenire piuttosto in fretta:

— Questo è il mio amico Padre Brown – disse e poi, rivolto a Brown: – Non so se abbiate mai incontrato il colonnello Cray, dell'Artiglieria Reale...

— Ho sentito parlare di lui, naturalmente – disse il prete con semplicità. – Avete forse colpito qualche cosa?

— Credo di sì – rispose Cray, con gravità.

— Ed egli... – domandò il Maggiore Putnam con voce smorzata – è caduto o ha gridato forte o ha fatto qualche cosa?

Il Colonnello Cray guardò il suo ospite con uno sguardo strano e fisso:

— Vi dirò esattamente che cosa egli ha fatto – disse. – Ha starnutito.

La mano di Padre Brown si fermò a mezza strada verso la testa, col gesto di un uomo che ricordi il nome di qualcuno. Capì allora che cosa fosse stato quel rumore che assomigliava all'acqua di soda o allo sbuffare di un cane.

— Ebbene – esclamò il Maggiore che guardava attentamente. – Non ho mai sentito dire che un colpo di revolver possa produrre uno starnuto...

— Neanche io – disse Padre Brown, con voce fioca. – È una fortuna che voi non abbiate rivolto contro di lui la vostra artiglieria, altrimenti avreste potuto procurargli sicuramente un forte raffreddore. – Poi, dopo una pausa imbarazzata, aggiunse: – Era un ladro?

— Entriamo – disse il Maggiore Putnam piuttosto aspramente, e si avviò alla sua casa. L'interno mostrava quel fenomeno curioso che spesso si può rilevare nelle ore del mattino: le camere sembravano più brillanti del cielo esterno, anche dopo che il Maggiore ebbe chiuso l'unico becco di gas dell'anticamera.

Padre Brown fu sorpreso nel vedere la tavola da pranzo apparecchiata come per un pasto festivo, con i tovaglioli negli anelli, e i bicchieri del vino, circa sei, disposti accanto a ciascun piatto. Era cosa in certo qual modo normale trovare a quell'ora del mattino i resti di un banchetto della sera precedente; ma il trovare un banchetto apparecchiato di fresco e così di buon'ora non era cosa normale.

Mentre egli rimaneva esitante nella sala, il Maggiore Putnam si slanciò avanti a lui e gettò un'occhiata di collera sull'oblunga tovaglia. Alla fine, gridò spruzzando saliva:

— Tutte le posate d'argento sono sparite! – E aggiunse ansante: – I coltelli e forchette pel pesce spariti! Anche il vecchio vasetto d'argento per la panna sparito! La vecchia oliera sparita! Ed ora, Padre Brown, sono pronto a rispondere alla vostra domanda, se fosse un ladro.

— È semplicemente un cieco – disse Cray, ostinatamente. – Conosco meglio di voi perchè vi sia della gente che perseguita questa casa; so meglio di voi perchè...

Il Maggiore gli battè sulla spalla, col gesto che si fa per calmare un bambino malato, e disse:

— Era un ladro, evidentemente, era un ladro.

— Un ladro con un forte raffreddore – osservò Padre Brown – e questo particolare potrà aiutarci a rintracciarlo nei dintorni.

Il Maggiore scrollò la testa in una triste maniera.

— Temo che egli sia ormai tanto lontano ch'è impossibile poterlo rintracciare – disse.

E, mentre l'uomo irrequieto dal revolver girava nuovamente verso la porta del giardino, aggiunse con voce bassa e confidenziale:

— Non so se mandare a chiamare le guardie, perchè temo che il mio amico abbia usato un po' troppo liberamente delle sue pallottole, e si sia messo in una brutta posizione di fronte alla legge. Egli ha dimorato in luoghi molto selvaggi, e, per essere franco con voi, debbo dirvi che egli qualche volta ha l'immaginazione sovreccitata.

— Mi pare che una volta voi mi abbiate detto – osservò Padre Brown – che egli crede che qualche società segreta indiana lo perseguiti.

Il Maggiore Putman chinò la testa, ma, nello stesso tempo, si strinse nelle spalle.

