La Torre del Duomo di Teramo/Visita alla Torre/La cella inferiore

La cella inferiore

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Visita alla Torre - L'orologio Visita alla Torre - La cella superiore


Lasciata alle spalle la stanza dell’orologio e riguadagnata la scala, sita sulla sinistra, una rampa ripida e breve conduce sino alla prima cella campanaria, quella inferiore. La Torre del Duomo di Teramo possiede un concerto di 7 campane: nella cella inferiore si trova la campana maggiore e le due campane dell’orologio, ore e quarti; nella cella superiore si trovano le restanti quattro. I rintocchi dell’orario dunque, suonano nella cella inferiore. Entrando in questa cella e guardando verso l’alto, la prima visione che si ha è quella della campana maggiore della Torre, familiarmente chiamata campanone ma il cui vero nome è quello di campana Aprutina, anch’essa ricca di una grande storia. Le sue notevoli dimensioni captano immediatamente l’attenzione del visitatore che focalizza dunque lo sguardo su di essa e sull’imponente struttura metallica che la sorregge al centro della cella campanaria. Deturpazioni che sono state apportate, nel corso degli anni, nelle pareti interne della campana maggiore non hanno, fortunatamente, arrecato più gravi danni alla stessa e alla sua visione dall’esterno. La campana Aprutina, che oggi vediamo collocata al centro della cella, prima del 1930, anno della sua ultima rifusione, era collocata nel finestrone del lato est che si affaccia su Piazza Orsini. Con i lavori degli anni’30 e dopo la rifusione, come si dirà a breve, essa venne montata su una imponente struttura metallica di supporto nel mezzo della cella, dove ancora oggi si trova. Il pavimento di questo ambiente, per il notevole peso che vi grava, è l’ultimo in muratura e corrisponde al solaio della sottostante stanza dell’orologio. La data di nascita della campana Aprutina non è di semplice indicazione. Si sa con ragionevole certezza, comunque, che essa fu opera dell’artigiano teramano Attone di Ruggiero. A seguito di una probabile rottura della campana, essa fu rifusa nel 1483, come riportano le fonti, dall’artigiano francese Nicola di Langres. Nel 1704, a causa di una nuova rottura, venne rifusa, così come nel 1760, sempre a causa di una ulteriore rottura. Durante quest’ultimo anno, l’allora Vescovo di Teramo, Panfilo Antonio Mazzara, successore del defunto Tommaso Alessio de’ Rossi, non potette assistere alla grande cerimonia di ricollocazione della campana maggiore, che avvenne nel settembre 1760 alla presenza dell’allora Vescovo di Penne ed Atri, Gennaro Perrelli. La campana così ripristinata, tuttavia, non ebbe vita lunga. Come già detto in precedenza, la Città di Teramo venne occupata, nel dicembre 1798, dalle truppe francesi che diedero corso ad una lunga serie di saccheggi, violenze e devastazioni. La ferocia si andò ad abbattere anche sulle campane della Città, che ebbero la responsabilità di chiamare a raccolta la cittadinanza contro l’occupazione straniera e, fra queste, non poteva certo sfuggire la campana Aprutina della Torre del Duomo. Saliti sulla struttura, i soldati francesi tentarono prima di farla cadere a terra attraverso il finestrone del lato est sul quale era collocata, ma non vi riuscirono. «Armati allora di pesanti mazze», come riporta il Muzj, «la tempestarono di colpi, tentando di romperla, ma ogni loro sforzo fu vano. Volendo allora a qualunque costo renderla inservibile, spezzarono la cremagliera che la teneva sospesa al ceppo e che permetteva di suonarla anche a pendolo». Allontanato l’invasore, non essendovi la possibilità economica di ripristinare la funzionalità di Aprutina, i teramani decisero di forare la calotta della campana nella parte più alta, introducendovi dei perni per poterla nuovamente fissare al ceppo. In questa maniera, si riuscì a suonarla a rintocchi e non più a distesa, come una volta, ma quanto meno si riuscì a mantenerla in esercizio per ben 130 anni, sino a quando venne ideata la nuova ed ultima rifusione ai tempi dell’episcopato di Antonio Micozzi. Era il 1930. Il Vescovo, valutata la necessità di ricollocare sulla Torre la campana maggiore nella sua integrità, istituì un Comitato composto dai canonici del Capitolo Cattedrale e dai Parroci teramani. Presiedeva il Comitato il Vicario Generale della Curia, Mons. Muzj. Furono richiesti preventivi alle ditte Pasqualini di Fermo, Marinelli di Agnone e Colbachini di Padova. Fu prescelta quest’ultima, alla quale furono dunque affidati i lavori. La Fonderia in questione era stata fondata nel 1745 dai fratelli di Daciano Colbachini. Esperti di