La lavannàra (Belli)
Questo testo è completo, ma ancora da rileggere. |
◄ | La mojje der giucatore | Li fijji cressciuti | ► |
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835
LA LAVANNÀRA.
Ricontàmo. Tre ppara de carzette,
Uno de filo1 e ddue de capicciòla!2
Cinque camisce, quattro foderette,3
Du’ ssciugamani e un paro de lenzola.
Poi du’ tovajje co’ ssette sarviette4...
No, nno, mme sbajjo, una tovajja sola.
Tre ccanavacci, du’ par de solette,
Sei coppie de pannucci e una rezzòla.5
Che ccos’antro6 ve pare che cciamanchi?
Ggià vve l’ho ddetto: co’ st’antra6 bbucata
Ve porterò li fazzoletti bbianchi.
Mica poi se so’ pperzi o sse so’ rrotti.
Credete puro7 che la cosa è stata
Pe’ vvia8 de la lesscìa9 che mme l’ha incotti.
30 gennaio 1835.
Note
- ↑ Per filo s’intende sempre “la filatura del lino o della canapa.„
- ↑ Bavella.
- ↑ Biancheria de’ guanciali. [Fèdera, a Firenze.]
- ↑ [Salvietta, per “tovagliolo,„ vive ancora a Firenze, ma non è familiare e parrebbe affettato. Tovagliolo, se lo dite a un Romano o a un Umbro, correte pericolo nove volte su dieci di non essere inteso o d’esser frainteso. Dal mantile poi, che s’incontra in molti classici e ne’ vocabolari comuni, Dio ce ne scampi e liberi. Dunque? Le conseguenze le cavi il lettore, se ne ha voglia.]
- ↑ Reticella per capo. [Cfr. la nota 14 del sonetto: Lo spasseggio ecc., 29 giugno 34.]
- ↑ 6,0 6,1 Altro, altra.
- ↑ Pure.
- ↑ Per motivo.
- ↑ Lisciva: [ranno].