— Penso che sarebbe meglio seguirlo fuori – disse. – Non vorrei che qualche altro, diciamo così, starnutisse ancora.

Uscirono nella luce del mattino, ravvivata dai raggi del sole, e videro l'alta figura del Colonnello Cray piegarsi quasi in due ed esaminare minutamente la condizione della ghiaia e dell'erba. Mentre il Maggiore si dirigeva con prudenza verso di lui, il prete faceva anch'egli un lento giro che lo condusse dietro il vicino angolo della casa, ad un metro o due dalla cassetta sporgente della spazzatura.

Egli stette a guardare questo fosco oggetto per circa un minuto e mezzo, poi fece un passo avanti, alzò il coperchio e vi mise il capo dentro. Polvere ed altra grigia roba volatile si sollevò dalla cassetta; ma Padre Brown non aveva riguardo per la propria persona quando era intento ad osservare qualche cosa. Egli rimase così un certo tempo, come se fosse assorto in misteriose preghiere; poi si ritrasse con della cenere sui capelli, e se ne andò via con noncuranza.

Mentre faceva nuovamente il giro della porta del giardino trovò là un gruppo che sembrava dissipare i malumori come il sole aveva dissipata la nebbia. Esso non era in nessuna maniera rassicurante, ma semplicemente e largamente comico, come un raggruppamento di tipi di Dickens.

Il Maggiore Putnam aveva trovato il mezzo di fare una corsa in casa e vestirsi a modo: camicia, calzoni con cintura di stoffa cremisi, e una chiara giacca quadrata; così che regolarmente messa in rilievo, la sua rossa e festosa faccia sembrava espandersi in una volgare cordialità. Egli era veramente enfatico, ma stava parlando al suo cuoco... un nericcio figlio di Malta, la cui faccia scarna, gialla ed alquanto appassita contrastava curiosamente col berretto e costume bianco, di neve. C'era una ragione perchè il cuoco apparisse sciupato: la cucina era la passione del Maggiore, il quale era uno di quegli amatori che sempre ne sanno più del professionista. L'unica persona che egli considerasse pari nel giudicare una frittata era il suo amico Cray... Appena Brown si ricordò di questi, si voltò per guardare l'altro ufficiale. Nel nuovo aspetto, alla luce del giorno, e per gente vestita secondo consuetudine, la vista di costui colpiva alquanto. L'uomo, più alto e più elegante, era ancora vestito da notte, con la nera capigliatura scarmigliata, e ora andava carponi intorno al giardino, sulle mani e sulle ginocchia, cercando ancora le tracce del ladro; e, di quando in quando, secondo tutte le apparenze, battendo il suolo con mano stizzita per la vana ricerca. Vedendolo simile a un quadrumane sull'erba, il prete alzò gli occhi castani piuttosto tristemente e per la prima volta congetturò che «l'immaginazione sovraeccitata», potesse essere un eufemismo.

Il terzo tipo, nel gruppo formato dal cuoco e dall'epicureo, era pure noto a Padre Brown; era Andreina Watson, la governante e guardarobiera del Maggiore, che, in quel momento, a giudicare del grembiale con le maniche rimboccate e dalla maniera risoluta, pareva più guardarobiera che governante.

— Vi sta bene – diceva lei. – Io vi ho sempre detto di non usare quella oliera di vecchia fattura.

— A me piaceva, – disse Putnam tranquillamente; – sono antiquato anch'io e le cose vanno messe insieme.

— E spariscono insieme, come vedete, – ribattè essa. – Bene, se voi non vi preoccupate del ladro, io non mi preoccuperò della colazione. È domenica, e non possiamo andare per l'aceto e per altro in città; e voi, gentiluomini Indiani, non potete godervi quello che chiamate un pranzo senza una quantità di cose piccanti. Piacesse a Dio che voi non aveste chiesto al cugino Oliviero di condurmi alla messa cantata. Essa non sarà finita prima di mezzogiorno e mezzo, ed il Colonnello deve andarsene per allora. Non credo che voi uomini possiate sbrigarvela da soli.

