La Perla Sanguinosa/Parte seconda/9 - Sul Kalawa

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9 — Sul Kalawa


L'isola di Ceylon, quantunque sia una delle più vaste del continente asiatico, non ha corsi d'acqua molto importanti, oltre il Mahowilla, l'unico che abbia un corso ragguardevole.

Tutti gli altri, come il Calani Ganga, il Patipal, ecc. hanno una lunghezza piuttosto limitata e non riescono a raggiungere l'interno dell'isola. Così il Kalawa ha un corso modesto, assai irregolare, e non è molto ricco d'acqua, specialmente durante la stagione caldissima, quantunque si creda che sia alimentato dal lago Kalawewe.

Non vi era però da temere che la scialuppa acquistata dal mandah non trovasse fondo bastante per risalire quel corso per un tratto considerevole, pescando appena due piedi, malgrado il peso della macchina, del carbone, delle provviste e dei tre uomini che la montavano.

Jody, sebbene ferito, aveva ripreso subito le sue funzioni di macchinista e Will quelle di timoniere. Palicur invece si era messo a prora per sorvegliare la rotta, pronto a dare l'allarme nel caso che qualche banco si mostrasse ed esponesse la scialuppa al pericolo d'un arenamento.

Le rive del fiume erano coperte da boscaglie foltissime le quali dovevano avere delle estensioni immense. Enormi fichi baniani spingevano i loro innumerevoli tronchi fino in acqua, lasciando cadere come festoni le loro radici aeree, le quali altro non desideravano che un po' di terreno per affondarvisi dentro ed ingrossare; poi apparivano gruppi immensi di cocchi, di alberi del pane che crescevano senza coltura alcuna, tanto è ferace il suolo di quell'isola meravigliosa, di sagoro, la palma zuccherina, di borassi altissimi colle loro belle foglie spiegate in forma d'ombrello, di betel ed ammassi di piante del pepe, i cui sarmenti si attorcigliavano gli uni agli altri come serpenti mostruosi.

Pochissimi uccelli fischiavano o cantavano appollaiati sui più alti rami degli alberi. Invece numerose scimmie erano occupate a saccheggiare i cocchi e gli artocarpi, facendo un baccano indiavolato. Erano per la maggior parte delle langur, molto svelte, leggere, con code lunghissime, membra sottili, la faccia e le mani nere ed il pelame del corpo giallognolo.

Quei quadrumani raggiungono la non comune altezza di un metro e mezzo e, incredibile a dirsi, a malapena riescono a raggiungere un peso di dieci chilogrammi! Erano ritenuti animali sacri, avendo liberato a Ceylon, secondo le antiche leggende indiane, la bella Sita moglie di Rama; abusavano perciò della loro impunità sghignazzando sul viso dei tre ex-forzati e permettendosi anche di tempestarli di frutta e di pezzi di corteccia.

Sui banchi di sabbia, invece, si scorgevano di quando in quando dei grossi coccodrilli, con bocche enormi, che richiudevano con fracasso quando la scialuppa li avvicinava, affrettandosi a tuffarsi prima che Will o Palicur avessero il tempo di afferrare le carabine.

«Se sono tutti qui i nemici che incontreremo su questo fiume, non ci daranno molti fastidi, — disse il quartiermastro che osservava attentamente le rive. — Basterà qualche colpo di fucile per farli scappare.»

«Adagio, signor Will, — rispose Palicur. — Non siamo ancora giunti sui territori dove regna Adikar.»

«Chi è costui?»

«Il capo più potente dei Vadassi.»

«Un uomo pericoloso?»

«È il Napoleone di Ceylon.»

«E chi è! — esclamò il quartiermastro. — Un immondo selvaggio osa paragonarsi al più celebre guerriero dei tempi moderni?»

«È una storia interessante, signor Will.»

«Ce la puoi raccontare, giacché non abbiamo, almeno pel momento, nessuna occupazione. La scialuppa non ha bisogno delle nostre braccia, è vero, Jody?»

«La macchina russa allegramente, signor Will, ed il carbone abbonda per ora.»

«Narra, Palicur; inganneremo meglio il tempo.»

