La fuga di Papa Pio IX a Gaeta/Capitolo XXVI

Capitolo XXVI

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Capitolo XXV

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XXVI.


Frattanto mio marito era venuto da me per dirmi che la Regina bramava di vedermi. Per quanto il mio abbigliamento e il mio aspetto, dopo la stanchezza del viaggio, e la miserabile osteria, non fossero in istato conveniente, pure non lardai a presentarmi a S. M.; e avendo [p. 35 modifica]incominciato a chiedere scusa in causa del mio abbigliamento, ella mi disse in tuono amichevole, di non badarvi, e poi mi richiese di molti particolari del viaggio. Risposi alle sue domande come meglio potei, allorché uno dei gentiluomini entrò nella stanza e annunciò che il Papa saliva le scale. La Regina si alzò tosto col suo seguito e noi tutti discendemmo. A metà della scala la Regina e tutti gli altri si gettarono ai piedi del Pontefice Romano, piangendo di gioia e di commozione. Noi tutti ringraziammo dal fondo del cuore il Signore benigno e misericordioso, perchè avesse fatto cessare i patimenti del suo Vicario. Ritornati nell’appartamento superiore ove incontrammo il Re coi suoi fratelli, il Conte d’Aquila, e di Trapani, e suo cognato l’infante Don Sebastiano, fummo tutti rallegrati dall’accoglimento così rispettoso e venuto dal cuore, di cui fummo testimoni, e dal quale potemmo presagire sino dal primo momento per parte della regia coppia tutta la pienezza degli atti di pietà e d’affetto, destinati a recare tanta consolazione al Santo Padre in seguito a così acerbe prove.

E qui incomincia la storia commovente di questi alti, con cui per tutta la durata di diciasette mesi dell’esiglio volontario di Pio IX il re Ferdinando di Napoli lo onorò; quel re in cui non so se meriti più ammirazione il sentimento dell’uomo che consola altrui con amor caritatevole, o la magnanimità de! principe pel quale non havvi cosa che sia di un valore troppo grande, quando si tratta di rendere insensibile ad un altro principe le pene dell’esiglio, o la venerazione del divoto cristiano, che nelle prove del vicario del Signore, in faccia allo scherno e alla persecuzione della fede per parte dei suoi avversari, si umilia come innanzi al nostro Signore Gesù Cristo. Imperocché a noi pare [p. 36 modifica]che queste virtù abbiano fatto a gara, cioè le qualità del principe cattolico, e quelle dell’uomo privato; benigno, magnanimo, rispettoso e pio si è mostrato il re Ferdinando come nessun altro a memoria dei tempi. E qui termino la mia relazione. Quello che segue è tanto importante, e oltrepassa talmente le mie forze che io ne lascio l’esposizione a chi abbia maggiori talenti. E siccome non ho avuto che l’intenzione di narrare ed attestare ad altri quello che io stessa ho veduto, cosi io deggio limitarmi a quella parte che mi era toccata nel viaggio del padre comune di tutti i fedeli. Se questa parte a me assegnata, la quale, come ognuno avrà potuto accorgersi, consisteva a occultare per quanto era possibile la fuga da Roma, abbia contribuito alla riuscita, io non lo dirò; poiché io stessa noi saprei. Ma questo io so, e lo dirò schiettamente che non curo i giudizi e i discorsi degli uomini, qualunque essi siano. Io ripongo tutto in Dio, cui solo è manifesto con quali intenzioni,e sentimenti io abbia sostenuta la parte a me toccata, beata se il suo giudizio sarà in mio favore!