La Gemma del Fiume Rosso/6. Il delitto del luogotenente

6. Il delitto del luogotenente

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Il delitto del luogotenente


Il luogotenente del capo delle Bandiere Gialle, quantunque fosse presso la quarantina, era un uomo ancora agilissimo oltre essere robusto non meno di Sun-Pao, capace di intraprendere delle scalate anche più pericolose.

Cintasi attorno ai fianchi la fune che poi doveva gettare per innalzare le scale di corda dell’alberatura, cominciò a salire aggrappandosi alle fessure che erano numerosissime e agli sterpi, che crescevano in quantità.

La parete non presentava alcuna inclinazione, eppure quel diavolo d’uomo s’innalzava rapidamente, come se fosse un quadrumane, approfittando di tutte le asperità per trovare un punto d’appoggio.

Di quando in quando dei pezzi di roccia gli sfuggivano sotto i piedi, o si staccavano sotto le sue dita, ma dopo una breve esitazione Laos riprendeva la salita confidando nella propria forza e nella propria audacia.

Non erano trascorsi dieci minuti che già si trovava a pochi metri dall’orlo superiore della parete. Cominciava a vedere delle piante, i cui rami si mostravano quasi a livello della roccia, quando s’accorse che sopra non vi erano più né crepacci, né fessure che potessero servirgli per superare quell’ultimo tratto.

– Non potrò dunque arrivarci? – mormorò. – Se non riuscissi la sarebbe finita per tutti. E la corda non mi servirà proprio a nulla? Vedo lassù un ramo abbastanza forte per reggere il mio peso. Tutto dipende dalla solidità di questo punto d’appoggio.

Guardò dove posava i piedi. Era un piccolo cornicione tutto screpolato largo non più di un mezzo piede.

– Resisterà? – si domandò. – Speriamo, a meno che la strega non abbia lanciato qualche maleficio su questa muraglia, come lo ha lanciato sul mare.

Per maggior precauzione s’aggrappò ad una radice che sporgeva da un crepaccio, poi colla destra sciolse la fune e ne lanciò un capo verso il ramo che si trovava a tre metri sopra la sua testa.

Quella manovra, non difficile per un uomo di mare, riuscì completamente.

L’estremità della corda, dopo aver varcato il ramo, ricadde quasi nella mano del pirata. Questi si provò a tirare con tutte le sue forze, poi accertatosi della solidità della pianta si preparò ad issarsi.

Stava per alzare i piedi, quando l’intero cornicione gli mancò sotto, rotolando con gran fragore giù dalla parete.

Un grido era sfuggito al pirata.

– La vecchia strega!... Troppo tardi per mia fortuna!... Lo sapevo che mi avresti fatto questo tiro. Non sarò più una Bandiera Gialla se non ti farò fare un capitombolo!... Aspetta un po’, vecchia Man-Sciù!...

Era rimasto sospeso alla fune. Stette un momento immobile per rimettersi dalla terribile emozione, poi, aggrappandosi alla fune con suprema energia, si mise a salire e raggiunse felicemente il ramo.

Come si era immaginato, tutto l’orlo superiore del muraglione era coperto da una vegetazione alquanto folta, composta di banani, di arecche e di alberi del ferro.

Quella zona però era limitatissima, non avendo che un’estensione di cinquanta metri al massimo di larghezza. Al di là s’apriva un altro spaventevole abisso nel cui fondo si scorgeva una immensa foresta, composta d’alberi giganteschi, probabilmente dei tek e dei tamarindi.

Laos si fermò parecchi minuti sull’orlo dell’abisso, guardando il paesaggio che si estendeva a perdita d’occhio, con boscaglie, alture e corsi di acqua.

– Quest’isola deve essere la Pulo Condor – mormorò. – Con una scialuppa potremo raggiungere le isole. Che abisso spaventevole!... Come starebbe bene laggiù la vecchia strega!... Vedrai che volata farai, mia cara! Ah! Tu volevi farmi sfracellare sulle scogliere!... Io ti romperò le ossa sui rami di quegli alberi.

