La regola di san Benedetto/Modo di assistere
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Traduzione dal latino di Francesco Leopoldo Zelli Jacobuzi (1902)
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III.
DEL MODO DI ASSISTERE AL S. SACRIFICIO DELLA MESSA
Se è vero dunque che in questo
divino mistero Gesù Cristo, fattosi
vittima e sacerdote, rende a Dio quel
giusto tributo di adorazione e di lode
che gli è dovuto, ed intercede in
nostro favore; e offerendosi in sacrifizio
s’interpone fra la collera di Dio e i
nostri peccati colla realtà della sua
presenza in un mistero che
rappresenta la sua morte; se tanto grandi e
innumerabili sono i benefizi che dalla
oblazione di questo divino olocausto
possiamo ricavare, non dovremmo
mancare di assistervi, se ci fosse
possibile, ogni giorno; ma più
specialmente in quelli consacrati al servizio
di Dio noi dobbiamo assistervi con tale
attenzione, rispetto e devozione, da render manifesta la nostra Fede in
quel mistero. E come se fossimo stati
presenti sul Calvario, quando il nostro
Salvatore s’immolò sulla Croce per
noi, saremmo stati penetrati di dolore,
di compunzione e di amore a sì
toccante spettacolo; così dai medesimi
sentimenti dobbiamo essere penetrati
ogni qual volta assistiamo a questo
sacrosanto sacrifizio del corpo e del
Sangue di Gesù Cristo; sacrifizio che
Cristo medesimo e con lui tutta la
Chiesa offre a Dio per tutti i fedeli
vìventi, e per quelli che penano nel
purgatorio.
Coloro però i quali si sono allontanati da Dio con peccare gravemente, debbon riflettere, che la Chiesa nostra madre è sempre stata talmente persuasa della santità di questo divino Sacrifizio, che allorquando ne’ primi tempi fiorivano nel fervore i suoi figli non permetteva essa l’assistere alla celebrazione di sì grandi misteri a coloro i quali erano caduti in qualche grave colpa; e i penitenti medesimi, durante il tempo della loro pubblica penitenza, non potevano trovarsi presenti, se non a quella parte della Messa che chiamavasi la Messa de’ Catecumeni. La disciplina della Chiesa è presentemente mutata, e vuole che assistano alla celebrazione del Santo Sacrifizio coloro anche i cui peccati dovrebbero escluderli almeno per qualche tempo. Se mutata però è la disciplina, lo spirito della Chiesa cattolica, che è quello di Dio, è sempre lo stesso. Essa vuole adunque che i peccatori penitenti i quali assistono alla santa Messa, si ricordino che son trattati con molta indulgenza e carità; che le cose sante sono pei santi, e che se essi si trovano esternamente mescolati nel numero de’ veri discepoli di Gesù Cristo, se ne debbono però considerare segretamente separati; e per conseguenza debbono portarvi quei sentimenti di umiltà e di contrizione, che altra volta apparivano anche al di fuori per la segregazione del luogo e per la veste di penitenza.
Sapposte tali verità, il peccatore penitente, prima di presentarsi al Sacrifizio della Messa, dovrà purificarsi avanti al Signore per mezzo del sacrifizio di un cuore contrito ed umiliato: si laverà nelle sue lacrime, rinunzierà di tutto cuore al peccato, ed userà con un santo e salutare timore dell’indulgenza che ora la Chiesa gli accorda, di assistere al sacrifizio del Corpo e del Sangue di Gesù Cristo, l’alleanza del quale ei profanò col peccare. E rivestendo le disposizioni del pubblicano evangelico, il quale, penetrato da’ sentimenti di una sincera umiltà, stavasi nel fondo del Tempio, né ardiva di alzar gli occhi dal cielo, e percuotendosi il petto, prorompeva in queste umili parole: Signore, sii propizio a me peccatore. — E così il peccatore penitente, immerse nella considerazione salutare delle proprie miserie, dovrebbe starsi non tanto vicino all’Altare, cogli occhi volti alla terra, in Cristiano raccoglimento, e prendere dalla propria coscienza, come da un libro bene adattato per sé, la formola delle sue preghiere.