La regola di san Benedetto/Capitolo 53
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Traduzione dal latino di Francesco Leopoldo Zelli Jacobuzi (1902)
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Come si debbano ricevere gli Ospiti.
CAP. 53.°
Tutti gli ospiti che arrivano, siano
ricevuti come se fosse Cristo Signore;
poiché egli dirà un giorno: Fui ospite,
e voi mi riceveste. — Ed a tutti sia
reso conveniente onore, ma molto più
a quelli della nostra stessa Fede e ai
pellegrini.
Appena che dunque sarà stato annunziato un ospite, gli vadano incontro il superiore o i Fratelli con ogni espressione di carità; e primieramente preghino insieme, e così si accompagnino in pace con esso. Il qual saluto di pace non si dia, se non dopo l’orazione, per isfuggire le illusioni diaboliche. Nello stesso saluto poi si mostri grande umiltà, sia nell’arrivare sia nel partire ciaschedun’ospite. Col capo chino, con tutto il corpo prostrato in terra, si adori Cristo, il quale in persona di loro si riceve. Gli ospiti, così ricevuti, si conducono nell’Oratorio, e poscia sieda con essi il Superiore o chi sarà da lui destinato. Leggasi alla presenza dell’Ospite la santa Scrittura, per dargli edificazione; e quindi sia trattato con ogni umanità. Il Superiore rompa anche il digiuno per far compagnia all’ospite, salvo che non sia digiuno tanto speciale, da non potersi violare. I fratelli però osservino anche i digiuni di uso. L’Abbate dia l’acqua alle mani degli Ospiti; tutti poi, così l’Abbate come l’intiera Comunità, lavino i piedi ad essi; e lavati che loro li abbiano, dicano questo verso: Suscepimus Deus misericordiam tuam in medio templi tui. —
Principalmente si abbia grande e sollecita cura nel ricevere i poverelli e i pellegrini, perocché in essi massimamente si riceve Cristo. Infatti la potenza, nei ricchi, si procaccia onore da sé stessa.
La cucina dell’Abbate e degli ospiti sia a parte; affinchè sopravvenendo in certe tali ore gli ospiti, che non mancan mai nel monastero, essi non disturbino i Fratelli. In questa cucina entrino ad anno due fratelli, che siano al caso di adempiere un tale uffizio. Ad essi, secondo il bisogno, siano aggiunti compagni, perchè servano senza lamentarsi. All’incontro, quando hanno piccola occupazione, escano, dove loro si comandi, al lavoro.
E non solamente in questi, ma anche in tutti gli altri impieghi del monastero, si abbia questa considerazione; che quando necessitano, siano aggiunti compagni a chi fatica; e poi, quando sono senza lavoro, facciano i lavori che son loro imposti.
Similmente alla camera degli Ospiti sia assegnato un fratello, pieno l’anima del timore di Dio; e vi siano letti convenientemente acconciati; e, come nella casa di Dio, tutto sia sapientemente da persone sapienti amministrato. Niuno però, a cui non sia stato comandato, si accompagni o parli per veruna guisa cogli Ospiti. Ma se s’imbattesse con loro o li vedesse, salutatili umilmente, come dicemmo, e chiesta loro la benedizione, passi oltre, dicendo che a lui non è lecito parlare coll’Ospite.