La calamisvà de Valle
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Er bullettone de Crapanica | Er disinterresse | ► |
Disceva er zor Micchele Mitterpocche3
Ner butteghino4 ar coco de Lavaggi:5
“Er mastro de cappella Fontemaggi6
Ha scritto pe’ li galli e ppe’ le bbiòcche.7
Manco in Turchia tra ll’ommini servaggi8
Se pò ssentì ccanzone accusì ssciocche;
Ché le sue nun zo’9 mmusiche da bbocche,
Ma mmotivi da rote de cariaggi.10
Inzino er zor Giuvanni l’impressario,
Si llui je straccia l’àpica,11 o ssi mmore,
Je vorìa12 rigalà mmezzo salario.
Ma de c...i!13 er ziggnor compositore
Nun zente lègge,14 e ccrede nescessario
De dà ll’opera sua pe’ ffasse15 onore.„16
9 gennaio 1835.
Note
- ↑ Canto da Ebrei. [Ecco l’origine dello strano vocabolo. — Quando il mandataro (V. la nota 1 del sonetto: Er zoffraggio, 8 dic. 32) della Compagnia Israelitica della Morte, per le strade del Ghetto, con in mano un bussolotto di ferro per raccogliervi le elemosine, precedeva i convogli funebri; a brevi intervalli, in tono lento e patetico, andava gridando: zedacà! la mizvà! La prima di queste parole ebraiche significa elemosina; la seconda (mizvà), a cui è stato appiccicato il nostro articolo la, significa propriamente precetto religioso, ma per estensione, almeno tra gli Ebrei di Roma, convoglio funebre. Sicchè il grido del mandataro era un’esortazione a far l’elemosina pel morto e insieme ad accompagnarlo. E infatti, a quel grido, le donne si affacciavano alle finestre e gettavano giù il loro obolo, mentre gli uomini, uscendo dalle botteghe, lo deponevano da sè nel bussolotto, e poi si accodavano al convoglio, seguendolo ordinariamente fino alle porte del Ghetto.]
- ↑ Il teatro dell’opera buffa.
- ↑ Michele Mitterpoch, ministro della dispensa de’ biglietti. ecc.
- ↑ L’uficio di dispensa.
- ↑ Il banchiere di questo nome.
- ↑ Il signor Giacomo Fontemaggi, romano, tanto buon cristiano quanto esimio maestro di cappella, stava da un mese bastonando regolarmente la moglie e i figli, perchè digiunassero e pregassero Iddio pel buon esito della sua Testa di bronzo. Questo è il titolo di un dramma di Felice Romani, ornato dal Fontemaggi colle sue inspirazioni musicali, togliendone le parole da un altro lavoro armonico precedente al suo. Il nostro Orfeo è figlio di altro melodista della stessa tacca; al servizio del musicissimo cardinale Giuseppe Albani, testè mancato ai vivi e alla musica. La Eminenza Sua, vivendo, impose quasi autorevolmente all’impresario Giovanni Paterni il flagello del melodramma qui encomiato.
- ↑ [Le chiocce.]
- ↑ Selvaggi.
- ↑ Non sono.
- ↑ Carriaggi.
- ↑ Apoca.
- ↑ Gli vorrebbe.
- ↑ Ma inutilmente.
- ↑ Non sente legge.
- ↑ Per farsi.
- ↑ [Niente più che una variante di questo sonetto è quest’altro in italiano, che il nostro Poeta scrisse lo stesso giorno 9 gennaio 1835, e di cui fece parecchie copie, con l’intenzione, si vede, di distribuirle agli amici:
Caro signor Michele Mitterpocche.
Ella che può goder tutti li saggi,
Dica: il signor maestro Fontemaggi
Per chi ha scritto? pei galli o per le biocche?
Narrano che neppur fra li selvaggi
S’udrebber cantilene così sciocche,
E le sue, più che musiche da bocche,
Sien motivi da ruote di carriaggi.
Dica di grazia: è ver che l’impresario,
S’egli rescinde l’apoca, o se muore,
Gli voglia regalar mezzo salario?
E che invece il signor compositore
Abbia creduto e creda necessario
Di dar l’opera sua per farsi onore?]