La danza degli gnomi e altre fiabe/Il Reuccio gamberino/I
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Tre giorni ancora e il Reuccio Sansonetto compiva diciott’anni, età che, secondo le leggi del regno, gli permetteva di togliere moglie. Egli stava ad una loggia del palazzo reale, raggiante ed impaziente di sposare Biancabella reginetta di Pameria, con la quale era fidanzato fin dall’infanzia. Ingannava il tempo mangiando ciliege e scagliando i noccioli sui passanti, con una piccola fionda. I beffati alzavano il volto incollerito, ma l’inchinavano tosto, ossequiosi, appena riconoscevano il reale schernitore.
E il Reuccio rideva e i cortigiani ridevano con lui. Passò una vecchina dai capelli candidi, dal naso enorme e paonazzo e il Reuccio cominciò a berteggiarla:
- Oh, comare Peperona! oh, comare Peperona!...
E come l’ebbe a tiro la colpì con un nocciolo sul naso. La vecchietta si grattò il naso dolente, si chinò tremante, raccolse, strinse il nocciolo tra il pollice e l’indice e lo rinviò all’erede al trono. Le grida sdegnate della Corte scagliarono cento guardie sulle tracce della strega Nasuta, ma quella aveva svoltato l’angolo della via, ed era scomparsa. Al tocco aspro del nocciolo il Reuccio Sansonetto vacillò, come preso da vertigini; poi cominciò a ridere, premendosi gli orecchi con le mani.
I cortigiani lo guardavano sbigottiti ed inquieti:
- Che cosa vi sentite?
- Sento... sento...
E il Reuccio rideva, rideva senza poter rispondere.
- Che cosa vi sentite?
- Sento... sento il tempo che va indietro! Il tempo che va indietro! Che cosa buffa! Ah, se provaste! Che cosa buffa!...
La Corte lo credeva ammattito. Quando poi fece per muoversi e lo videro camminare a ritroso, tutti scoppiarono dalle risa.
- Reuccio, che cosa è questo?
- È... è che non posso più andare avanti!...
E rideva, e per quanto tentasse di avanzare il piede non gli riusciva di fare un passo innanzi, ed era costretto a retrocedere, come un gambero. Poi riprendeva a premersi gli orecchi, a chiudere gli occhi, come preso da vertigini.
- Il tempo che va indietro! che strano effetto, che cosa buffa, amici miei!...
E i cortigiani ridevano ed egli rideva con loro...
E tutti lo credevano ammattito.