Il bandito, che ormai nutriva un odio profondo contro la disgraziata, alla cui malvagità attribuiva tutte le disgrazie toccate alla giunca ed al suo equipaggio, tornò verso l’opposto margine della muraglia che piombava sul mare.

La giunca non era ancora affondata non ostante il continuo assalto delle onde. Sulla sua tolda si scorgeva Sai-Sing a fianco di Man-Sciù e di Ong e sulla scogliera Sun-Pao, il quale stava preparando le scale di corda.

– Cala la fune! – gli gridò il capo delle Bandiere Gialle, vedendolo ricomparire.

Laos legò un capo della corda al tronco d’un arecca e gettò l’altra nel vuoto.

Pochi minuti dopo ritirava la lunga scala di canapa, che assicurava ad un’altra pianta più grossa.

– Fa’ salire la vecchia! – gridò Laos. – Proverà per la prima la robustezza della scala.

Sun-Pao fece col capo un cenno affermativo. Tornò verso la giunca, prese fra le braccia Man-Sciù e la portò alla base della scogliera, dicendole ruvidamente:

– Sali per la prima; tu che sei un’indovina devi sapere se salirai lassù senza pericolo.

– Man-Sciù ti proverà che è degna della fanciulla del Fiume Rosso e del capo delle Bandiere Gialle – rispose la vecchia.

Si aggrappò alla scala e cominciò a salire mentre Ong portava sulla scogliera Sai-Sing.

Il luogotenente del capo delle Bandiere Gialle, che aveva già formato il suo piano, la spiava come una tigre in agguato. Un sogghigno atroce gli errava sulle labbra.

– Su, su – mormorava – per poi fare un bel salto. Ah! Tu getti malefizi dovunque? Vedremo se sarai capace poi di salvare la tua vecchia carcassa.

Man-Sciù, malgrado la sua età avanzata, saliva sempre senza dare indizio di stanchezza, né di provare le vertigini.

Quando raggiunse l’orlo superiore della parete, Laos le tese ambe le braccia e la sollevò.

– Hai ancora dei buoni muscoli – le disse. – Devi essere davvero una strega.

– No, sono un’indovina.

– Fa lo stesso – disse il miserabile con un sorriso. – Vieni dall’altra parte della roccia e vedrai un panorama incantevole.

– Aspetto che salga Sai-Sing.

– Non temere per lei; Sun-Pao l’aiuterà. Vieni a vedere.

Man-Sciù non si mosse: negli occhi del pirata aveva scorto un lampo che tradiva delle brutte intenzioni.

– Aspetto che salga Sai-Sing – ripeté con maggior forza. – M’interessa più quella fanciulla che il panorama.

Il bandito comprese che la vecchia non si fidava di lui. Si curvò sull’abisso e vide Ong salire la scala.

Aveva appena montato i primi gradini e saliva lentamente. Prese subito il suo partito.

– Sì, aspettiamo – disse tentando di sorridere. – Aiutami a tenere ben tesa la scala.

Man-Sciù, che cominciava a rassicurarsi, obbedì e si curvò sulle corde. Ad un tratto si sentì afferrare e sollevare in aria mentre una mano le turava la bocca per impedirle di gridare.

Il miserabile l’aveva presa e correva verso l’abisso opposto, stringendola con tutte le sue forze.

– Non getterai più malefizi sul mare, vecchia strega! – urlò.

Man-Sciù si dibatteva disperatamente e cercava di allontanare la mano che le chiudeva la bocca, per chiamare aiuto, ma il pirata era d’una robustezza eccezionale.

Giunto sul margine del baratro che s’apriva dal lato opposto del muraglione, si era già curvato per scaraventare la vecchia fra gli alberi, che si vedevano innalzarsi dal fondo, quando gettò un acuto grido di dolore.

Man-Sciù, che era riuscita ad allontanargli la mano che le chiudeva la bocca, gli aveva stretto le dita fra i suoi aguzzi denti, cercando di troncargliele.

Il dolore provato dal luogotenente delle Bandiere Gialle era stato così intenso da farlo piegare su se stesso.