— Oh, sì, che possiamo, cara, – disse il Maggiore guardandola molto amabilmente. – Marco ha tutte le salse, e noi spesso ce la siamo cavata in vicende molto aspre come sapete da tempo. Ed è ora che voi abbiate un divertimento, Andreina, non dovete essere guardarobiera in ogni ora del giorno; e so che voi avete desiderio di sentire la musica.

— Desidero andare in chiesa, – disse lei con occhi alquanto severi.

Era una di quelle belle donne che rimangono sempre belle, perchè la loro bellezza non è nei particolari o nel colorito, ma nella perfetta struttura della testa e dei lineamenti. Ma benchè essa non fosse ancora di mezza età, e i suoi capelli fossero castano chiari di una pienezza tizianesca per forma e colore, aveva un'espressione sulla bocca ed intorno agli occhi che faceva supporre che dei dolori l'avessero un po' logorata, come i venti logorano alla fine gli orli di un tempio greco. In realtà la piccola difficoltà domestica della quale ora essa parlava così decisamente, era piuttosto comica che tragica. Padre Brown desumeva dal corso della conversazione che Cray, l'altro buongustaio, dovesse andarsene prima della solita ora di colazione; ma che Putnam, suo ospite, per non essere privato d'un banchetto finale con un vecchio compare, avesse disposto per uno speciale dèjuner da apparecchiare e consumare nel corso del mattino, mentre Andreina ed altre più gravi persone erano alla funzione sacra. La donna vi si recava scortata da un suo congiunto e vecchio amico, il dottor Oliver Oman, il quale, sebbene uomo di scienza alquanto rigido, era entusiasta per la musica e andava anche in chiesa a sentirla. Non vi era niente in tutto ciò che potesse concepibilmente aver rapporto con l'espressione dolorosa del viso di Miss Watson; così, per un istinto semi-cosciente, Padre Brown si volse di nuovo all'apparente lunatico che sradicava, intorno, l'erba. Quegli, girata verso di lui la testa, si alzò di scatto come un po' sorpreso della continua presenza dell'altro. E difatti Padre Brown, per ragioni ottime, note a lui solo, aveva indugiato più a lungo di quel che la cortesia richiedesse, o anche l'educazione permettesse.

— Ebbene, – gridò Cray con occhi selvaggi. – Suppongo che voi pensiate che io sia matto come gli altri?

— Ho considerato la tesi, – rispose il piccolo uomo, con compostezza. – Ed inclino a credere che non lo siate.

— Che intendete dire? – proruppe Cray, in modo del tutto selvaggio.

— I veri pazzi, – spiegò Padre Brown, – incoraggiano sempre la loro propria morbosità. Ma voi cercate di trovare le tracce del ladro anche quando non ve n'è alcuna. Voi lottate contro ciò. Voi avete bisogno di quello di cui un uomo pazzo non ha bisogno mai.

— E che cosa è?

— Voi avete bisogno di mostrarvi cattivo, – disse Padre Brown.

Durante le ultime brevi parole, Cray era balzato o barcollato in piedi con occhi agitati. – Per l'inferno, ma questa è la vera parola, – gridò. – Qui tutti mi sono contro e vanno dicendo che il furfante cercava soltanto l'argenteria, come se io pel primo non fossi contento di pensare che la cosa sta proprio così. – Ed egli scosse la sua nera testa verso Andreina: – Essa si è scagliata contro di me accusandomi di crudeltà per avere sparato contro un povero ladro innocente, e aggiungendo che io ho il diavolo in corpo contro i poveri indigeni inoffensivi. Eppure, ero uomo di buon cuore, una volta... di buon cuore come Putnam. Dopo una pausa aggiunse: – Ecco, non vi ho mai visto prima, ma voi giudicherete dell'intero racconto. Il vecchio Putnam ed io eravamo amici, nella stessa compagnia, ma a causa degli avvenimenti sul confine dell'Afganistan, io ebbi il comando del reggimento molto più presto che non avvenga di solito; però entrambi rimanemmo ammalati a casa, per un pezzo. Io presi a servizio Andreina, e viaggiammo insieme tutti e tre, al ritorno. Ma nel viaggio di ritorno accaddero delle cose curiose. Il risultato di queste è che Putnam desidera che la faccenda abbia fine, e Andreina tiene in sospeso la decisione... ed io so che cosa essi hanno in mente. So che cosa essi pensano di me: come pensate voi.

