La meteorologia applicata all'agricoltura/Prefazione
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PREFAZIONE.
Le facoltà e le arti tutte, avendo com’è noto, due parti: la teorica e la pratica, per essere operative, dovrebbero camminar tra loro sempre unitissime quasi anima e corpo, non mai disgiunte. La teorica sola rischia di fabbricare sopra dei supposti negati dalla natura, e di abbracciare invece di giunone la nube. La pratica, per difetto di lumi, o resta in un cieco meccanismo e in una servile imitazione senza mai nulla creare di nuovo, o perfezionare di vecchio, o fa degli sforzi vani, come tante volte accaduto si vede, colla produzione di macchine inutili e dispendiosissime, coi tentativi del moto perpetuo, non da altri che gente rozza e meccanica creduto possibile.
Se mai però una parte sola ed isolata vale qualche cosa, questa è la teorica, che infine è l’anima d’ogni arte. Così finchè la navigazione era in mano degl’ignari piloti, non fu per molti secoli che un mestiere materiale; ma dopo che gli astronomi vi prestarono i lumi loro, le navi valicarono arditamente l’oceano è ritornarono trionfanti dal giro del globo; ed i Renau, gli Allej, i Bernoulli, i Bouguer, i Poleni, perfezionando l’architettura navale, la manovra, il pilotajo, l’ancora, ed altre parti; crearono della navigazione una nuova scienza. E sempre quando alla pratica delle cose si aggiugne il lume della scienza e la specolazione degl’ingegni solidi, possonsi aspettare invenzioni nuove ed accrescimenti utilissimi per la vita e per lo stato. Così è fondata l’arte del commercio, e la scienza della pubblica economia, l’arte della guerra: e così, per parlare di soggetti più tenui, il Reaumur entrando nelle arti delle fornaci, delle fucine, della villa, discoprì i secreti della porcellana, del ferro bianco, di far nascere i polli colla stufa, di salvare gli alveari colto il melle, ed altri inestimabili ritrovati.
L’Agricoltura parimenti, fin che resta in mano del semplice e povero contadino, condannato alla gleba, non può mai sorgere, nè esser altro, se non che, come accennai, una cieca imitazione di pratiche materiali, nè si può, nè si deve aspettare, o esigere di più, da persone occupate nel lavoro, senza educazione, senza lumi, senza mezzi, senza soccorsi. Ella non può acquistare aumenti grandi, se non col presidio delle scienze, diventando ella stessa una scienza. Ella è infatti tale, il ramo più bello e più utile della Fisica.
La Fisica generale, la Chimica, la Botanica, l’Istoria Naturale sono quelle, che più sono aver influenza nell’Agricoltura e perciò hanno anche il primo diritto, e il primo dovere, di contribuire a illuminarla ed aumentarla. L’Astronomia, e la Meteorologia viene in parte supplita dalla comune, sebben oscura, osservazione, e da una specie di tradizione popolare. Che se, quanto le meteore influiscono sui prodotti della terra altrettanto la Meteorologia potesse ajutare l’arte istessa della campagna; questa avrebbe il luogo avanti di tutte; poichè, siccome lo dice un antico proverbio, non è realmente la terra tanto, quanto la qualità delle stagioni, quella che porta i frutti.
Or dacchè una volta dell’Agricoltura si è formata una scienza qual deve essere; quando per essa unicamente sonosi istituite Cattedre ed Accademie, come con sapienza ha fatto il Senato Veneto, e tanti altri Principi, allora è quando, senza vitupero e danno, non possono essere da essa le nominate scienze trascurate ed escluse. Columella nella prefazione de’ suoi libri d’Agricoltura, diffida di poter nella sua vita esaurire questa immensa disciplina: ed avendo enumerato le cognizioni naturali cosmografiche, e meteorologiche, necessarie a un illuminato agricoltore, conchiude che senza sommi lumi d’ingegno e di scienza squisitissima non si potrebbe mai conseguire quest’arte.
Or dunque ogni scienza, ogni professione contribuisca per la sua parte quanto può somministrare di lumi a quest’arte divina della campagna. Io dal mio canto, per quello spetta all’Astronomia, e molto più alla Meteorologia ho procurato di prestare con questo Trattato quanto la mia professione poteva coi mezzi presenti e colla misura delle mie tenui forze produrre.
