La critica moderna/Introduzione

Introduzione

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Avvertimento Capitolo I. Il senso moderno

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INTRODUZIONE


Negli studi moderni si trova un dissidio che ne arresta l’evoluzione organica; anzi, il dissidio si manifesta più forte là dove il consenso dovrebbe generarsi più efficace ed universale. In questo moltiplicarsi cotidiano di scoperte nel giro della natura e della storia, in questo distendersi del dominio scientifico per vie sconosciute fino a ieri, in questa smisurata baldanza dello spirito umano che abbatte le custodie del dogma nelle quali si stava incarcerato da tanti secoli, non abbiamo conquistato ancora noi stessi; non siamo ancora giunti a quella coscienza maturata nel vero, fuor dalla quale un popolo non si risalda per l’avvenire. L’unità che non è fatta nella vita, non può mostrarsi nell’intelletto; c’è un lavoro immenso [p. 14 modifica]acumulato dall’esperienza, ma l’organismo, in cui si feconda il lavoro, non si trova che in uno stato, per così dire, latente.

Nell’uomo moderno si sono compiute le più grandi rivoluzioni della storia; egli le porta segnate nel proprio cervello, e si mantengono nella coscienza storica del mondo contemporaneo; ma quanti sono i partecipi della vita moderna? Certo è che un nuovo concetto delle cose ci vien disvelato dalle scienze fisiche e storiche; ma quante sono le menti nelle quali entri quel concetto, formandosi in virtù creatrice di spirito conscio di se? Nei più tu vedi un sovrapporsi di stati che combattono l’un contro l’altro. Essi ondeggiano ancora fra la vita e la morte, tra senilmente esausti e infantilmente novizi. Per ciò la ragione vacilla, a mal grado dei molti trionfi, e i suoi nemici la minacciano anche in mezzo alle sconfitte. Minacciano di disfare il lavoro dei secoli, di sforzare a ritroso l’evoluzione storica, strozzando nei dogmi la libertà della scienza. È già un gran danno che tutto ciò si creda possibile, e che, in parte, lo sia.

Pur troppo l’uomo moderno non è ancor libero veramente; non è uscito del tutto dal vecchio [p. 15 modifica] mondo, ne s’afferma come una specie novella che stia di per sè. Il vecchio mondo ne avviluppa e ne costringe per ogni parte, e ci sembra penoso lo staccarcene, tanto siamo avvezzi a quel clima. Idee, sentimenti, costumi, tutto si risente ancora di medio evo; non siamo ben fermi a metterci per la via nuova, ed accusiamo la verità stessa come troppo aperta e troppo molesta ai nostri occhi debilitati dalle ombre del limbo. Si direbbe che non la vogliamo, o almeno che non la vogliamo intera e vergine come sorge dall’orizzonte della ragione, poi che la scemiamo in noi stessi gettandole addosso la benda delle ipocrisie nostre. Il nuovo mondo ci parrebbe men pericoloso se ci si porgesse colle sembianze del vecchio; la scienza si farebbe men disaccetta se in qualche modo si convenisse con un simbolo che si tien sacro, perchè consentito dalla tradizione cieca degli avi. Non abbiamo il coraggio del vero; e indarno tu cerchi, ne’ più, quella probità intellettuale che sdegna ogni patto con ciò che ha faccia di menzogna. Siam tutti, più o meno, disonesti innanzi al vero, e tutti, più o meno, l’abbiamo tradito in noi stessi o negli altri; s’egli ci giudicasse, chi [p. 16 modifica] sa quante condanne inaspettate uscirebbero, di quanta vergogna si graverebbero le coscienze, e di che apostasie vili confesserebbersi ree!

È qui dunque il danno, qui la vergogna, qui l’impotenza. Il mondo moderno dev’essere uno. altrimenti perirà; finche in noi dura l’anarchia intellettuale e morale, non si vince, e le nazioni stramazzano boccheggianti ai primi vagiti; le forze selvaggie della carne e del sangue si sollevano dai loro fondi, e scoppiano in quelle abbominande epopee della demenza, fabbricatrici di disastri, di reazioni e di servitù.

