La donna di governo/Lettera di dedica
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A SUA ECCELLENZA
SIGNOR CONTE
CORNELIO PEPOLI.
Ai pregi antichissimi dell’eccelso di Lei Casato, pieno di memorie illustri di grandiose cariche sostenute, di dignità Ecclesiastiche e secolari occupate, di titoli moltiplicati, di feudi posseduti, di splendidezza in ogni età praticata, aumentano il merito mirabilmente le doti personali di V. E., Cavaliere magnanimo, dotto, esemplare e gentile. Ella ama le scienze, e possede e coltiva le belle arti, e sopra tutto le stanno a cuore la Religione, la pietà e il buon costume. Non si lagni di me l’E. V., s’io per dir la verità dispiaccio alla sua modestia. Il vero non si può nascondere. Ella vive ed opera in modo che tutti a lei deggiono tributare le lodi e l’ammirazione, ed è impossibile che non Le giunga2 all’orecchio le benedizioni e gli applausi. Vero è che il Mondo non è prodigo de’ suoi encomj alla vera virtù; ma suo malgrado è forzato talvolta a confessarne il pregio, e a riconoscerla, e a commendarla. Io sono uno di quelli che dove la trovo la riverisco, e la venero, e la decanto. Lo stesso voglio fare ancora del vizio, con questa differenza però, che conoscendo il vizioso, procuro, nell’atto di pungerlo, di coprirgli la faccia con una tela, e dove trattasi di parlare del virtuoso, gli pongo d’intorno dei lumi accesi, perchè maggiormente si vegga, e si manifesti, e risalti. È stato questo il mio primo pensiere nelle opere mie teatrali: porre la virtù in bella vista, per invaghire gli animi ad imitarla. Però il rispetto che devesi alle illustri Persone, non permette di esporle in iscena col loro nome, ma si può bensì parlar di loro liberamente in un foglio, in un libro, in una epistola dedicatoria, e tant’e tanto nell’animo di chi legge si può istillare il decoro, il buon esempio, l’amor dell’onesto e della giustizia distributiva. La Commedia che io presento a V. E. avea più dell’altre bisogno di quest’aiuto in un discorso preliminare; essa abbonda piuttosto di Personaggi viziosi, corretti bensì, come merita il loro tristo costume, ma non in grado d’istruire e confortare gli animi alla virtù. Questa lettera, con cui ragiono ad un Cavalier virtuoso, farà il miglior effetto sul cuore de’ leggitori, una parte de’ quali si vergognerà di non saperlo imitare, e l’altra parte prenderà norma e coraggio per seguire le di lui gloriose pedate. Vegga dunque, Eccellenza, quanti beni Ella fa in una volta, permettendomi benignamente di porre il nome suo venerabile in questi fogli. Ella fa bene al Pubblico, e fa bene a me: al Pubblico, che, sua mercede, si edifica; a me, che posso con questo mezzo gloriarmi di essere, quale ossequiosamente mi dico
Di V. E.
Umiliss. Devotiss. Obbligatiss. Servidore
Carlo Goldoni. |