V. «Mogli e mariti» di Malvina Frank

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IV VI


L’articolo di cui si riporta la prima parte è il commento a un libro di Malvina Frank, una scrittrice veneta che si interessava alle discussioni sulla questione femminile.

L’articolo della Mozzoni, che serve a conoscere tanto le sue idee materialiste quanto il tipo di problematica suscitato nel femminismo democratico del tempo dalle opere sulla preistoria, prima della traduzione italiana di Le origini della famiglia, della proprietà privata e dello Stato di Engels, venne pubblicato il 10 agosto 1872 su «La donna», un periodico fondato nel 1869 a Venezia da Alaide Beccari, figlia di un repubblicano emigrato in Francia in seguito alle persecuzioni austriache dopo il 1848.

«La donna», che uscí successivamente a Bologna e a Torino fino alla morte della Beccari nel 1906, ebbe vita piuttosto irregolare per motivi di carattere economico e organizzativo.

Vi collaborarono, tra le altre, con le prime insegnanti e pedagogiste, Giulia Cavallari e Linda Maddalozzo, giornaliste di orientamento democratico, come Eva Cattermole, Ernesta Napollon e la socialista Emilia Mariani.


Sono molti i libri, le opere, gli opuscoli, le effemeridi, gli stampati d’ogni fatta che si offrono all’avida curiosità dello spirito nei nostri tempi; e ce n’è per tutti i gusti. Sgraziatamente i gusti più leggieri sono i piú diffusi, epperò i piú copiosamente serviti e nutriti dalla folla degli autori, i quali, teneri sopratutto di successo e d’applauso, amano dirigersi al senso ed alla fantasia del lettore preoccupandosi piú di procurargli svariate emozioni a temperare la prosaica realtà della vita, anziché d’istruirlo nelle frequenti difficoltà di questa, d’invitarlo a pensar fortemente, ad agire civilmente, a progredire scientemente verso lo scopo d’ogni umano lavoro, l’immegliamento delle condizioni sociali. E gli spiriti leggieri che incoraggiano e moltiplicano i libri leggieri sono a loro volta mantenuti e confermati da questi nella loro superficialità, e l’intonazione della leggerezza si va facendo generale; le cose serie si chiamano e riescono noiose, i libri che invitano a pensare si caratterizzano per pedanti, quand’anche siano la negazione del pedantismo per trattarvisi delle riforme sociali. Se non che non di questi autori e di questi libri è il torto di pesare soverchiamente sul cervello dei lettori, sibbene grande è la deficenza di questi cervelli che, non avvezzi a ginnastica nessuna, trovano una fatica importabile nella piú piccola applicazione, e cercatori spensierati di emozioni fittizie chiudono in petto un cuore insensibile alle dolorose realtà che si svolgono ogni giorno nella storia umana.

Segnalo con dolore questa generale attitudine degli spiriti, mentre, salutando con profonda simpatia ed ammirazione il libro testè pubblicato da Malvina Frank Mogli e Mariti nel quale si discutono ed esaminano le condizioni sociali e giuridiche della donna e se ne studiano le deficenze, i vizii e le possibili riforme, temo, pur troppo, non sia per nuocere assai alla seria attenzione che merita, questo universale bamboleggiamento.

Ma comunque sia per essere la fortuna di questo libro, la signora Frank ha gettato con esso un nuovo peso sulla bilancia delle ragioni femminili, e gli spiriti serii ne terranno gran conto a lei ed alla questione. E siano essi pur pochi; saranno pur sempre la minoranza importante e concludente, s’egli è pur vero che il pubblico che parla finisce per imporre la sua opinione al pubblico che tace.

Io non esaminerò il libro della signora Frank seguendola nello svolgimento della sua tesi, nell’ampiezza della esposizione storica, nella copia dei documenti e delle notizie, nell’acutezza e maturità delle osservazioni, nell’effusione dell’affetto colla quale l’accarezza e la fa amare, nella severa morale che si libra perfetta fra i dettati della legge naturale e della legge parziale, fra la coscienza educata dalla fede e la coscienza illuminata dalla cognizione, sempre moderata, sempre imparziale. Solo farò osservare l’ordine logico dall’Autrice dato al suo lavoro, e come quindi l’attenta lettura di esso non possa a meno di condurre la mente e la persuasione del lettore dov’ella si propone.

