La dispenza der madrimonio

Giuseppe Gioachino Belli

1832 Indice:Sonetti romaneschi VI.djvu sonetti letteratura La dispenza der madrimonio Intestazione 19 settembre 2024 75% Da definire

Mi' fijja maritata La donna liticata
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847

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LA DISPENZA DER MADRIMONIO.

     Cuella stradaccia1 mé la so’ llograta:
Ma cquanti-passi me sce fussi fatto,
Nun c’era da ottené pe’ ggnisun patto
De potémme sposà cco’ mmi’ cuggnata.

     Io sc’ero diventato mezzo matto,
Perché, ddico, ch’edè sta bbaggianata2
Ch’una sorella l’ho d’avé assaggiata
E ll’antra nò! nnun è ll’istesso piatto?

     Finarmente una sera l’abbataccio
Me disse: “Fijjo, si cc’è stata coppola,3
Pròvelo, e la liscenza té la faccio.„ —

     “Benissimo Eccellenza,„ io j’arisposi:
Poi curzi a ccasa, e, ppe’ nun dì una stròppola,4
M’incoppolai Presseda, e ssémo spósi.

Roma, 20 dicembre 1832.

Note

  1. La via detta degli Uffici del Vicario, dove sono notai e altri incaricati in cose matrimoniali e di costume pubblico. [V. in questo volume la nota 1 del sonetto: Er giudisce, ecc., 26 genn. 32.]
  2. Ridicolezza a cui si dia importanza.
  3. Copula.
  4. Menzogna ufficiosa.