La buona famiglia/L'autore a chi legge

L’autore a chi legge

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Lettera di dedica Personaggi
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L'AUTORE

A CHI LEGGE.1

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H
ABENT sua sidera lites sogliono dire i Forensi, e con questo bel detto si scusano spesse volte d’aver perduta la causa. Hanno, dirò io pure, le Commedie ancora le loro costellazioni. In fatti, per detto comune di tutti, non dovea la presente Commedia aver quell’esito poco felice, ch’ella ebbe la prima volta che fu in Venezia rappresentata. È vero ch’ella non è molto brillante, ma alquanto seria; però non manca del suo ridicolo, e ne ha tanto che basta per l’argomento di cui si tratta. Io non soglio mai difendere le cose mie, quando le veggo disapprovate; ma questa posso difenderla francamente, perchè di essa ho avuto parecchie congratulazioni da persone che contano, e che possono ammaestrarmi. Mi hanno detto che la mia Buona Famiglia non ha in se stessa verun difetto, che l’azione è perfetta, che l’argomento è nobile, istruttivo, morale; la condotta assai ragionevole, i caratteri naturali, e il fine della Commedia ottimo ed esemplare. Io non dirò che ciò sia tutto vero, poichè a me il dirlo non istà bene; ma lascierò giudicarla al Lettore. Dirò soltanto, che per farla scomparir sulle Scene la prima volta, molti accidenti si sono uniti, ed ecco le costellazioni della povera sfortunata. Mancarono in quell’anno dalla Compagnia due personaggi essenziali: una prima Donna, ed un soggetto di caricature2. Se ne fuggirono all’improvviso, e non essendovi altra cosa in pronto per la prima sera, si dovette far questa cambiando le parti, e adattandole ad altri, a’ quali convenivano meno. Fu reclutato per necessità un personaggio nuovo, che Dio lo benedica, e gli faccia fare qualche altro mestiere. In progresso, alle altre opere mie in quell’anno prodotte la Compagnia supplì valorosissimamente, ma per questa non vi fu tempo di regolarla. [p. 340 modifica]Quando una cosa è riuscita male la prima volta, non si rimette mai più in concetto.

Il pubblico in Venezia l’ha disapprovata in principio, e ha continuato a stimarla poco; ma io, con riverenza di quelli che me la sprezzano, amo più di attaccarmi a quelli che me la lodano; sia verità, sia amor proprio, non so che dire.

  1. La seguente avvertenza fu stampata in testa alla commedia, nel t. IV (1758) dell’ed. Pitteri di Venezia.
  2. Vedi a pag. 324.