La gente di spirito/Atto quarto/Scena quattordicesima
Questo testo è completo. |
Giuseppe Giacosa - La gente di spirito (1872)
◄ | Atto quarto - Scena tredicesima | Atto quarto - Scena quindicesima | ► |
Ernesto e detti.
- Ernesto
- C'è qui Matteo?
- Matteo
- Eccomi.
- Ernesto
- E ci siete voi altri pure? Meglio, Matteo... ieri sera fui cattivo con te... me ne rincresce e te ne chieggo scusa.
- Matteo
- Oh! Ernesto!
- Carlo
fra sé.
- Che vuol dir ciò?
- Ernesto
- Lo feci per certe mie viste recondite. Mi piacque provare se avrei valuto a far ballare a modo mio parecchi automi di mia conoscenza. È un sollazzo che mi regalavo a me stesso. Ho tirato i fili, e gli automi ballarono. Sarà l'ultima volta.
- Matteo
- Ernesto... oh! Ernesto!
- Fausto
- Il diavolo quando fu vecchio...
- Ernesto
- Si fece eremita. Tale e quale. Incomincio il mio noviziato.
- Carlo
- Sotto gli auspici di qual santo?
- Ernesto
- Di san Carlo forse...
- Carlo
- O di santa Lucia?
- Massimo
- Che?!
- Carlo
- Gli esempi virtuosi recano frutto.
- Ernesto
- Non capisco.
- Carlo
- Poveretto!
- Ernesto
- Hai paura a spiegarti più chiaro? Quand'è così, ti avverto che ho capito a bella prima.
- Carlo
- Ci vuol poco. M'inchino alla virtù quando la incontro... È tanto rara.
- Ernesto
- Ti se ne fa grazia di quegli inchini. Serbali per le tue bisogne.
- Carlo
- È un culto doveroso il mio, e quasi mi tiri anche me ad una conversione. Solo che avessi un angiolo tutelare come tu l'hai.
- Ernesto
a Massimo.
- Signor Massimo... attento.
- Carlo
- L'Egeria antica s'ispirava ad una fonte per dar consigli a Numa; la tua... Lucia, fissa i convegni al mare.
- Massimo
- Non è vero.
- Carlo
- È la seconda smentita che lei mi dà oggi... signor dottore. Ho troppe ragioni di crederlo mio nemico, per cogliere il pretesto di un litigio con lei.
- Massimo
- Oh! si smaschera una buona volta. Ebbene, metta l'animo in pace. Le ragioni a cui accenna non esistono più. Ho rinunciato agli antichi progetti e le sbarazzo la via.
- Carlo
- Ha rinunciato...? o...
- Massimo
- Continui...
- Carlo
- O le fu dato congedo?...
- Massimo
- Ho rinunciato.
- Carlo
- Fu un atto di prudenza.
- Massimo
- È vero.
- Carlo
- Come la intende?
- Massimo
- Badi che non ci so durare io, alle sottigliezze. Ho rinunciato perché non mi sentivo spirito sufficiente per lottare con lei, e perché... non ne valeva la pena.
- Carlo
- Badi, a sua volta, che ho quasi acquistato il diritto di assumere le difese di colei a cui allude; e ciò, malgrado la Egeria del mio amico Ernesto, la quale pare dia dei consigli anche a lei.
- Ernesto
si slancia e subito si trattiene.
- Non tocca a me.
- Massimo
- La smetta cogli insulti, signor mio, non mi costringa a dirle quanto trattengo a forza.
- Carlo
- Padronissimo.
- Massimo
- Oh! per Dio, non ci resisto, e prego lor signori a starmi tutto orecchie. Lei è un vigliacco e un ciurmatore.
- Carlo
- Quelle parole non mi toccano.
- Massimo
- Io invece, non ho paura, sa, di insudiciarmi con lei. L'onta non attacca che i suoi... e se le mie parole non le toccano che la dura corteccia, vedremo se non ci sarà mezzo...
Leva le mani — è trattenuto.
- Carlo
- Sono ai suoi comandi.
- Massimo
- Ah! Ce n'è voluto del tempo... Signor Ernesto, signor Matteo, spero che non vorranno rifiutare di venirmi secondi.
- Carlo
- Come è tutto apparecchiato! Federico e Fausto.
- Fausto
- Se non ti dispiace, io rimango nella mia neutralità disarmata.
- Carlo
- Non accetti?
- Fausto
- La vista del sangue mi fa male.
- Ernesto
- Il cavaliere non sarà imbarazzato a trovarne un altro. Il direttore dell'Eco... per gratitudine a chi gli fornisce le notizie...
- Carlo
a Federico.
- Vieni.
Uscendo insieme.
- La scelta dell'armi è nostra... e poi... un amico non mi poteva servir meglio.