«Si racconta dunque, — disse il malabaro, — che molti anni or sono una nave francese, sbattuta dai venti e dalle tempeste che la incalzavano furiosamente, venne a sfracellarsi, dopo inutili manovre, contro la barra del Kalawa. Le rive del fiume, specialmente alla foce, erano occupate da una piccola tribù di Vadassi che obbediva ad un capo chiamato Adikar, giovane altamente ambizioso e dotato d'un coraggio straordinario, quantunque godesse fama di essere crudelissimo.»

«I naufraghi, chissà per quale buona stella, invece di venire massacrati da quei negri selvaggi, sia in considerazione del colore della loro pelle, sia perché non erano inglesi, trovarono subito protezione presso il piccolo capo e furono trattati come amici.

«Adikar saccheggiò più che poté la loro nave, che d'altronde non poteva tenere più il mare, ed in compenso offrì ai naufraghi terre, capanne e bestiame, a condizione che disciplinassero i suoi guerrieri ed insegnassero loro a combattere come gli uomini bianchi.

«Un giorno il piccolo capo, che aveva già imparato un po' la lingua francese, li sorprese mentre parlavano del grande imperatore dei francesi.

«Chi è quel famoso guerriero che ha riempito il mondo delle sue gesta? chiese Adikar che aveva ascoltato i loro discorsi.

«"Un giovane francese che col proprio valore si acquistò un impero e che dal nulla sorse a grandezze stupefacenti, vincendo tutte le nazioni europee", rispose uno dei naufraghi.

«Sia lode a quel valoroso, — disse allora il capo dei selvaggi. — Bisogna che io faccia altrettanto.

«Ed ecco sorgere, nella mente dell'ambizioso selvaggio, l'idea di emulare le gesta del grande francese.

«Poco dopo dichiarava guerra alle tribù vicine, essendo in quel tempo i Vadassi divisi, e con una serie di battaglie fortunate riusciva a costituire un saldo regno, popoloso quanto quello di Candy.

«Apprendendo la caduta di Napoleone, l'orgoglioso capo, che era anche intelligentissimo e si teneva al corrente degli avvenimenti che succedevano nel mondo, si dice esclamasse:

«Ora non siamo che in due a contenderci la terra, mio fratello Giorgio ed io!»

Will scoppiò in una risata fragorosa.

«Modestissimo, quel selvaggio, — disse. — Si credeva dunque onnipossente. Perché non fece la guerra all'India?»

«Eh, l'avrebbe forse tentata, se avesse posseduto delle navi, — rispose Palicur. — Il fatto è che quel terribile guerriero a poco a poco portò i confini del suo regno fino alle coste settentrionali di Ceylon, che più volte debellò le truppe del re di Candy minacciando perfino la capitale, e che diede anche molto da fare agl'inglesi.»

«Anche ai sudditi di Re Giorgio, suo fratello?» chiese Will ridendo.

«E come li trattò male, signore! — rispose il malabaro. — Gl'inglesi cercavano in quell'epoca di espandersi anche nell'interno dell'isola e si trovarono ben presto a contatto coi Vadassi. Adikar, avvertito che una colonna d'uomini bianchi si era stabilita sul Kalawa, pregò quei coloni di recarsi nel suo villaggio per fare la loro conoscenza, ma coll'ordine di lasciare le loro armi al di fuori della cinta, come esigeva l'etichetta. Pochi minuti dopo però quei disgraziati venivano assaliti a tradimento da quei selvaggi guerrieri e fatti morire fra i più atroci tormenti.

«Reso ardito da quel facile successo, e credendosi ormai invincibile, assalì qualche tempo dopo un'altra colonna di emigranti e la massacrò senza risparmiare né donne, né fanciulli.»

«Bel seguace ed emulo di Napoleone, — disse il quartiermastro, che s'interessava vivamente a quel racconto. — Sicché ora è più potente del re di Candy?»

«No, il suo impero si è ormai sgretolato sotto i colpi di un valoroso colono, Poster, che mise a posto quel barbaro, assalendolo alla testa di settecento emigranti, che avevano giurato di vendicare i loro compatrioti barbaramente uccisi da quel selvaggio prepotente.