musica, riuscirono a realizzare campane dotate, oltre che di resistenza, anche di ottima qualità nella tonalità. All’inizio dell’800, i Colbachini aprirono sedi, oltre che a Padova, anche a Milano, Roma, Costantinopoli e Atene. Si trattava quindi di un’azienda in forte espansione e molto nota. Il 17 gennaio 1898, Papa Leone XIII autorizzò la Fonderia Colbachini a fregiarsi del titolo di Stabilimento Pontificio. Dovendosi nel 1930, dunque, rifondere la vecchia campana Aprutina, che pesava circa 40 quintali, il Comitato istituito dal Vescovo ipotizzò di portarne il peso a 50 quintali, ma l’idea non pervenne mai a realizzazione poiché, con un tal peso, la bocca della campana sarebbe stata larga più di 2 metri, mentre l’ampiezza del finestrone della Torre, attraverso la quale doveva essere fatta passare per essere poi collocata, era di 2 metri esatti. Per tale ragione, il Comitato decise di fissare il peso della nuova Aprutina a 45 quintali. Dato l’aumento del peso, rispetto alla precedente campana, venne anche progettata, al fine di ridurre le eventuali sollecitazioni strutturali causate dalle oscillazioni del movimento a distesa, una sorta di castello metallico che, situato all’interno della cella inferiore, avrebbe tenuto agganciata la nuova campana al centro della cella stessa, anziché nel finestrone del lato est, dove in precedenza era alloggiata, come detto. Ancora oggi questa struttura a travatura metallica sorregge la campana. Il 26 marzo 1930, una rappresentanza composta dai can. Morriconi e Biondi, assieme al dott. Ferrara, al prof. Albero Giosia e al sig. Gattarossa, si recò a Padova per assistere alla rottura della vecchia campana, partita da Teramo la sera del 21 gennaio 1930, e quindi alla rifusione della nuova. Il Muzj informa che di queste operazioni fu effettuata una ripresa cinematografica che mostra «come in tutto si sia proceduto con oculato criterio». Dopo una ebollizione di ben 14 ore, l’ing. Colbachini «volle che si benedicesse il forno e quindi, mentre tutti gli operai del grande opificio erano raccolti lì intorno assieme ai membri della commissione teramana, con gli animi sospesi, ordinò l’apertura del foro. Il liquido incandescente precipitò lungo il canale di creta che l’immetteva nella forma della campana e in quattro minuti la colata era fatta. L’ing. Colbachini ebbe un grido di gioia. Tutto era andato bene. Una bottiglia di spumante chiuse la ben riuscita operazione». La rappresentanza, tra l’altro, inviò diverse relazioni alla Curia Vescovile e trasmise poi il seguente telegramma: «Comunichiamo alla cittadinanza, alle ore 15,50, il momento emozionante del nostro campanone felicemente fuso e nuovamente sonoro per lanciare alla Città nostra il saluto di Dio e il canto della Fede. Ferrara, Giosia, Biondi, Gattarossa, Morricone». Il 19 aprile 1930, dunque, la nuova campana Aprutina rientrava a Teramo, attraverso la stazione ferroviaria, salutata dal suono festoso delle campane sorelle. Il 27 aprile successivo, domenica In Albis, il Vescovo Antonio Micozzi la benediceva con solennità e veniva quindi collocata sulla Torre, dov’è ancora oggi. La campana Aprutina, come riporta il Muzj e come rilevabile anche da un esame diretto nella cella inferiore, è alta 1,90 metri ed è larga altrettanto. Pesa 44,85 quintali e il battaglio, da solo, pesa 2,38 quintali. Il ceppo, munito di cuscinetti a sfera, è in legno di quercia, come le travi che sostengono la struttura interna della Torre. Il ceppo, da solo, pesa 6 quintali. Il castello metallico di sostegno, realizzato anch’esso dalla Fonderia Colbachini, pesa 18,25 quintali. In totale, dunque, il peso dell’intero impianto della campana Aprutina è pari a 71,48. La nota musicale della campana è il La bemolle. L’Associazione Italiana di Campanologia ha da tempo inserito Aprutina nell’elenco delle maggiori campane d’Italia. Se si gira attorno alla campana, al di sotto della struttura metallica che la sorregge, è possibile distinguere le decorazioni e le iscrizioni che sono presenti sulle sue pareti esterne. Al di sotto del fregio, vi è la seguente iscrizione: Christus vincit, Christus regnat, Christus imperat. Maria Mater gratiae, Mater misericordiae tu nos ad hoste protege et mortis hora suscipe. In basso, ai quattro lati dell’orlo dell’apertura, vi sono scolpiti gli stemmi del Vescovo Antonio Micozzi, del Papa, del Comune di Teramo e del Regno d’Italia. Nel lato ovest è scolpita l’immagine di San Berardo e sotto vi è la seguente iscrizione: Sanctus Berardus Episcopus et Patronus Civitatis Civitatem et Cives protegat et tueatur A. D. MCMXXX Nell’altro lato, compare l’immagine scolpita della