La gente di spirito/Atto quinto/Scena nona
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Giuseppe Giacosa - La gente di spirito (1872)
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Ernesto, Lucia.
- Ernesto
- È inutile... c'è un destino.
- Lucia
- Che significa tutto ciò?
- Ernesto
- Massimo doveva battersi col cavaliere.
- Lucia
- Lo so.
- Ernesto
- Perché il cavaliere aveva lanciato dei sospetti sul suo conto.
- Lucia
- Sul mio conto!
- Ernesto
- Dicendo che lei... o che io... insomma, che quasi mi voleva bene a me. Si figuri. (Le porge la mano. Lucia è commossa). Non si batteranno, però. E Massimo venne poi da me a chiedermi se era vero o no. Non mi tocca la mano?
Lucia gliela porge piangendo.
- Faccio il papà di commedia, ma sono contento, sa... e quasi trovo che vale la pena di vivere. Se sapesse come mi guardava ansioso, Massimo! E quanto amore c'era in quella domanda!
Lucia piange.
- No, no, no... voglio che mi sorrida, che mi sorrida un momento, che mi sorrida a me. Sarà il mio premio... e poi... io vado via, io parto stasera... per dove... non lo so... ma voglio che mi sorrida, prima... voglio sentirmi dire una volta nella vita... che c'è qualcheduno al mondo che pensa a me... che ci penserà sempre con un po' di affetto... non è vero, signora Lucia... con un poco di affetto...
- Lucia
gli stringe le due mani.
- Grazie!
Fugge dalla laterale.