«Fu una battaglia epica, che durò dall'alba al tramonto, ma le carabine inglesi ebbero finalmente il sopravvento sulle frecce e sulle lance dei guerrieri Vadassi. Alla sera cinquemila negri giacevano al suolo e gli altri si salvarono colla fuga.»

«Ed ora?» chiese Jody.

«Ora Adikar non è che un piccolo capo, impotente a misurarsi cogli uomini bianchi, e vive in un villaggio situato sulle rive di questo fiume. È assai vecchio ormai e anche cieco, tuttavia si fa molto temere ancora.»

Mentre chiacchieravano, la scialuppa a vapore continuava a risalire il fiume a velocità ridotta, per non consumare troppo carbone, quantunque la macchina avesse un forno così largo da poter essere alimentata anche colla legna.

Le due rive apparivano sempre deserte. Non sì scorgeva alcuna capanna sotto le volte di verzura che si succedevano senza interruzione, e nemmeno alcun animale pericoloso. Non abbondavano che i quadrumani ed i coccodrilli, mentre i volatili scarseggiavano sempre.

È bensì vero che erano ancora lontani dalla regione abitata da quei bellicosi selvaggi.

Verso le cinque del pomeriggio la scialuppa passò dinanzi ad un colossale tamarindo, il cui tronco era coperto di crani umani, inchiodati alla corteccia con lunghe spine.

«È un cimitero dei Vadassi? — chiese Will stupito. — Strano modo di appendere i morti agli alberi.»

«V'ingannate, signor Will, — disse Palicur. — Quell'albero ricorda una nuova crudeltà di Adikar.»

«Allora saranno teste di nemici.»

«Nemmeno: sono crani dei suoi sudditi.»

«Perché ha ucciso tanti uomini? Guarda là, vedo un secondo albero pure tappezzato di teste umane.»

«E molti ne vedo più oltre, — disse Jody. — Qui vi sono delle centinaia e centinaia di crani.»

«Delle migliaia, — corresse il malabaro. — Essi ricordano la morte della madre di quel crudele capo.»

«Narra un po', Palicur, — disse Will, — così conosceremo meglio quell'antropofago e sapremo regolarci se un giorno avremo a che fare con lui.»

«Non so se a torto od a ragione, Adikar, dopo aver fondato quel vasto regno, era stato accusato d'aver avvelenato sua madre. Non volendo rimanere sotto il peso d'una così grave accusa, il capo decise di dare tale prova di dolore, da lasciare un lungo ricordo nel suo popolo.

«Radunò quindi le sue bande, si recò alla dimora materna e quando vide la madre esalare l'ultimo respiro, si stracciò le vesti, fracassò le insegne reali e mandò tali urla da atterrire tutti. I suoi guerrieri non trovarono di meglio che imitarlo e per ventiquattro ore migliaia di persone piansero, per ordine del monarca, la morte della vecchia.»

«Scommetto che hanno formato un lago di lagrime o per lo meno una palude intorno alla capanna reale,» disse Jody.

«L'indomani, dopo essersi abbondantemente ristorati, — proseguì il malabaro, — e aver eseguito le danze funebri, Adikar fece scannare un gran numero di schiavi, poi divise i suoi guerrieri in due eserciti e diede il segnale della battaglia, onde la defunta avesse, nel suo viaggio all'altro mondo, una scorta degna del suo grado.

«Alla sera ben settemila guerrieri giacevano senza vita sulla piazza del villaggio. Tutte quelle teste furono inchiodate sui tronchi degli alberi costeggianti il fiume e in quegli stessi dintorni venne fatta scavare una vasta buca in cui fu deposta la morta: a guardia della salma furono poste cinquanta fanciulle scelte fra le più belle della tribù.»

«Quelle disgraziate furono costrette a vivere là dentro un anno, e, cosa incredibile, ressero alla decomposizione di quella salma.»

«Se facesse di noi altrettanto per vegliare sulla tomba di qualche sua moglie?» chiese il quartiermastro, rabbrividendo.

