Cenni storici sulla Basilica Cattedrale
Sarebbe cosa assai inopportuna, oltre che storicamente e culturalmente poco saggia, avviare una disamina della Torre del Duomo senza farla precedere da qualche considerazione, ancorché di carattere sommario, sulla Basilica Cattedrale cui la struttura oggetto della presente analisi si lega indissolubilmente.
Se la Torre, come si vedrà meglio in seguito, presenta aspetti costruttivi e architettonici che appalesano la sua realizzazione in epoche differenti, analogo discorso può essere svolto per il Duomo complessivamente inteso.
La apparente semplicità delle linee di questa Cattedrale non dovrebbe, difatti, essere interpretata come unitarietà nella costruzione della struttura. Se oggi l’edificio in esame costituisce un unico corpo, seppur assai complesso, questo è dovuto a tutta una serie di fattori, tra i quali i rimaneggiamenti e restauri isolatori più o meno recenti, che hanno contribuito ad amalgamare in una sorta di unicum architettonico una impressionante diversità di realizzazioni e di maestranze.
Dobbiamo all’opera di Roberto di Bassavilla, Conte di Loretello, l’aver inconsapevolmente posto in essere l’elemento cardine attorno a quale si avviò la progettazione di una nuova Cattedrale, dopo che l’antico tempio di Santa Maria Aprutiensis, come peraltro l’intera città, venne da questi raso al suolo tra il 1155 e il 1156. A quell’epoca, difatti, Teramo era sotto il regno normanno. Il Conte di Loretello, ribelle al re Guglielmo I e fiancheggiatore della rivolta interna a sostegno delle sue pretese dinastiche nel regno, capeggiò la distruzione di numerose città a dominazione normanna ed arrivò ad infliggere anche a Teramo e alla sua popolazione analogo rovinoso trattamento.
Sulle macerie ancora fumanti di un territorio ormai sfinito, l’allora Vescovo aprutino, Guido II, chiese ed ottenne dal re Guglielmo I, a Palermo, l’autorizzazione a ricostruire la città. Era il 1156 e fu proprio in quei giorni che il Vescovo Guido II, che i posteri arrivarono a considerare il vero e proprio Padre della Città, giunse a progettare una nuova Teramo e, con essa, una nuova Cattedrale. Guglielmo I, in virtù di ciò, concesse a Guido II e ai suoi successori pieno dominio feudale sulla nuova città ricostruita, compresi i poteri temporali su di essa e il titolo di Principe di Teramo, trasmesso ad ognuno dei successori alla Cattedra di San Berardo sino a tempi assai recenti. Il re concesse ai Vescovi, altresì, di celebrare le funzioni religiose indossando, a memoria del potere temporale ad essi spettante, l’armatura e la spada sotto i sacri paramenti: fu la nascita, questa, di quell’antico privilegio della cosiddetta Messa Armata che tanto scalpore determinò quando, nel Concilio di Trento del 1561, fu celebrata dal Vescovo Giacomo Silverii Piccolomini dinanzi ai convenuti.
Guido II, nel progettare la nuova Cattedrale, la volle a tre navate, in stile romanico e munita, sopra l’altare maggiore, di un tiburio ottagonale dotato di raccordi a cuffia per l’innesto alle relative arcate di sostegno. I medesimi raccordi a cuffia sono presenti, come si vedrà in seguito, anche all’interno della Torre. Questo, dunque, costituì il primo nucleo del Duomo teramano, detto anche nave guidiana, caratterizzato da linee semplici e di sobria solennità. I lavori, avviati nel 1158 e terminati nel 1176, determinarono finalmente la nascita di una nuova Cattedrale per la città.
La nave guidiana, in sostanza, è rappresentata da quella area dell’odierno Duomo che, dal portale d’ingresso, giunge sino al tiburio ottagonale, sotto al quale fu realizzata nel 1392, dal teramano Iacopo Palladini, Vescovo di Monopoli, la Cappella di Santa Elisabetta, divenuta poi Grotta di San Berardo poiché il Vescovo Giacomo Silverii Piccolomini vi fece deporre, nel 1572, il corpo di San Berardo. Questo ambiente, recentemente ritrovato, è tuttora visibile sotto al luogo nel quale Guido II fece innalzare l’altare maggiore.
Tra il 1332 e il 1335, il Vescovo Niccolò degli Arcioni, al quale dobbiamo la realizzazione del grande ampliamento gotico della Cattedrale, avviò imponenti lavori che ci hanno consegnato il Duomo di Teramo, grosso modo, nella struttura che vediamo ancora oggi.
La nave arcioniana si presentava, più che come vero e proprio ampliamento, come una nuova chiesa innestata sulla primitiva.
