La gente di spirito/Atto quarto/Scena ottava
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Giuseppe Giacosa - La gente di spirito (1872)
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Eugenia e Carlo.
- Eugenia
- Devo credere ai miei sospetti?
- Carlo
- Cioè?
- Eugenia
- Sarebbe la più bassa delle vigliaccherie.
- Carlo
- In parola d'onore io non vi capisco, Eugenia.
- Eugenia
- Mi chiami «Signora Eugenia», e mi risponda: perché vuole sposare mia figlia?
- Carlo
- Lo ha inteso anche lei; suo marito ci aveva scoperti.
- Eugenia
- Sul terrazzo, a nove ore, a pochi passi dal salone di musica.
- Carlo
- Lei dimentica i commenti che Campioni ci disse essere stati fatti sul conto nostro. Si sospettava di noi... di lei, si sospettava, che quanto a me... e lei non ignora che in simili cose il sospetto equivale alla certezza.
- Eugenia
- E sia... non ho, grazie a Dio, a rimproverarmi...
- Carlo
- Nulla a rimproverarsi; ma le apparenze...
- Eugenia
- E se le apparenze mentiscono?
- Carlo
- Lo persuada a quei signori, e a suo marito. Non c'era che un mezzo per far tacere affatto ogni maldicenza. Mi rimprovera di averlo impiegato.
- Eugenia
- Come è stato pronto al ripiego!
- Carlo
- Nei momenti supremi...
- Eugenia
- E poi... io non ho diritto di sacrificare mia figlia alla mia riputazione.
- Carlo
- Sa-cri-fi-ca-re!!
- Eugenia
- Sissignore.
- Carlo
- Badi che è mio debito salvarla anche suo malgrado.
- Eugenia
- E io ricuso, e se anche avessi da confessare...
- Carlo
- Non lo farà... per amore di sua figlia... non lo può fare.
- Eugenia
- È vero. Senta, sentite Carlo, vi giuro che non penso che a lei... rinunziate alla vostra domanda... trovate un altro ripiego... perdonatemi, perdonatemi; ma sento che l'Eulalia con voi non sarebbe felice... lo sento istintivamente. C'è qualche cosa di mostruoso in un cambio consimile... voi non l'amate, l'Eulalia.
- Carlo
- Purché riesca a farglielo credere.
- Eugenia
- No... no... no... non è possibile. Signor Carlo, mi rimprovero mille debolezze. Sono stata leggera ed anche civetta con lei. Gliene chieggo scusa. Una donna che voglia essere stimata, a un uomo che... stimi, deve parlare così. Ma non faccia che il mio rimprovero diventi un rimorso. Una madre...
- Carlo
- Una madre...
- Eugenia
- Dica, dica.
- Carlo
- Una madre, come lei, gelosa della felicità della propria figliola, non...
- Eugenia
- Silenzio, disgraziato!
- Carlo
- Ecco la signorina Eulalia... si ricordi che io la tengo nelle mani.