Sono ormai cinque anni, dall’epoca incirca della istituzione delle Accademie d’Agricoltura in questo Serenissimo Dominio, ch’io travaglio indefessamente per illustrare la per lo innanzi oscurissima materia delle meteore; e sempre ho procurato di dirigere que sti studj al beneficio degli uomini e in particolare all’uso dell’Agricoltura, come si vede nel Saggio Meteorologico 1770. ove ho abbozzato tutti questi pensieri, nel Giornale che da tre anni ho fatto pubblicare per uso de’ coltivatori, ed in altre mie stampe.
Ultimamente la Società Reale delle scienze di Montpellier avendo proposto il Problema dell’Applicazione della Meteorologia all’Agricoltura, mi porse motivo di trattare questa materia e di ridurre il mio sistema, qualunque sia, a quella perfezione che fin ora per me poteva ottenere.
La Società Reale avendo premiata questa Memoria ed avendola stampata nell’Idioma Francese, in cui l’ho scritta; per uso della nazione nostra, e principalmente delle nostre Accademie, ho creduto doverla produrre anche in Italiano, in questo frattempo accresciuta e meglio perfezionata.
Io non darò a questo trattato, nè per il lavoro mio, nè per il profitto dell’Agricoltura, più d’importanza di quello meriti. Se tal libro mancava all’Agricoltura, e se soddisfa, come la proposizione e il giudizio dell’Accademia il comprova, non deve essere spregiato. Per altro ognuno contribuisca, come dissi, quello che la sua professione porta, che sarà forse di maggior momento. Io per me ho procurato di far il dover mio e come professore, e come accademico.
Il trattato di Meteorologia applicata all’Agricoltura che esibisco, contenendo tutto quello che può aver relazione a questo soggetto, fin che non esca di meglio, potrà servire a’ coltivatori nostri per una spezie di codice meteorologico campestre. Ma per l’uso maggiore si richiede qualche cosa di più.
Il mio Libro dimostra fin dove si possono estendere le congetture ragionevoli sulle stagioni e su i tempi: io le ho condotte a indicare in certo modo le qualità degli anni, dei mesi, dei giorni e fin quasi delle are. Ma bisogna applicare questi principj al particolare di ciascun anno, e ridurre la cosa a portata del popolo. A tal oggetto serve l’Almanacco, o Giornale Astro-Meteorologico, quale per prova si è da me assaggiato negli anni addietro, e di cui l’Accademia approva il progetto; che in piccola mole, di poco prezzo, dimostri i punti di osservazione, e insegni anche il metodo di far l’osservazioni mateorologiche. Questo Almanacco si cercherà che esca con miglior forma e correzione degli anni passati; lo stampatore istesso di questo libro ne averà cura.
Per l’estenfione poi della scienza, non saprei a bastanza raccomandare la continuazione e moltiplicazione delle osservazioni meteorologiche a chiunque ne sia a portata, ma particolarmente alle Accademie d’Agricoltura. Queste dovrebbero procurare, che alcuni de’ membri loro sparsi per la campagna, (e dovrebber prendervi parte anche li Curati) nei loro distretti facessero le osservazioni Botanico-meteorologiche, come si vede praticato dalle Accademie di Parigi, di Berna, ed altre; notando cioè il progresso e gli accidenti dei prodotti della terra in confronto delle meteore e delle stagioni, perchè così se ne vedrebbe l’effetto. Tutte queste osservazioni raccolte dovrebbero discutersi redigersi e pubblicarsi di anno in anno, e a capo di molti anni; che felici noi se così avessero operato i nostri maggiori. Se a me alcuno volesse indrizzarle, mi farà grazia, ne farò uso colla dovuta lode all’autore. In particolare prego chiunque trovasse Memoria di accidenti notabili nell’aria e nella terra, temporali, gragnuole, nebbie siccità, umidità, sterilità o abbondanza di annate e d’altri fenomeni particolari, colle circostanze più minute, che si possono avere, del luogo e del tempo (poichè importa di saper tutto se fi può in dettaglio) io lo prego, dico, di parteciparlo; poichè tutto serve di lume o per una vista, o per un’altra. Il Calendario Generale al fine di questo libro ne può esser indicio.
Non posso terminare senza adempire un dovere, ed è quello di attestare di nuovo la riconoscenza che devo alla Memoria dell’immortale Signor Marchese Poleni, senza le cui osservazioni meteorologiche di quarant’anni, favoritemi dalla gentilezza delli nobili suoi Figli, io non avrei potuto eseguire, nè pure intraprendere o concepire quest’opera.