Quella mossa improvvisa ed i contorcimenti della vecchia gli fecero perdere l’equilibrio.

Un grido orribile gli sfuggi dalle labbra: era piombato nell’abisso assieme alla vittima.

Per qualche istante, quei due corpi rotearono insieme nel vuoto, l’uno stretto all’altro, poi si separarono e scomparvero fra gli alti alberi che coprivano il fondo.

Quando Ong giunse sulla cima dell’alta muraglia, rimase profondamente sorpreso di non vedere né il luogotenente di Sun-Pao, né la madre che poco prima, mentre saliva, aveva scorta insieme.

Credendo che si fossero recati in cerca di frutta, essendovi dei banani a breve distanza, sul momento non se ne preoccupò molto, non immaginandosi nemmeno lontanamente ciò che era avvenuto dalla parte opposta di quell’enorme scogliera.

– Occupiamoci di Sai-Sing – disse. – Torneranno presto con una buona raccolta di banani e fors’anche di noci di cocco.

La fanciulla del Fiume Rosso stava salendo. La figlia dell’eroe di Seul s’innalzava tranquilla, senza nessuna esitazione, dando prova d’una agilità e d’una forza straordinaria, che più d’un marinaio le avrebbe invidiato.

Più sotto montava Sun-Pao, portando tre moschetti, una buona provvista di polvere e di palle e la scimitarra.

Il pirata seguiva ansiosamente collo sguardo la valorosa fanciulla, ammirandone il sangue freddo ed il coraggio. Era ben degna Sai-Sing di diventare la regina delle Bandiere Gialle.

Quando la vide raggiungere la cima e saltare agilmente sulla cresta senza aver bisogno di Ong, il pirata affrettò la salita, giungendo poco dopo di lei sul margine del muraglione.

– Sai-Sing – le disse – io ti ammiro. Nessuna fanciulla del Tonchino potrebbe gareggiare con te.

La fidanzata dello sfortunato Lin-Kai rispose con un sorriso quasi sdegnoso.

– E Man-Sciù? – chiese. – Dov’è che non la vedo, Ong?

– Sarà andata a cercare delle frutta assieme a Laos per offrirtele – rispose il giovane.

Sun-Pao, udendo quella risposta e non vedendo né la vecchia, né il luogotenente, aveva provato un sussulto. Egli non aveva dimenticato i truci propositi del suo sotto-capo e gli era nato il sospetto che avesse approfittato dell’occasione per sopprimere la disgraziata Man-Sciù, onde impedirle di gettare altri malefizi. Nondimeno nascose i suoi pensieri e si limitò a dire a Sai-Sing:

– Li troveremo, non saranno andati molto lontani.

– Si udrebbero, capo – disse Ong con accento di terrore – mentre invece nessuna voce umana risuona fra queste piante. Che sia toccata loro qualche disgrazia?

Sai-Sing guardò Sun-Pao, ma il capo delle Bandiere Gialle appariva così tranquillo che ogni sospetto le si dileguò.

– Cerchiamoli – disse la fanciulla.

Si cacciarono sotto le piante, chiamandoli ad alta voce, ma senza ottenere risposta. Quel silenzio atterrì la fanciulla del Fiume Rosso.

– Se fossero vivi si vedrebbero – esclamò con profonda angoscia. – Che qualche belva li abbia sorpresi e divorati?

– Si vedrebbe del sangue e poi è impossibile che siano stati divorati in due o tre minuti – disse Ong.

– Sun-Pao – disse la Gemma del Fiume Rosso, slanciandosi verso di lui e fissandolo negli occhi. – Che cosa ne pensi tu di questa scomparsa misteriosa? Parla, capo delle Bandiere Gialle.

Il pirata, che pareva in preda a una profonda preoccupazione e che da qualche momento si era fermato, guardando il baratro, come se già avesse indovinato che il suo luogotenente e la vecchia dovevano trovarsi sotto quelle immense piante, orribilmente sfracellati, per la seconda volta sussultò e tentò di sottrarsi allo sguardo indagatore della fanciulla.