«Adikar non oserà più tanto, — rispose Palicur. — Ha imparato ormai a temere gli uomini bianchi.»

Essendo il sole prossimo a tramontare, i tre ex-forzati diressero la scialuppa verso la riva destra per trovare un posto ove accamparsi.

Le due sponde erano sempre coperte da alberi colossali, i quali crescevano così uniti da non permettere il passaggio ad un essere umano; quindi decisero di passare la notte su un isolotto di pochi metri quadrati, che era ingombro pure di piante, soprattutto di banani dalle foglie immense. Là almeno erano certi di non venire sorpresi dai Vadassi, ammesso che ve ne fossero nelle vicinanze.

Stormi di tortorelle e di rollier svolazzavano al di sopra delle piante, mentre gruppi di pappagalli verdi salutavano le prime tenebre cantando a piena gola.

La scialuppa stava per approdare, quando Palicur, che era a prora scandagliando il fondo, fece cenno a Jody di arrestare la macchina.

«Non c'è acqua?» chiese il quartiermastro che teneva la barra del timone.

«Ho veduto delle bollicine salire dal fondo,» rispose il malabaro corrugando la fronte.

«E che significa?»

«Coccodrilli, signor Will.»

«Non oseranno assalirci.»

«Eh! Chissà!»

Aveva appena pronunciato quelle parole, quando la scialuppa subì un urto così brusco, da far cadere il malabaro ed il mulatto che si tenevano in quel momento in piedi.

«Che vi siano degli ippopotami in questo fiume? — si chiese il quartiermastro. — Eppure non ho mai udito raccontare che in Asia vi siano animali di questo genere.»

«È qualche enorme coccodrillo, signor Will,» disse Palicur.

Si curvarono sui bordi, guardando attentamente l'acqua, mentre il macchinista s'impadroniva d'un rampone che il previdente mandah aveva unito alle armi da fuoco. Era una specie di lancia, dalla lama lunghissima e dentellata per produrre delle ferite più terribili.

«Se lo tocco con questa gli farò passare per sempre la voglia d'importunarci, — disse Jody. — Vale meglio d'una carabina contro quei ributtanti lucertoloni.»

L'acqua, dopo l'urto subito dalla scialuppa, si era così intorbidita da non permettere loro più di scorgere il fondo. L'anfibio, ammesso che si trattasse realmente di qualche mostruoso coccodrillo, doveva aver sollevato il fango con qualche poderoso colpo di coda.

«Vedi nulla, Palicur?» chiese il quartiermastro, armando la sua carabina.

«No, signore,» rispose il malabaro che si teneva prudentemente dietro il bordo, conoscendo la straordinaria audacia di quei mostri.

Ad un tratto due mascelle enormi emersero bruscamente a tribordo dell'imbarcazione, allungandosi rapidamente verso il quartiermastro che stava curvo sull'acqua.

Jody, che teneva il rampone alzato, vibrò un colpo furioso fra le fauci spalancate, spezzando al coccodrillo non pochi denti e lacerandogli il palato. L'anfibio mandò una specie di muggito, vomitò un getto di sangue e si tuffò prontamente, scomparendo agli sguardi di tutti.

«Che ne abbia avuto abbastanza? — chiese Jody. — Non ho mai veduto, nei fiumi dell'India, un coccodrillo così gigantesco.»

«Nemmeno io, — disse Will. — Quello lì deve misurare almeno otto metri.»

«Ritornerà all'attacco?»

«Hanno la pelle dura quei mostri, — rispose Palicur. — Se ci ha assalito vuol dire che è molto affamato, poiché ordinariamente non se la prendono colle scialuppe.»

«Da' un colpo all'elica, Jody, e raggiungiamo l'isolotto, — disse Will. — A terra potremo affrontarlo con minor pericolo.»

«È presto fatto e...»

Non aveva ancora finito la frase, quando Jody si sentì rovesciare addosso al quartiermastro che gli stava dietro. La scialuppa fu sollevata, quindi gettata impetuosamente su un fianco, e gli uomini che la montavano, compreso il malabaro, rotolarono l'uno sull'altro. Quasi nel medesimo istante si udì un lungo scricchiolio nel fasciame ed una tavola venne strappata d'un sol colpo.