— Ebbene, ecco i fatti: l'ultimo giorno di dimora in una città indiana, io chiesi a Putnam dove potessi acquistare dei sigari Trichinopoli, ed egli mi indicò un piccolo posto di fronte al suo alloggio. Poi ho dovuto riconoscere che egli aveva pienamente ragione; ma di fronte è una pericolosa espressione, quando si tratta di una casa decente di fronte a cinque o sei altre squallide. Ed io dovetti sbagliare la porta. Mi fu aperto con difficoltà e nel buio; ma mentre facevo per voltarmi, la porta mi si chiuse alle spalle e si fissò con un rumore come di catenacci innumerevoli. Non vi era altro da fare che andare avanti, il che feci, un passo dietro l'altro, attraverso un buio nero come la pece. Poi giunsi ad una branca di gradini e poi ad una persiana fermata da un saliscendi di ferro, adorno all'orientale, che io potei sentire soltanto per il tatto, ma che sollevai, alla fine. Uscii nuovamente nelle tenebre che s'erano però mutate in un verdastro crepuscolo, in causa di una moltitudine di piccole ma ferme lampade accese al basso. Esse facevano vedere unicamente le basi e gli orli di una smisurata e vuota architettura. Proprio di fronte a me, vi era qualcosa che pareva come una montagna. Confesso che quasi caddi sulla grande piattaforma di pietra dove ero emerso nel comprendere che era un idolo, per giunta con le parti posteriori rivolte verso di me.

— Era una figura umana a metà; o tale almeno appariva in causa di una tozza testa e di una specie di coda che si arrotolava e indicava come un grosso dito schifoso, un simbolo inciso al centro del vasto deretano di pietra. Avevo cominciato, nella debole luce, a indovinare i geroglifici, non senza orrore, quando successe una cosa più orribile. Una porta si aprì silenziosamente nel muro del tempio, dietro di me, ed un uomo ne uscì, con una faccia bruna, vestito di nero. Egli aveva un sorriso come scolpito sulla sua faccia color di rame e denti di avorio; ma penso che la cosa più odiosa in lui fosse il fatto ch'era vestito all'europea. Ero preparato, credo, a veder preti avvolti in sudarî, o fachiri nudi; ma quell'apparizione sembrava significare che la stregoneria aveva invaso tutta la terra. E difatti poi ho potuto constatare che così è.

— Se voi aveste soltanto visti i piedi della scimmia – disse quella figura sorridendo continuamente e senza altro preambolo – noi saremmo stati molto gentili... Vi avremmo solamente torturato, ed ucciso. Se voi aveste veduto la faccia della scimmia noi ci saremmo mostrati molto moderati, molto tolleranti... Vi avremmo torturato e lasciato in vita. Ma siccome avete visto la coda della scimmia, dobbiamo pronunziare la peggiore sentenza. La quale è... di lasciarvi libero.

Mentre egli diceva tali parole sentii il saliscendi di ferro lavorato col quale avevo lottato, aprirsi automaticamente, e lontano, giù per gli oscuri passaggi da me attraversati, la pesante porta della strada smuovere i proprii catenacci.

— È vano domandare misericordia; voi dovete andarvene, – disse l'uomo sorridente. – Da ora innanzi basterà un capello a uccidervi come una spada, e un soffio a morsicarvi come una vipera, non vedrete spuntar le armi contro di voi da nessuna parte, ma morrete parecchie volte. – E nel dir questo egli fu come inghiottito ancora una volta dal muro; ed io uscii sulla strada.

Cray si fermò, e Padre Brown, senza ostentazione, sedette sull'erba e cominciò a cogliere margheritine.

Allora il soldato continuò:

— Putnam, naturalmente, col suo famoso senso comune, prese in burla le mie paure e da allora è sorto il suo dubbio sul mio equilibrio mentale. Ebbene, io vi dirò semplicemente, il più brevemente possibile, le tre cose che sono avvenute da allora; e voi giudicherete chi di noi abbia ragione.

