<dc:title> La rivoluzione di Napoli nel 1848 </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Ferdinando Petruccelli della Gattina</dc:creator><dc:date>1850</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Petruccelli - La rivoluzione di Napoli nel 1848, Genova, Moretti, 1850.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=La_rivoluzione_di_Napoli_nel_1848/49._Caduta_di_Roma&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20240422091846</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=La_rivoluzione_di_Napoli_nel_1848/49._Caduta_di_Roma&oldid=-20240422091846
La rivoluzione di Napoli nel 1848 - 49. Caduta di Roma Ferdinando Petruccelli della GattinaPetruccelli - La rivoluzione di Napoli nel 1848, Genova, Moretti, 1850.djvu
[p. 185modifica]49. A Gaeta intanto la impazienza pontificale non sapeva più contenersi. A Pio IX tardava finirla con la repubblica romana, la quale, con la sua prosperità e con i suoi atti, era un’accusa permanente contro il pontificato, ed ogni giorno che passava aggiungeva un foglio al processo. La spedizione fu perfettamente concertata fra le tre potenze, la Francia messa in dimora. Se non vuoi concorrere con noi, le si disse, faremo senza di te, ed un giorno contro di te. Le fu dato dunque una specie di perentorio inesorabile come il cerchio di Popilio. La spedizione fu decisa. Ho d’uopo di aggiungere altro? Il martirio di Roma è troppo noto. La Costituente francese, ingannata da Odillon Barrot, non sapeva essa stessa cosa avesse decretato. Sua intenzione certamente non era di decretare il supplizio dell’eterna città. Atterrita dal fantasma austriaco, che pure poteva scongiurare con un arrestati, o varco le Alpi! affascinata da non so che di vago, di cattolicismo in pericolo, di violenze, di violazioni, cui il perfido ministero dava vita e colore, credette intervenire per salvare la libertà. La Legislativa che successe consumò il sacrifizio. Ma questa lo consumò di proposito deliberato, premeditatamente, espressamente. Volle uccidere la repubblica romana, non potendo uccidere la francese. Era una rabbia interiore che la divorava, e che [p. 186modifica]bisognava sfogare con qualcheduno. Era un livore lungamente cumulato contro la democrazia, e bisognava saziarlo. Era una protesta innanzi all’Europa dei suoi sentimenti, dei principii che portava venendo alla luce; era un pegno che aveva bisogno di offrire all’assolutismo europeo. Al 2 luglio 1849 il grande sacrifizio era consumato. La tela cadeva, e dietro di essa, sopra un grande ossuario apparivano, le mani l’una nell’altra conserte, Radetzky, Ferdinando di Napoli e Pio IX. Il successore di colui che aveva detto: imparate da me che son mite ed umil di cuore! il sedicentesi vicario di colui che aveva detto: fra voi non sarà nè primo nè ultimo; e chi vuol divenir grande sia ridotto a servire; perchè il figlio dell’uomo per servire venne, non per essere servito; Pio IX aveva data la missione di distrugger coloro, che aveva l’impudenza di chiamar suoi figliuoli, ai due più grandi ribaldi dei tempi moderni, ed imposta la sua sovranità con la mitraglia ed i razzi alla congrève. Il più grande delitto politico dopo la dilacerazione di Polonia, era consumato; il chiodo di Sisara riconficcato nel cuore all’Italia! Roma ritornava un deserto, così squallido, così tetro, che Pio IX esso stesso ripugnava a rientrarvi, e ricusava persino di vedersi umiliati ai piedi i figli di Voltaire, i quali lo supplicavano di scendere nel sepolcro che gli avevano apparecchiato. Sul Campidoglio intanto l’altare della vittoria, rovesciato dai papi per istallarvi un imbecille fraticello, è stato rialzato, e sulle sue tavole stanno scritti due nomi che non morranno mai più, quello di Mazzini e quello di Garibaldi.