– Non so che cosa dire – balbettò. – Cerchiamo ancora.

– Cercare e dove? A quale scopo si sarebbero allontanati mentre sapevano che noi stavamo salendo?

– Allora è successa una disgrazia.

– O è stato commesso un delitto? – chiese Sai-Sing con veemenza.

– Un delitto!... – esclamò Sun-Pao, fingendo la massima sorpresa. – Che cosa dici, fanciulla?

– I tuoi uomini temevano la vecchia Man e l’odiavano ritenendola una strega.

– I miei uomini erano degli stupidi e sai come io l’ho trattati quando volevano scagliarsi su Man-Sciù per ucciderla. È vero, Ong?

– Sì, tu ed il tuo luogotenente l’avete difesa – rispose il giovane. – Perché supporre ora che Laos si sia disfatto della tua protettrice? Egli non era superstizioso e non credeva ai malefizi. Deve essere avvenuta una disgrazia... Ah! Guarda Sai-Sing, se mi sono ingannato.

Sun-Pao si era accostato vivamente all’orlo dell’abisso, mostrando una profonda erosione che pareva fatta di recente. Delle pietre avevano lasciato la loro orma e si vedevano anche i rami d’un piccolo cespuglio, che cresceva proprio sul margine, in parte spezzati.

– I disgraziati sono precipitati nell’abisso! – esclamò, rabbrividendo. – La terra è franata sotto i loro piedi e sono precipitati assieme.

Sai-Sing aveva mandato un grido d’orrore mentre il povero Ong scoppiava in singhiozzi.

– Morta!... Man-Sciù morta! – esclamò la fanciulla.

– È impossibile che si siano salvati – disse Sun-Pao fingendosi commosso. – Una caduta di trenta metri sopra delle piante.

– Andiamo a cercarla, Sun!

– Non sarà cosa facile – rispose il pirata.

– Abbiamo la scala.

– Non è sufficientemente lunga. Forse troveremo qualche sentiero che ci permetterà di scendere in questo vallone; non sperare però di trovare ancora vivi né Man-Sciù, né il mio luogotenente.
Ong, va’ a prendere le nostre armi e le munizioni, e cerchiamo di scendere. Ehi, ragazzo, amavi anche tu la vecchia per singhiozzare in tal modo? Non sono use a piangere le Bandiere Gialle.

– La morta era...

Voleva aggiungere mia madre, ma si trattenne a tempo e aggiunse:

– L’amica della Gemma del Fiume Rosso.

– Rincresce anche a me – disse Sun-Pao, fingendosi commosso. – Sbrigati! Va’ a prendere le armi.

Mentre Sai-Sing, vinta dal dolore poiché amava profondamente quella vecchia che le aveva dato tante prove di affezione e di devozione, piangeva silenziosamente seduta sotto un banano, il capo delle Bandiere Gialle esaminava attentamente il margine dell’abisso, chiedendosi se erano scivolati insieme per caso od in seguito ad una terribile lotta.

I suoi occhi esperti avevano subito notato che le erbe che crescevano presso il burrone apparivano calpestate e che alcune erano state anche strappate.

– La vecchia ha trascinato Laos con sé – mormorava. – Lo stupido!
Ci voleva così poco per scaraventarla sola nell’abisso! Non era già un gigante quella donna. Eccoci ora in un bell’imbarazzo! Egli era abile a costruire i canotti e mi sarebbe stato di grande aiuto. Tre volte imbecille! Io non glielo avevo detto di ammazzare l’indovina.
Se si è fracassato le reni ed il dorso tanto peggio per lui.

Ong tornava in quel momento, portando le armi e le munizioni.

Il giovane non piangeva più; nei suoi occhi però balenava una cupa fiamma, giacché aveva in parte indovinato che cosa era accaduto.

– Vieni, Gemma del Fiume Rosso – disse con voce triste alla fanciulla. – Un giorno noi vendicheremo non solo Lin-Kai ma anche mia madre. Taci e se hai anche tu dei sospetti, dissimula.

– L’hanno uccisa, è vero? – mormorò la fanciulla.

