Quando morì Sua Maestà Leone,
che lo scettro tenea degli animali,
costoro nei comizi generali
trassero dall’astuccio di cartone
la regale corona, che in un antro
era ben custodita da un dragone.
Prova e riprova, in tutta l’assemblea
non c’era testa eguale
all’orbita di quel cerchio regale.
Chi l’aveva più grossa e chi più stretta
e chi di corna armata anche l’avea.
Volle provare anch’essa per burletta
la Scimmia a incoronarsi, e fece smorfie
da far morir del ridere,
quando passò col suo bel corpo snello
nella corona come in un anello.
Questo trattenimento
agli animali parve tanto bello,
che la elessero a capo sul momento.
Ciascun a lei, siccome a sua regina,
ecco s’inchina e presta il giuramento.
Sol diverso, per quanto finga omaggio,
fu della Volpe astuta il sentimento.
Venne costei, ma fatto un complimento,
- Conosco, - poi soggiunse, - o Maestà,
un nascondiglio con un gran tesoro,
che spetta (e sono io sola che lo sa)
per dritto alla regale potestà -.
Udito questo, la bertuccia vola,
ministra di finanze, ove la gola
la tira di quell’or che sta nascosto.
Né vuol ad altri il posto
cedere per timor d’esser truffata;
ivi c’era una trappola e la sciocca
restò così pigliata.
Allor la Volpe una facezia scocca
a nome dell’intero parlamento:
- Come volevi governar lo stato,
o bestia, se ti manca anche il talento
di governar te stessa? -.
La Scimmia fu dimessa,
e da quel giorno venne dimostrato
che non è d’ogni sorta di persone
il ben portar corone.