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gnava sfogare con qualcheduno. Era un livore lungamente cumulato contro la democrazia, e bisognava saziarlo. Era una protesta innanzi all’Europa dei suoi sentimenti, dei principii che portava venendo alla luce; era un pegno che aveva bisogno di offrire all’assolutismo europeo. Al 2 luglio 1849 il grande sacrifizio era consumato. La tela cadeva, e dietro di essa, sopra un grande ossuario apparivano, le mani l’una nell’altra conserte, Radetzky, Ferdinando di Napoli e Pio IX. Il successore di colui che aveva detto: imparate da me che son mite ed umil di cuore! il sedicentesi vicario di colui che aveva detto: fra voi non sarà nè primo nè ultimo; e chi vuol divenir grande sia ridotto a servire; perchè il figlio dell’uomo per servire venne, non per essere servito; Pio IX aveva data la missione di distrugger coloro, che aveva l’impudenza di chiamar suoi figliuoli, ai due più grandi ribaldi dei tempi moderni, ed imposta la sua sovranità con la mitraglia ed i razzi alla congrève. Il più grande delitto politico dopo la dilacerazione di Polonia, era consumato; il chiodo di Sisara riconficcato nel cuore all’Italia! Roma ritornava un deserto, così squallido, così tetro, che Pio IX esso stesso ripugnava a rientrarvi, e ricusava persino di vedersi umiliati ai piedi i figli di Voltaire, i quali lo supplicavano di scendere nel sepolcro che gli avevano apparecchiato. Sul Campidoglio intanto l’altare della vittoria, rovesciato dai papi per istallarvi un imbecille fraticello, è stato rialzato, e sulle sue tavole stanno scritti due nomi che non morranno mai più, quello di Mazzini e quello di Garibaldi.

50. Re Ferdinando aveva lavorato dieciotto anni a crearsi un esercito. Ogni giorno aveva condotti i soldati