La maestrina degli operai/IX
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IX.
Ora, come poteva continuare a far la scuola senza ristabilir la disciplina? E in qual modo ristabilirla? Pensò a chiedere aiuto al Garallo; ma lo conosceva: egli l’avrebbe esortata a pazientare ancora, ripetendole la promessa di farsi vedere quando le cose fossero andate più in là. Poteva ricorrere al soprintendente, il cavalier Sanis, proprietario della grande fabbrica di ferramenti; ma era un benedett’uomo irreperibile, sempre a Torino quando lo cercavano a Sant’Antonio, sempre qui quando lo volevano là; oltrechè s’era fatta una legge comoda, di non mai immischiarsi con operai fuori della fabbrica. La maestra era ancora in quest’incertezza la sera dopo, quando vennero a pregarla di dare una corsa al sobborgo, a visitare uno dei suoi piccoli alunni, gravemente malato.
Non c’era che a percorrere il viale della chiesa e fare un altro centinaio di passi nel paese, e poichè, essendo ancor giorno, non aveva nulla da temere dal Muroni, andò subito. Ma fu trattenuta in casa del malato più che non s’aspettasse, e quando uscì, imbruniva. Ebbe l’idea di cercar qualcuno che l’accompagnasse; ma si vergognò: avrebbero riso di lei. Tirò dunque innanzi a rapidi passi. Quando fu all’imboccatura del viale, vedendo che era deserto, s’arrestò. Poi riprese risolutamente il cammino per un piccolo sentiero aperto tra la neve gelata, volgendo lo sguardo sospettoso a destra e a sinistra. Non aveva mai trovato il viale così lungo, le pareva di non arrivar mai alla metà, ch’era segnata da un sedile di pietra. E v’era appena arrivata quando vide un uomo uscire improvvisamente di dietro al tronco d’uno dei grandi alberi del lato sinistro, e piantarsele davanti a cinque passi. Le corse un brivido per le vene. Aveva riconosciuto ai contorni Saltafinestra.
S’arrestò come paralizzata.
Quegli fece un passo avanti; essa, inchiodata a terra, non si potè movere.
Il giovane domandò con voce rauca e bassa: — Perchè mi ha stracciato il quaderno?
La maestra non rispose.
— Non si fa una figura così ad un uomo, — disse quegli.
Ella tacque ancora, tremando da capo a piedi.
— Io la potrei far pentire, — soggiunse lui.
Ella tremava così forte che il giovane se n’accorse.
— Perchè ha tanta paura?... — domandò, guardandosi intorno. — Non c’è nessuno.... Mi dia un bacio.
E allungò una mano.
La maestra diede in uno scoppio di pianto. In quel momento comparve un’ombra in fondo al viale.
— Ho detto per ridere, — disse il giovane. E soggiunse con accento di minaccia: — Non parli!
La maestra si diresse a passi precipitosi verso la scuola.