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Sonetti del 1835 123

LA LAVANNÀRA.

     Ricontàmo. Tre ppara de carzette,
Uno de filo1 e ddue de capicciòla!2
Cinque camisce, quattro foderette,3
Du’ ssciugamani e un paro de lenzola.

     Poi du’ tovajje co’ ssette sarviette4...
No, nno, mme sbajjo, una tovajja sola.
Tre ccanavacci, du’ par de solette,
Sei coppie de pannucci e una rezzòla.5

     Che ccos’antro6 ve pare che cciamanchi?
Ggià vve l’ho ddetto: co’ st’antra6 bbucata
Ve porterò li fazzoletti bbianchi.

     Mica poi se so’ pperzi o sse so’ rrotti.
Credete puro7 che la cosa è stata
Pe’ vvia8 de la lesscìa9 che mme l’ha incotti.

30 gennaio 1835.

  1. Per filo s’intende sempre “la filatura del lino o della canapa.„
  2. Bavella.
  3. Biancheria de’ guanciali. [Fèdera, a Firenze.]
  4. [Salvietta, per “tovagliolo,„ vive ancora a Firenze, ma non è familiare e parrebbe affettato. Tovagliolo, se lo dite a un Romano o a un Umbro, correte pericolo nove volte su dieci di non essere inteso o d’esser frainteso. Dal mantile poi, che s’incontra in molti classici e ne’ vocabolari comuni, Dio ce ne scampi e liberi. Dunque? Le conseguenze le cavi il lettore, se ne ha voglia.]
  5. Reticella per capo. [Cfr. la nota 14 del sonetto: Lo spasseggio ecc., 29 giugno 34.]
  6. 6,0 6,1 Altro, altra.
  7. Pure.
  8. Per motivo.
  9. Lisciva: [ranno].