La prima accadde in un villaggio indiano, sull'orlo della jungla a centinaia di miglia dal tempio nel quale la maledizione era stata gettata sopra di me. Mi svegliai, una buia mezzanotte e rimasi sveglio nel letto senza pensare a nulla di particolare, quando sentii una cosa debole e solleticante come un filo od un capello strisciarmi sulla gola. Mi ritrassi dal suo contatto, e non potei fare a meno di pensare alle parole dettemi nel tempio. Ma quando mi alzai e cercai la luce ed uno specchio, vidi il mio collo segnato da una riga sanguigna.

«La seconda accadde in un alloggio, a Port Said, dopo il nostro viaggio di ritorno. Ci trovavamo in un luogo che stava tra la taverna e la bottega di curiosità; e benchè colà non vi fosse niente che potesse comunque far pensare al culto della scimmia, poteva darsi però che qualcuna delle immagini dei talismani del culto fosse in un simile luogo. La maledizione era là, in ogni modo. Mi svegliai di nuovo al buio, con una sensazione che non potrebbe essere più precisamente e letteralmente definita se non con queste parole: di un soffio che mordeva come una vipera.

«Il vivere mi parve l'agonia di una lenta consumazione; battei la testa contro i muri, alla fine contro la finestra, e caddi, più che non saltassi nel giardino. Putnam, povero amico, che aveva giudicato l'altro segno come una casuale graffiatura, fu costretto a considerare sul serio il fatto di avermi trovato all'alba quasi svenuto sull'erba. Ma temo che fu il mio stato mentale a fargli considerare sul serio la cosa, e non la mia storia.

«La terza avventura fu a Malta. Eravamo in una fortezza, dove, quando la cosa accadde, avevamo due camere da letto che guardavano sopra il mare aperto il quale sarebbe giunto ai davanzali delle finestre se non ci fosse stato un muro esterno bianco, basso e spoglio come il mare. Mi svegliai di nuovo; ma non era buio. C'era la luna piena quando andai verso la finestra; avrei potuto vedere un uccello sopra la cresta scoperta del castello o una vela all'orizzonte. Vidi invece una specie di bastone o di ramo roteante che si manteneva nel vuoto del cielo. Esso volò diritto alla mia finestra e frantumò la lampada vicino al cuscino che avevo appena lasciato. Era una mazza di guerra di strana forma, come ne usano alcune tribù orientali. Ma esso era venuto da mano non umana».

Padre Brown gettò una coroncina di margheritine che stava intrecciando e si alzò con aria pensosa.

— Il Maggiore Putnam, – domandò – acquistava oggetti di curiosità orientali, idoli, armi, e simili, delle quali si potesse aver notizia?

— Una quantità di queste cose, benchè non molto utili, temo – rispose Cray, – ma, ad ogni modo, entrate nel suo studio.

Nell'entrare essi passarono davanti a Miss Watson che si stava abbottonando i guanti, per recarsi in chiesa e udirono la voce di Putnam al pianterreno che ancora teneva al cuoco una specie di conferenza sulla cucina.

Nello studio del Maggiore, pieno di curiosità, essi s'imbatterono in una terza persona in cappello di seta e abito da passeggio, che studiava attentamente un libro aperto sopra un tavolo per fumatori... un libro che egli mise da parte alquanto imbarazzato, voltandosi. Cray lo presentò abbastanza cortesemente, come il dottor Oman, ma mostrò tale contrarietà sulla faccia, che Brown pensò subito che i due uomini, lo sapesse o non lo sapesse Andreina, erano rivali. Nè si può dire che il prete non ne rimanesse male impressionato. Il dottor Oman era difatti un gentiluomo molto ben vestito, e di belle fattezze, benchè sin troppo scuro per un asiatico. Ma Padre Brown ebbe a dire a se stesso, acutamente, che bisognerebbe essere indulgenti anche verso quelli che impomatano le loro barbe a punta, che hanno piccole mani guantate e parlano con voce perfettamente modulata.