La signora Frank sa perfettamente che ogni pregiudizio ha nell’uomo tre radici profondissime che si confortano a vicenda e si inanellano fondendosi in una. L’una sta nell’apprezzamento del suo intelletto, o spontaneo pel fatto della potenza intuitiva, o passivo per forza di fede, od attivo ed illuminato come effetto della cognizione scientifica, l’altra nel sentimento che finisce per informarsi sull’apprezzamento dell’intelletto, la terza nella volontà, potenza cieca, le cui deliberazioni sono subordinate al sentimento ed al giudizio e che, determinando l’azione, incarna l’uno e l’altro nel fatto. Ora gli apprezzamenti che l’uomo si trovò aver fatti anteriormente ad ogni lavoro riflessivo non potevano essere che intuizioni o pregiudizii secondo che coglievano in vero od in falso; in ogni caso poi non potrebbero stimarsi autorevoli nel periodo di civiltà che noi attraversiamo, sendo questo il frutto di un lungo lavoro riflessivo il quale solo è destinato a darci la scientifica dimostrazione delle cose. Opportunamente perciò la signora Frank, cercando nelle teogonie e nei miti antichi l’apprezzamento del principio femminile, ci pone in grado di rifare la storia della donna nel mondo antico, altro non essendo questa che la serie esplicativa delle idee e delle credenze che si svolgevano intorno a lei nel primo evo. Ora come noi non possiamo accettare quelle teologie, cosí non dobbiamo neppure accettarne i corollarii e le applicazioni, ed il pregiudizio al quale quelle teologie hanno dato vita così lunga e storia cosí disastrosa, non ha piú ragion d’essere per noi.

Combattuto il pregiudizio dell’inferiorità femminile nel giudizio, l’autrice passa a combatterlo nel sentimento, e qui pur troppo la sua vittoria non rimane incerta, che da un polo all’altro e dall’Oriente all’Occaso la madre dell’uomo è il Cristo dell’umanità, il suo calvario è il mondo, la maternità è la sua croce; ed i pregiudizii della scienza, il fanatismo religioso, la tendenza al dispotismo, l’abuso della forza, la sensualità, la barbarie e la civiltà, le leggi e l’arbitrio, le opinioni e le convenzioni, tutto congiura a fare di lei un olocausto immenso e perenne. La Frank ci fa fare quest’ampia rassegna con uno spirito altamente giudizioso, e come chi sa che l’esagerazione nuoce alle cause migliori, e sa in pari tempo di non averne bisogno; ché per iscuotere profondamente il sentimento contro le condizioni nelle quali giace la donna in quasi tutto il mondo, basta conoscerle.

È d’uopo però riconoscere altresí che in qualche angolo di mondo e non troppo angusto le condizioni nelle quali versa il sesso femminile si discostano assai dalle generali e taluno ancora ve n’ha in cui esso domina in modo assoluto e nelle istituzioni e nelle opinioni. Questo fatto si manifesta in un concorso cosí opposto di circostanze che sembra fatto apposta per rispondere categoricamente da un lato alle spregiatrici teologie dell’antichità e dall’altro alle paurose obbiezioni della nostra affaticata e meticolosa civiltà, e ben dimostra in pari tempo come le condizioni della donna non siano volute dalla riposta ed imperativa natura delle cose, ma dalla ignoranza o dalla corruzione del genere umano, epperò informate dalle religioni, dallo stato della scienza, dalle condizioni storiche, dall’obbiettivo politico delle nazioni, dalle idee prevalenti di azione o di reazione, dal modo di vivere, di essere, di svilupparsi di un popolo o di un tempo, dall’indirizzo dei suoi studii, dalle idee personali di un legislatore, dalla forma del governo e sopratutto dalla maggiore o minor civiltà; accidenti tutti essenzialmente modificabili, e che continuamente si modificano, sicché in mezzo alla generale oppressione della donna la troviamo da tempo immemore onoratissima e felice in taluni paesi dell’Oriente, dell’Africa e dell’America, e la vediamo oggi sfuggita alla nostra decrepita ed infralita civiltà europea salire gradatamente negli Stati Uniti ad un concetto nuovo per forza di civilizzazione e di lavoro riflessivo.

Preso atto di questo fatto, la mia illustre amica è tratta ad ammettere un’epoca antistorica della quale cataclismi cosmico-tellurici e successive barbarie hanno interrotta la tradizione nella quale la donna godeva sulla terra il suo posto naturale come corona della creazione, pietra angolare della famiglia, vincolo soave d’affetto fra le generazioni umane. Quest’opinione della signora Frank trova l’appoggio di antichi miti e leggende non che quello di vetuste e splendide civiltà che furono seguite da civiltà piú imperfette, e di numerosi documenti linguistici per cui nomi ed emblemi femminili ebbero le forze amabili e benefiche della natura; sicché la mitologia e l’arte, la storia e la linguistica e la stessa etnologia sembrano appoggiare questa opinione. Lasciando da un lato quest’ardua tesi che si accampa diametralmente contro all’opinione accarezzata dalla scienza moderna che vuole l’uomo partito da stato brutale e salito a maggiore perfezione animale, per legge costitutiva della materia e quindi a civiltà per forza di lavoro riflessivo, certo è però che i fatti esposti dalla Frank stanno, con quello autorevolissimo della credenza dell’androginismo divino, che fu la fede di popoli gloriosi, governati da istituzioni eccellenti e nelle quali per logica conseguenza il concetto naturale della famiglia prevalse sul concetto sofistico dello Stato...

Note

  1. «Mogli e mariti» di Malvina Frank, in «La donna», Venezia, 10 agosto 1872.