Or la nostra salute non può domandarsi che alla scienza; sottraetevi alle sue leggi, e rimarrete fuori del tempo come superstita a voi stessi. Non si possono adoperare due criteri diversi, l’un per la natura l’altro per la fede; l’un per la scienza l’altro per l’arte. La vita è una, e dalle più alte cellule del cervello visitate dal genio, fino allo scarso protoplasma ove brulica la monera, diversamente ricircola secondo i tempi, i climi, le schiatte; le sue manifestazioni sono infinite, come infinita è la virtù dell’essere che le promuove in un pellegrinaggio eterno di se. [p. 17 modifica]

Da ciò la connessione degli studi moderni, e l’impotenza di quel metodo che moltiplica i criteri di ciò di’ è uno. Omai non v’è fede fuori dalla ragione, come non v’è letteratura fuori dalla critica scientifica, ne forma estetica d’arte fuori dal reale. Quel dualismo falso che fu radice ad errori ed equivoci più pericolosi talvolta degli errori stessi, dee sparire dalla scienza, dalla coscienza, dall’arte, com’è sparito dalle cose. L’uomo non dee ribellarsi stoltamente, o, più stoltamente, sovrapporsi alla natura, ma conformarsi alle sue leggi convertendo se stesso in un valore di spirito.

Al concetto moderno del mondo corrisponde la «critica moderna,» ch’è il nuovo stato della ragione desunto da quel concetto nuovo. Ei fu più lungo e più arduo a formarsi giacche supponeva una preparazione di scoperte scientifiche che lo maturassero nel cervello. La geologia umana, se m’è lecito a dire, rivela una flora ed una fauna recente ma la più complessa di tutte, in cui si compendia la storia delle flore e delle faune sepolte.

Nel libro ch’io pubblico mi propongo d’investigare l’origine della critica moderna, e la ragione delle scoperte fatte col nuovo metodo. Non [p. 18 modifica]so se le idee ch’io metto innanzi, somiglieranno ai fiori d’Adone nati al mattino e alla sera già spenti; ne se potranno farsi via degli ostacoli, e lasciarsi meditare con animo riposato. Troppo è scarso fra noi il senso critico, perch’io non m’aspetti qualcuno di quei vituperi che si ricambiano pietosamente fra loro le sètte filosofiche. Delle molte insipienze che affliggono l’uomo e ritardano tanto la scoperta del vero, non ne conosco alcuna più sciagurata del dommatismo. Guai a chi si lascia implicare in quegli abiti falsi! egli vi perde la flessibilità della mente che lo trasferisce nella realtà storica. Ma comunque riesca l’opera mia, confesso che l’ho pensata a lungo, sapendo ch’è da frivoli presentarsi agli spiriti saggi senza recarvi qualchecosa di nuovo; e ciò che ho pensato volli significarlo senza quelle ambiguità simulate che m’avrebbero fatto codardo innanzi al vero che interrogo. Per me gli ipocriti dell’intelletto sarebbero degni della stessa cappa di piombo che s’addossava sugli omeri, là nello inferno dantesco, agli ipocriti del sentimento.

Non so del pari se tutti comprenderanno di qual critica io ragioni. Ad alcuni parrà forse che [p. 19 modifica]io distenda la materia troppo di là dai giusti confini; ad altri che io la raccorci contenendola troppo di qua. Ma chiunque consideri che la novità del metodo è a punto nel concetto di relazione, per cui nessun fenomeno storico può comprendersi se non ne’ suoi stati anteriori, vedrà che la mia è una critica generale, cioè ch’io mi propongo di investigare per quali vie s’è giunti a vedere la connessione dei problemi storici, e come per tal discoverta la critica abbia acquistato quel valore scientifico che le mancava.

In Italia s’è svegliata di fresco un’attività di analisi erudite, alla quale nessuno applaude più di me che vi riconosco i segni d’una rinascita imminente. Ma l’erudizione non dà l’organismo dello spirito, fuor dal quale nulla si produce di nuovo e di grande. In Italia si manifesta più che altrove il dissidio fra la letteratura e la scienza, tra la forma e il pensiero; e tu vi cerchi indarno la circolazione delle idee, il moltiplicarsi delle forze concordi, il vigore intenso della coltura partecipata da tutti. Ognuno qui si risente di quel clima infermo che lo avviluppa togliendogli ogni lena di stadi virili. Il difetto di contenuto [p. 20 modifica]scientifico è cagione a quel mantenersi che fa la rettorica, or petulante di fatuità filosofiche, ora fucata di eleganze caduche. A ciò non si rimedia coi sillogismi ma con una educazione scientifica, alla quale convien che si preparino gl’italiani se non vogliono diseredarsi affatto dalla vita moderna. Dissimularlo che giova? la nostra letteratura recente è frivola, in gran parte; la poesia creatrice tramontò da mezzo secolo, e son radi e incompiuti gli scrittori che portino nella prosa un contenuto ideale che mostri il pensatore e l’artista. La critica sola ci darà la rinascita piena; e guidandoci quasi per mano nella conoscenza scientifica della natura e della storia, caccerà via le menzogne dal tempio adulterato della ragione, edificandovi le verità redentrici.