La colazzione nova
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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834
LA COLAZZIONE NOVA
S’io vojjo fà una bbona colazzione,
Empio la notte un bicchier d’acqua pieno,
Opro li vetri,1 lo metto ar zereno,2
Eppoi vado a rronfà ccome un portrone.
La matina che vviè, ppijjo un cantone
De paggnotta arifatta3 (che ppiù o mmeno
Fo avanzamme4 la sera quanno sceno),5
L’inzuppo, lo pasteggio,6 e sto bbenone.
Che vvòi sentì! caffè, ggramola,7 panna,8
Zabbujjone,9 spongato, rossi-d’ova?
Te sa dd’oggni sapor come la manna.
Domani, Nanna mia, tu vviemme a ttrova,10
E ssenza tanti comprimenti, Nanna,
Tu ssentirai ’na colazzione nova.11
23 aprile 1834
Note
- ↑ La finestra.
- ↑ Mettere al sereno una cosa, è semplicemente “esporla all’aria notturna, benchè nuvolosa.„
- ↑ Stantìa.
- ↑ Avanzarmi.
- ↑ Ceno.
- ↑ Pasteggiare, vale: “mangiare assaporando.„
- ↑ Gramola e gramolata: sciloppato di frutta ristretto a ghiaccio.
- ↑ Fior di latte.
- ↑ Zabaglione: sustanziosa e spiritosa bevanda moderna.
- ↑ Vienmi a trovare.
- ↑ A questa colezione da carcerati, veramente un ricco prete conosciuto dall’autore invitò due gentili donne, sorella l’una e moglie l’altra di due amici dell’autore medesimo.