Il gigantesco coccodrillo era ricomparso e tentava di fracassare la imbarcazione, troppo debole per resistere a quei denti, che sono solidi quanto l'acciaio meglio temprato.

Will si era prontamente risollevato. Aveva abbandonato la carabina per impugnare una pesante scure, arma meglio adatta per affrontare quei grossi e pericolosi rettili, che sono coperti di scaglie ossee così grosse da resistere anche alle palle delle migliori carabine.

La situazione intanto diventava terribile, perché il coccodrillo, reso furioso per la ferita ricevuta, scuoteva sempre la scialuppa come se fosse un fuscello, quantunque fosse tanto carica. I suoi denti enormi avevano già attraversato un'altra tavola e la sgretolavano.

Il malabaro a sua volta si era alzato, impugnando invece una carabina. Balzò sulle casse per non farsi stritolare dai denti del mostro e fece fuoco quasi a bruciapelo, in direzione d'un occhio.

La palla fracassò parte della scatola ossea, senza penetrare nella massa cerebrale. Era una ferita senza dubbio molto grave, eppure non sufficiente per abbattere un simile animale.

«Signor Will! Jody! Badate!» gridò Paficur, ricaricando precipitosamente l'arma.

«A te, prendi!» tuonò il quartiermastro, alzando rapidamente la scure e lasciandola ricadere con forza disperata.

S'udì un colpo secco e la scatola cranica del coccodrillo si fendette su una lunghezza di venticinque o trenta centimetri.

Quasi nel medesimo istante echeggiò un secondo sparo. Il malabaro aveva di nuovo scaricato l'arma fra le fauci spalancate del bestione, facendogli inghiottire contemporaneamente il proiettile, il fumo ed il fuoco.

Il ferito si volse col ventre in aria, vibrando alcuni poderosi colpi di coda, poi si lasciò affondare.

«Spero che avrà avuto il suo conto, — disse il quartiermastro. — Perbacco, che denti! Ha trapassato una tavola come se fosse un semplice foglio di carta e l'ha staccata di colpo.»

«Un danno che io riparerò presto, signor Will, — rispose Jody. — Vi è una cassetta contenente degli strumenti da carpentiere.»

«Approdiamo,» disse Palicur.

Il banco o meglio l'isolotto non era che a pochi passi. Jody con un colpo di manovella spinse la scialuppa, facendola arenare in mezzo alle piante acquatiche.

I tre ex-forzati balzarono a terra, dopo aver assicurato l'imbarcazione con una fune, onde la corrente, che era piuttosto forte, non la trascinasse via. Fatto il giro di quel brano di terra e assicuratisi che fra le erbe non si celavano dei cobra, prepararono l'accampamento, issando la tenda.

«Mentre allestite la cena cercherò di abbattere qualche volatile, — disse il quartiermastro. — Ho veduto delle anitre bramine diguazzare nel canale che ci separa dalla riva.»

«Vi accompagno, signor Will, — disse il malabaro. — Jody può far cucina da solo.»

Presero due fucili da caccia e, approfittando degli ultimi bagliori del crepuscolo, fecero parecchi colpi contro i volatili acquatici che erano numerosissimi in quel luogo.

Avevano già raccolto sette od otto anitre e si preparavano a tornare verso l'accampamento, quando parve loro di scorgere un'ombra umana scivolare fra i cespugli che coprivano la riva opposta e scomparire velocemente.

«Un uomo?» chiese Will, che aveva armato frettolosamente il fucile.

«Mi parve infatti tale,» rispose il pescatore di perle, che scrutava attentamente le piante.

«Una scimmia?»

«Uhm! Così alta? Non ne ho mai vedute di così enormi, signor Will.»

«Che qualcuno ci spii?»

«Può essere qualche vadasso in cerca di selvaggina. Non preoccupiamoci, signor Will. Domani mattina partiremo per tempo e ci lasceremo indietro quello spione. Tuttavia veglieremo e faremo i nostri quarti di guardia cogli occhi bene aperti.»