Innalzata deliberatamente di diversi gradini rispetto alla costruzione guidiana, la struttura di Niccolò degli Arcioni determinò la demolizione dell’abside romanica e il prolungamento della chiesa attraverso un nuovo ampio corpo, delimitato da un'abside rettilinea.
La forma gotica della nuova struttura, il suo dislivello, lo slancio delle sue forme e la lieve inclinazione verso nord, tale da renderlo visibilmente disallineato con il corpo guidiano, hanno costituito importanti elementi di netta differenziazione dei due interventi e hanno contribuito a determinare l’utilizzo delle dizioni di chiesa romanica e di chiesa gotica, l’una innestata sull’altra.
A Niccolò degli Arcioni dobbiamo, tra l’altro, la realizzazione, nel 1332, del nuovo portale ad opera di Deodato Romano e la prosecuzione dei lavori di realizzazione della Torre, iniziati, secondo talune fonti storiche, già nel 1200 e terminati poi nel 1493 con la costruzione del prisma ottagonale ad opera di Antonio da Lodi, autore anche dell’edicola degli olii santi che tuttora è presente nel Duomo, a fianco della porta di accesso al locale che separa la Torre dalla navata destra dell’aula.
Se a partire dal 1381, per iniziativa del Vescovo Pietro Di Valle, venne iniziata la realizzazione di case e botteghe a ridosso delle pareti esterne della Cattedrale, demolite solo di recente, uno degli interventi architettonici più significativi fu condotto dal Vescovo Tommaso Alessio de’ Rossi che, tra il 1731 e il 1749, trasformò l’interno della chiesa adattandolo alle forme artistiche del barocco, in voga all’epoca, e facendo edificare un arco di collegamento, detto poi Arco di Monsignore, fa la Cattedrale e il Palazzo Vescovile. L’Arco, che proveniva dalla residenza del Vescovo e sul quale, in tempi recenti, fu collocato l’Archivio della Curia Vescovile, andava ad innestarsi, come si vedrà in seguito, nel locale intermedio che separa l’ingresso della Torre dalla navata destra e che un tempo costituiva la vecchia Sacrestia della Cattedrale.
La vecchia Sacrestia, peraltro, venne utilizzata sino al 1632, anno del completamento della nuova Sacrestia monumentale adiacente alla Cappella di San Berardo.
Nel 1786 venne ristrutturata, altresì, la Cappella del Santissimo Sacramento, tuttora dotata di un altare di marmo policromo voluto dal Vescovo Luigi Maria Pirelli.
Nel corso del rifacimento barocco del Duomo, venne realizzata la Cappella di San Berardo, inaugurata nel 1776, dove tuttora è posto il corpo del Santo Patrono, e questo fu l’unico ambiente ad essere lasciato in stile barocco a seguito degli interventi di ripristino degli anni ’30. La costruzione della nuova Cappella, tra l’altro, fu finanziata soprattutto attraverso i contributi dei fedeli e dell’intera cittadinanza teramana. È per tale motivo che tuttora, all’ingresso della Cappella e sulle vetrate della stessa, campeggia il gonfalone della Città di Teramo.
Tra il 1929 e il 1948, sotto l’episcopato di Antonio Micozzi, prese avvio una imponente opera di restauro ad pristinum del Duomo. Sulla scia delle correnti architettoniche dell’epoca e di autorevoli esponenti, fra i quali merita di essere citato senz’altro Francesco Savini, i lavori riportarono l’interno della chiesa, ad eccezione della sola Cappella di San Berardo, ai precedenti stili romanico e gotico delle navi guidiana e arcioniana. Si pervenne, inoltre, all’isolamento della Cattedrale attraverso la demolizione progressiva delle tante case e botteghe addossate da secoli ai muri esterni dell’edificio. Nel corso degli interventi, tra l’altro, fu edificato anche un imponente ciborio al di sopra dell’altare maggiore del corpo arcioniano.
Con questa nuova sistemazione, il Duomo teramano riacquistò senz’altro nuova visibilità e nuova valenza architettonica. Terminati i lavori di ripristino e di isolamento, dunque, si pervenne agli ultimi interventi significativi sulla Cattedrale solamente nel 1969. Si trattò dello smantellamento del ciborio sopra l’altare maggiore e della demolizione dell’Arco di Monsignore, voluto dal Vescovo Tommaso Alessio de’ Rossi. Quest’ultimo intervento, che contribuì indubbiamente all’isolamento della Torre e ad un suo maggiore slancio estetico, determinò tuttavia, al di là delle conseguenze di carattere architettonico ed urbanistico, un indebolimento della struttura della Torre, oramai priva dell’Arco che le si innestava ad est, al quale si è cercato di porre rimedio attraverso un recente intervento di rafforzamento della base, con la costruzione di un basso muro perimetrale attorno alla Torre.