Cray sembrò cercare qualcosa di specialmente irritante nel piccolo libro di preghiere che le mani guantate di scuro di Oman reggevano. – Non sapevo che fosse roba di vostro gusto – disse piuttosto bruscamente.

Oman rise con mitezza e senza offendersi. – Questo è più adatto, lo so, – disse, posando la mano sul grosso libro che aveva messo da parte, un dizionario di droghe e simili.

— Ma è un po' troppo voluminoso per portarlo in chiesa. – Poi egli chiuse il libro più grande ed allora apparve di nuovo in lui un lieve moto di fretta e di imbarazzo.

— Crede, – disse il prete, come ansioso di cambiar argomento, – che tutte queste lance e questi altri oggetti vengano dall'India?

— Da ogni parte, – rispose il dottore. – Putnam è un vecchio soldato ed è stato al Messico, in Australia, nelle isole dei cannibali, dappertutto, ch'io sappia.

— Spero che non sia stato nelle Isole dei Cannibali ad imparare l'arte della cucina. – E girò per spingere il suo sguardo sopra i vasi da acqua e altri strani utensili appesi al muro.

In quel momento, il gaio soggetto della loro conversazione cacciò la sua sorridente faccia di gambero nella camera: – Su, via Cray, – gridò, – la vostra colazione è pronta. E le campane suonano per quelli che vogliono andare in chiesa.

Cray corse di sopra a cambiarsi, il dottor Oman e Miss Watson scesero solennemente giù in strada, con una fila di altri che andavano alla chiesa; ma Padre Brown osservò come il dottore due volte guardasse indietro e scrutasse la casa ed inoltre tornasse indietro all'angolo della strada, imbarazzato.

— Egli non può essere stato alla cassetta della spazzatura, – borbottò. – Certo, non con quel vestito. O forse era qui ancor prima?

Padre Brown quando aveva rapporti con altre persone era sensibile come un barometro, ma quel giorno sembrava sensibile come un rinoceronte. In modo antisociale, e contravvenendo a norme rigide e implicite, egli pareva che ritardasse la colazione degli amici anglo-indiani, e indugiava, cercando di mascherare il suo disagio con torrenti di conversazione divertente ma completamente inutile. E il più imbarazzante era questo, che sembrava non desiderare alcuna colazione. Mentre, l'uno dopo l'altro venivano presentati ai due Kedgerees, o risi all'indiana cucinati nel modo più squisito, accompagnati con vini adatti, egli ripeteva soltanto che quello era uno dei suoi giorni di digiuno e masticava un pezzo di pane e sorseggiava e poi lasciava un insipido bicchiere di acqua fredda. Il suo parlare però era esuberante.

— Vi dirò quello che farò per voi, – gridò egli, – vi preparerò un'insalata. Non posso mangiarla, ma ve la condirò come un angelo. Là, c'è una lattuga?

— Sfortunatamente è la sola cosa che noi abbiamo, – rispose l'allegro Maggiore. – Dovete ricordarvi che la mostarda, l'aceto, l'olio e il resto sono spariti con l'oliera e il ladro.

— Lo so, – replicò Brown piuttosto vagamente. – Questo ho sempre temuto che succedesse. Ed è per questo che porto sempre in giro con me un'oliera. Mi piace molto l'insalata. – E con meraviglia dei due amici, estrasse un macinino del pepe dalla tasca del panciotto e lo posò sulla tavola.

— Mi stupisce parecchio il fatto che il ladro abbia avuto anche bisogno di mostarda, – soggiunse, prendendo un vaso di mostarda da un'altra tasca.

— Una salsa di mostarda, suppongo. Ed ecco l'aceto, – disse porgendo quel condimento. – Quanto all'olio, credo, d'averlo messo nella tasca sinistra...

La sua garrulità si arrestò un istante, perchè, alzando gli occhi, egli vide ciò che nessun altro vedeva... la nera figura del dottor Oman che stava nel prato assolato e guardava costantemente nella camera. Prima che egli potesse completamente riprendersi, Cray proruppe:

— Voi siete un tipo sorprendente, – disse fissandolo. – Io verrò ad ascoltare i vostri sermoni, se sono così divertenti come le vostre maniere. – La sua voce cambiò un poco ed egli si appoggiò indietro sulla sedia.