Madonna delle Grazie e, al di sotto, vi è la seguente iscrizione recante la storia della campana: Mi chiamarono Aprutina. Rifusa nel 1483 – 1704 – 1760. Nell’anno 1930, Presule l’Ill.mo e Rev.mo Mgr. Antonio Micozzi, Econ. Can. Camillo Morricone, la Ditta Daciano Colbachini e Figli di Padova mi diede nuova vita. Curarono la rifusione i Rev.mi Canonici Mgr. G. Muzj Vic Gen., Mgr. Pietro Iobbi, D. Antonio Biondi, Mgr. Giacinto Marcozzi P., D. Francesco Di Pietro T., D. Michele Misticoni. Cooperarono i Rev.mi Parroci della Città D. Gaetano Cicioni, D. Oderico Paolini, D. Lorenzo Di Paolo, D. Eugenio Di Giacomantonio. I Sigg. Benedetto Cerulli, Dott. Gerardo Ferrara, Carmine Leone, Bernardino Pannella, Giovanni Cipolloni. Fu munifico Patrono il Comm. Berardo Cerulli. Concorse generosamente la cittadinanza teramana. Gloria al Signore. Al di sotto della preghiera rivolta a San Berardo, vi è una bella iscrizione relativa alle vicende passate della campana: Alto in aevo Interamnitium fidem spem et fortia cecini luctus amare flevi Ter scissa tacui ter condita meos concentus dedi laeta vel moesta gestis Novissime Pio XI Pontifice Maximo et Victorio Emanuele III feliciter regnantibus industria et amore gubernantium pace christiana Italiae reddita dum latitiamo tanti eventi longe lateque diffusam extollebam in altum fracta cantum fregi et nunc cives Interamnites vobis diligenti bus dulcius et latius canora denuo edita brevi Aethera sursum repleo rursum pacem mundo pando profundo. Si riporta, di seguito, la traduzione in lingua italiana di tale resoconto storico, così come indicata a suo tempo dal Muzj: Fin dal tempo antico, ho cantato la fede, le speranze e le gloriose gesta dei Teramani, come ne ho pianto amaramente le sventure. Tre volte tacqui, perché m’infransero e tre volte rifusa ripresi i miei canti, or lieta, or triste, sulle vostre imprese. Da ultimo, essendo Sommo Pontefice Pio XI e Re Vittorio Emanuele III ed essendosi, per l’industria e l’amore dei governanti, compiuta la pace cristiana nell’anima italiana, mentre lanciavo in alto l’inno di gioia profonda per tanto evento, nuovamente infranta spezzai il canto. Ed ora, o cittadini teramani, per l’amore grande che mi portate, in breve tempo risorta, più dolcemente e più ampiamente canora, riempio nuovamente il Cielo dei miei canti, spandendo e diffondendo nel mondo gli inni della pace. Giovanni Muzj, che all’epoca visse le emozioni della rifusione della campana Aprutina e del suo nuovo collocamento sulla Torre, così chiude la sua ricostruzione degli eventi citati: «Ed ora, Aprutina, riprendi il tuo canto. Negli antichi tempi ti fecero mallevadrice di concordia, di pace: oggi, a cinque secoli di distanza, l’eco del tuo canto vada di nuovo al palazzo del ricco, alla casa del povero, al letto di chi soffre e a tutti porti ancora pace, concordia, felicità. Ai posteri dirai domani che nel 1930 Teramo si avviava anche essa, nell’orbita della Nazione risorta, a più alti destini: dirai che noi non fummo figli degeneri, ma sapemmo serbare gelosamente le avite tradizioni di gloria!». Prima di lasciare la cella campanaria inferiore per visionare quella del livello superiore, è opportuno fare qualche accenno ai restanti manufatti posti in essa. Nella cella campanaria inferiore, come detto, suonano i rintocchi delle ore segnate dall’orologio del piano sottostante. A differenza di tutti gli altri, a cui provvedono le due campane di cui appresso si dirà, i rintocchi del mezzogiorno e dei vespri sono effettuati sul campanone ed hanno, conseguentemente, un suono diverso dagli altri. Al di sotto della campana vi è, difatti, un grosso elettrobattente a movimento verticale. L’oscillazione a distesa della campana, invece, è assicurata da un apposito motore elettrico collegato alla ruota del ceppo attraverso una robusta catena. Spostandosi sul lato nord della cella inferiore, una rampa di scale conduce al livello superiore. In prossimità di tale rampa, sono alloggiate le due antiche campane di segnalazione dell’orologio: quella delle ore, più grande, e quella dei quarti. Si tratta di due opere realizzate nel 1830, come si evince dalle iscrizioni site sulle pareti delle due campane, pur se ampiamente degradate e bisognose di interventi di restauro. Le campane dell’ora (la più grande, a sinistra) e dei quarti (la più piccola, a destra), viste dalla scala che conduce alla cella superiore. Queste due campane sono suonate attraverso gli elettrobattenti comandati dalla centralina posta nella sottostante stanza dell’orologio. Oltrepassate dunque le due campane dell’orario, la scala conduce alla cella superiore della Torre.