La donna di governo/Lettera di dedica

Lettera di dedica

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La donna di governo L'autore a chi legge
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A SUA ECCELLENZA

SIGNOR CONTE

CORNELIO PEPOLI.


È
molto tempo, Eccellenza, che io desiderava darle una pubblica testimonianza del mio ossequioso rispetto, per la venerazione in cui tengo l’amabile di lei Persona, e il felicissimo suo talento, e per quella bontà con cui Ella si degna di proteggere e di compatire le opere della mia mano. Quanto mi animava quest’onorato mio desiderio, altrettanto mi tratteneva la considerazione della mia bassezza, incapace di presentarsi a V. E. con cosa degna di lei. Ora che sono vicino ad allontanarmi, per qualche anno almeno, dalla mia Patria1, non posso, dubitando, tirar più innanzi, col pericolo di partire senza aver supplito al mio dovere ed a questa mia incessante brama. Supplico pertanto l’E. V. benignamente accogliermi nel miserabil modo con cui vaglio produrmi innanzi di Lei, recandole umilmente in dono una mia Commedia. Ella vede benissimo, ch’io sono con un tal donativo che le offerisco, più avaro che liberale, mentre in ricompensa di sì scarso presente, le chieggio la vasta rimunerazione del di Lei patrocinio, bastando il nome di V. E. a decorare qualunque opera. Non vi è chi non sappia l’illustre sangue de’ Pepoli essere per antichità, e dignità, e grandezza, dei più famosi e dei più rispettati d’Europa. Bologna, madre di scienze e produttrice d’Eroi magnanimi e valorosi, vanta l'E. V. fra suoi più cari, e più adorni, e più rinomati Patrizj, ed ha ragion d’invidiare il bene della Repubblica Serenissima di Venezia, che gode presentemente di vederla qui soggiornare, come gloriavasi per l’avanti d’averla [p. 362 modifica]soltanto nell’Aureo Libro fra suoi Eccelsi Concittadini descritta. Alle parentele nobilissime, insigni, che hanno per tanti secoli aumentato lo splendore della di Lei grandiosa Prosapia, aggiunge ora il fregio della nobilissima di Lei Sposa, uscita dal cospicuo sangue Grimani, per tanti titoli e per tante dignità rispettabile, e il caro frutto ch’ell’ebbe de’ suoi Sponsali, assicura a Lei l’importantissima successione, e a questa gloriosa Patria il possedimento di una sì rinomata Famiglia.

Ai pregi antichissimi dell’eccelso di Lei Casato, pieno di memorie illustri di grandiose cariche sostenute, di dignità Ecclesiastiche e secolari occupate, di titoli moltiplicati, di feudi posseduti, di splendidezza in ogni età praticata, aumentano il merito mirabilmente le doti personali di V. E., Cavaliere magnanimo, dotto, esemplare e gentile. Ella ama le scienze, e possede e coltiva le belle arti, e sopra tutto le stanno a cuore la Religione, la pietà e il buon costume. Non si lagni di me l’E. V., s’io per dir la verità dispiaccio alla sua modestia. Il vero non si può nascondere. Ella vive ed opera in modo che tutti a lei deggiono tributare le lodi e l’ammirazione, ed è impossibile che non Le giunga2 all’orecchio le benedizioni e gli applausi. Vero è che il Mondo non è prodigo de’ suoi encomj alla vera virtù; ma suo malgrado è forzato talvolta a confessarne il pregio, e a riconoscerla, e a commendarla. Io sono uno di quelli che dove la trovo la riverisco, e la venero, e la decanto. Lo stesso voglio fare ancora del vizio, con questa differenza però, che conoscendo il vizioso, procuro, nell’atto di pungerlo, di coprirgli la faccia con una tela, e dove trattasi di parlare del virtuoso, gli pongo d’intorno dei lumi accesi, perchè maggiormente si vegga, e si manifesti, e risalti. È stato questo il mio primo pensiere nelle opere mie teatrali: porre la virtù in bella vista, per invaghire gli animi ad imitarla. Però il rispetto che devesi alle illustri Persone, non permette di esporle in iscena col loro nome, ma si può bensì parlar di loro liberamente in un foglio, in un libro, in una epistola dedicatoria, e tant’e [p. 363 modifica]tanto nell’animo di chi legge si può istillare il decoro, il buon esempio, l’amor dell’onesto e della giustizia distributiva. La Commedia che io presento a V. E. avea più dell’altre bisogno di quest’aiuto in un discorso preliminare; essa abbonda piuttosto di Personaggi viziosi, corretti bensì, come merita il loro tristo costume, ma non in grado d’istruire e confortare gli animi alla virtù. Questa lettera, con cui ragiono ad un Cavalier virtuoso, farà il miglior effetto sul cuore de’ leggitori, una parte de’ quali si vergognerà di non saperlo imitare, e l’altra parte prenderà norma e coraggio per seguire le di lui gloriose pedate. Vegga dunque, Eccellenza, quanti beni Ella fa in una volta, permettendomi benignamente di porre il nome suo venerabile in questi fogli. Ella fa bene al Pubblico, e fa bene a me: al Pubblico, che, sua mercede, si edifica; a me, che posso con questo mezzo gloriarmi di essere, quale ossequiosamente mi dico

Di V. E.



Umiliss. Devotiss. Obbligatiss. Servidore

Carlo Goldoni.


  1. Allude l’autore alla partenza per la Francia nel 1762. La presente lettera di dedica fu stampata in testa alla commedia nel t. VIII dell’ed. Pitteri di Venezia, l’autunno dell’anno 1761.
  2. Così nel testo.