— Oh, vi sono sermoni anche in un'oliera, – disse Padre Brown molto gravemente. Avete voi sentito parlare della fede come di un grano di senape o della carità che unge come olio? E quanto all'aceto chi può dimenticare quel solitario soldato che quando il sole si oscurò...

Il Colonnello si chinò avanti ed afferrò la tovaglia.

Padre Brown, che preparava l'insalata, versò due cucchiaini della mostarda nel bicchiere d'acqua ch'era innanzi a lui, si alzò e disse con voce nuova bassa e improvvisa:

— Bevete questo.

Nello stesso momento, il dottore immobile nel giardino, sopravvenne correndo e aperta bruscamente la finestra, gridò:

— Occorre l'opera mia? È stato avvelenato?

— Presso a poco, – disse Padre Brown con l'ombra di un sorriso, perchè l'emetico aveva fatto effetto molto presto. E Cray giaceva in una poltrona sospirando come per vivere, ma vivo.

Il Maggiore Putnam balzò in piedi con la faccia screziata di paonazzo: – Un delitto! – gridò raucamente. – Andrò a chiamare la polizia.

Il prete potè udirlo che strappava dal piuolo il suo cappello di foglia di palma e si precipitava fuori dalla porta d'ingresso; e udì sbatacchiare la porta del giardino. Ma egli rimase a guardare Cray; e dopo un silenzio disse tranquillamente. – Non vi parlerò molto; ma vi dirò quello che avete bisogno di sapere. Non vi è maledizione sopra di voi. Il Tempio della scimmia fu piuttosto una coincidenza o una parte dell'inganno; l'inganno era quello di un uomo bianco. Vi è una sola arma che può apportare sangue con un contatto come di piuma; un rasoio tenuto da un uomo bianco. Vi è una sola maniera di rendere una camera comune piena di invisibile e soffocante veleno: aprendo la chiave del gas; ed è delitto di uomo bianco. E vi è solamente una specie di bastone che può essere lanciato fuori da una finestra, girare nell'aria e tornare indietro alla finestra vicina: il boomerang australiano. Ne vedrete qualcuno nello studio del Maggiore.

Dopo ciò, egli uscì fuori e parlò un momento col dottore. Un momento dopo, Andreina Watson sopravveniva correndo nella casa e cadeva in ginocchio davanti la sedia di Cray. Egli non poteva udire che cosa essi si dicessero, ma i loro visi esprimevano lo stupore, non l'infelicità.

Il dottore e il prete camminarono lentamente verso la porta del giardino.

— Penso che il Maggiore fosse anche troppo innamorato di lei, – disse Padre Brown con un sospiro; e quando l'altro accennò col capo, osservò: – Voi siete stato molto generoso, dottore. Avete compiuta una bella azione. Ma che cosa vi fece sospettare?

— Un piccolissimo indizio, – disse Oman, – che però mi tenne irrequieto in chiesa, finchè non tornai indietro per vedere se tutto andava bene. Quel libro sulla sua tavola era un trattato sui veleni; ed era rimasto aperto in un punto dove esponeva come un certo veleno indiano, mortale e difficile a scoprire, fosse particolarmente facile ad essere rigettato. Credo che egli leggesse ciò all'ultimo momento...

— E ricordaste che vi erano emetici nella oliera, – disse Padre Brown. – Esattamente. Egli buttò l'oliera nella cassetta della spazzatura, dove io l'ho trovata insieme col resto dell'argenteria, per simulare un furto. Ma se voi osservate quel vaso del pepe che ho messo sulla tavola vedrete un piccolo foro. È dove la palla di Cray colpì, scuotendo il pepe e producendo lo starnuto al ladro.

Allora il dottor Oman disse cupamente:

— Il Maggiore impiega molto tempo a cercare la polizia.

— O la polizia a cercare il Maggiore, – osservò il prete. – Ebbene, addio.