La mia vita, ricordi autobiografici/XIII

Capitolo XIII. L’Assuntina

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XII XIV
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XIII.

L’Assuntina.

Un ultimo aneddoto e la bambina si dileguerà, sparirà, per dar luogo alla giovinetta.

Il casamento di via degli Elisi aveva una soffitta abbastanza spaziosa, abitata da una famigliuola composta di padre, madre, due giovinotti e una ragazzetta della mia età: l’Assuntina. Essi non pagavano la pigione perchè la mamma disimpegnava a un dipresso l’ufficio di portinaia. Spazzava le scale tre volte la settimana, chiudeva e apriva il portone, portava l’acqua agli inquilini, ecc.

Il babbo e uno dei figliuoli facevano i muratori: l’altro, Poldino, il più giovane, era uomo di fatica ne’ teatri della città. Feci subito amicizia con l’Assuntina che non pareva affatto figlia di povera gente, tant’era pallida, gentile e bionda. In breve divenimmo inseparabili. Io le insegnai quanto sapevo ed ella, la dolce creatura, mise a mia disposizione tutti i libretti d’opera che suo fratello portava a casa.

In pochi mesi li avevo imparati tutti a mente e siccome la mia mamma e l’Assuntina ne conoscevano i motivi principali, così, a tredici anni appena, io cantavo con loro nelle belle sere d’estate (sulla larga terrazza da cui si dominava il piccolo cimitero) tutta la musica del Verdi, del Bellini, e del Donizetti. del Rossini non avevo (e non ho neppure ora!) grandi simpatie. Sentivo confusamente che egli era il maestro, ma alla sua [p. 81 modifica] arte meravigliosa preferivo una semplice frase del Verdi che mi faceva battere il cuore e mi metteva dei singulti nella gola.

Quest’Assuntina sì bianca, sì bionda e sì gentile, che cantava così dolcemente sotto la luce argentea del plenilunio, che m’aveva raccontato tante belle leggende sulle stelle e sui rosignoli, si ammalò di petto e in brevissimo tempo venne a morte. Non mi si permise di vederla durante la breve malattia infettiva e ognuno può immaginare la mia disperazione.

La mattina della sciagura, sua madre, la povera Carola, scese da noi. La mamma e il babbo erano dovuti uscire per affari, quindi io mi trovavo sola in casa con la Giovanna.

— Signorina mia — mi disse singhiozzando la sventurata — volevo veder la signora Ester per domandarle se avesse da darmi uno straccetto bianco per vestir la poverina... Mi sarebbe anche piaciuto di metterle due fiori in torno ... ma chi si arrischia a comprarli? sono tanto cari in questa stagione!

Io pensai subito a un certo vestitino di lanetta bianca a pallini azzurri, che mi stava d’incanto e che sarebbe stato pur bene anche alla piccola morta: ma mi ricordai subito di quanto mi aveva detto la mamma a proposito della roba data alla povera: che cioè, io, non potevo disporne, appartenendo essa a mio padre.

Allora, dopo una breve esitazione, corsi al salvadanaio in cui mettevo tutti i soldini risparmiati da me sulle merende o sui divertimenti e lo ruppi con una [p. 82 modifica] solenne bastonata. Conteneva quindici franchi che consegnai alla Carola, dicendole:

— Con cinque o sei lire le fai una veste di velo bianco e col resto la inghirlandi di fiori.

E siccome la buona donna esitava a prendere i denari:

— Sono proprio miei — aggiunsi con fierezza. — Quindi posso disporne come mi pare e piace!

La sera, mi fu concesso di andare a darle un ultimo addio e io provai un senso di materna tenerezza a vederla così bene accomodata per detto e fatto del mio piccolo sacrifizio.

Mentre sua madre e io le accomodavamo sul petto le lunghe ciocche dei biondi capelli spartiti sulla fronte, giunse la cameriera della signora Nerina accompagnata da un fioraio che reggeva a mala pena una immensa ghirlanda formata di gigli e di rose bianche: un tesoro, un poema di candore.

La Càrola proruppe in pianto, e mentre i due sopravvenuti disponevano i fiori intorno alla bellissima estinta, essa mi sussurrò all’orecchio, agitatissima:

— Avrò fatto bene ad accettarla, trattandosi della ... signora Nerina?

— Oh certo — risposi — l'Assuntina pregherà anche per lei, principalmente per lei ... povera signora Nerina!

E per tutta quella notte, e per tutto il giorno dopo, non riuscii a liberarmi da questo pensiero:

— Perchè nessuna delle signore oneste che abitavano il casamento aveva avuto la gentilezza di mandare un fiore alla povera morta?