VIII. Akkis a Melissarion

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VII IX


Lasciami stare, non ho voglia di baie, non ho bisogno di nulla. Come vuoi ch’io sorrida e dia ascolto alle tue ciancie se il desiderio, la malinconia e la gelosia mi vogliono morta? Sono come la fanciulla di Mileto che non poteva durare nel letto vedovo e freddo e che sospirava sempre verso il compagno della sua gioja e della sua vita, oh quanto ed invano!

Ma tu mi consigli bene! Tu mi metti delle farfalle nere per il capo, tu mi fabrichi davanti dei sospetti e vuoi ch’io ti creda. E s’egli tornasse tra un giorno o due, ed io avessi fatto quanto mi proponi?

Ho goduto lo sfarzo e le ricchezze; non le pregio più: mi accontento di assai poco: di un pan d’orzo e miele, di qualche pera fresca, di un bossoletto d’acciughe salate, tutto ciò non è caro, ed in questo modo aspetto.

Non mi lamento. Un vasettino d’unguento di Fenicia, un crinale d’argento foggiato a mezza luna, un’exomis marinaresca ch’egli mi ha regalato e che mi scende bassa sulle coscie, un paja di coturnetti verdi di Corinto, un piccolo tappeto di Persia da stendere in un canto sulle pietre vicino alla fontanella del peristilio al fresco ed una foglia di palma conciata per farmi vento e per cacciare le mosche, tutto questo basta.

Ma sono libera, mi conservo perché meglio mi piaccia, e se ai moltissimi elessi uno solo, che hai tu a che vedere? Lo potrei ingannare se fossi ingorda di denaro o di bagordi, ma a che prò se non lo vuole il mio cuore? Ti ringrazio delle tue proferte, ma per oggi non penso a vecchiaja. Morire anche bisogna un giorno o l’altro, che importa se vestita di porpora e coperta di giojelli, o nuda con una semplice zona di velo sul ventre? Peserò meno, e troverò qualcuno che più facilmente e con minore fatica mi porterà a Karon. Riserba così la tua arte professa di banditore ad altre; il mio corpo, perché deve piacere, non ha bisogno d’esser lodato. Del resto i tuoi servigi, ricordo, si pagano caro, che l’amore che mi dimostri non è tutto gratuito. Non voglio dire o lasciar dire come moltissime: «Ho per padrone chi molto lucrò astuto navalestro sui viaggi per Cythera; per ciò passo per l’acque basse del porto, navicella radobbata e bene incavigliata a nuovo perché Venere mi veda con occhio benigno a staccarmi dalla spiaggia ed a balzar sui flutti». No, io non chiedo numeroso e galante equipaggio, non sciorino vele trasparenti e colorate; non pago l’araldo per far concorso di naviganti a me; non sono fatta per molte paja di remi: due braccia sole mi servono, e non temo in questo modo di sommergermi per troppo peso. Non avertene a male, Melissarion, se oggi non ti dò retta.