– Ne ho la convinzione: silenzio.

Sun-Pao si avanzava verso di loro.

– Andiamo, Sai-Sing – disse. – Desidero chiarire questo mistero e, se Man-Sciù è morta, sottrarla almeno al becco degli avvoltoi e ai denti delle belve feroci.

La fanciulla si era alzata senza rispondere. Ogni traccia di commozione pareva che fosse scomparsa dal suo viso.

Sun-Pao guardò per qualche istante la cresta dell’enorme muraglia, poi si mise in marcia.

Aveva osservato che verso il sud declinava rapidamente, era quindi probabile trovare da quella parte qualche sentiero che permettesse loro di scendere nel vallone. Tutta la sommità del muraglione, che si estendeva su una larghezza di venticinque a trenta metri, era coperta di banani, di mangostani e di folti cespugli, in mezzo ai quali circolavano dei grossi pappagalli rossi e verdi e dei tucani che avevano becchi enormi.

Sun-Pao, il quale camminava con passo rapido, giunse presto in un luogo dove s’apriva un profondo canalone che doveva essere stato scavato dalle piogge e che permetteva di scendere nella valle sottostante.

– Appoggiati a me e scendiamo – disse a Sai-Sing.

La fanciulla obbedì.

Il pirata, che era robustissimo e agile, cominciò a scendere aggrappandosi agli sterpi, seguìto da Ong il quale aiutava pure la Gemma del Fiume Rosso. Mezz’ora dopo giungevano felicemente nel vallone.

Colà degli alberi enormi, dei calambuchi, si ergevano formando col loro fitto fogliame una volta quasi impenetrabile alla luce del sole.

Un silenzio profondo regnava sotto quei colossali vegetali: non si udiva nemmeno un uccello cantare, né un insetto ronzare.

– Che brutto luogo! – disse Sun-Pao.

– Dove sarà caduta la povera Man-Sciù? – chiese Sai-Sing.

Il pirata alzò gli sguardi verso la parete rocciosa, poi disse:

– Non siamo che a tre o quattrocento metri dal luogo ove sono precipitati. Seguiamo la parete e troveremo presto i loro corpi.

Si erano rimessi in cammino, avanzando con precauzione e tenendo le armi in pugno, per paura d’un improvviso attacco.

Tutte le isole del mare del Tonchino sono abbondantemente popolate di tigri, di pantere e soprattutto di serpenti per la maggior parte velenosissimi e Sun-Pao più degli altri non lo ignorava, quindi si avanzava con molta prudenza.

E non aveva torto. Fra le foglie secche ed i cespugli si vedevano fuggire dei serpenti dalle scaglie gialle a macchie nere, con una testa grossa che si rialzava in forma di cappello sul cranio, e Sun-Pao sapeva quanto fossero pericolosi.

Erano dei cobra, i rettili più velenosi che si conoscano, i quali uccidono l’uomo più robusto in meno di un minuto ed il cui morso non si può medicare, non essendosi ancora trovato alcun antidoto efficace.

E non erano i soli. Altri se ne vedevano appesi ai rami, in attesa che una preda qualunque passasse per avvilupparla.

Erano quelli dei pitoni, serpenti mostruosi che, se non sono velenosi, posseggono una tale forza da stritolare fra le loro spire perfino un bue od un cavallo.

Per una diecina di minuti Sun-Pao ed i suoi due compagni seguirono la parete, aprendosi a fatica il passo fra gli arbusti che crescevano foltissimi sotto gli alberi, poi il primo si fermò bruscamente, dicendo:

– Gli avvoltoi! Brutto segno.

Sette od otto grossi uccellacci, tutti neri, si erano alzati dietro un folto cespuglio, innalzandosi rapidamente ed appiattandosi fra il fogliame di un simaraba.

– Sì, brutto segno – aveva risposto la fanciulla con un sospiro. – Non si mostrano che dove vi sono dei morti da divorare. Povera Man-Sciù! Ormai ho perduto ogni speranza di ritrovarla viva.

Si diressero sollecitamente verso il cespuglio.

– Laos! – aveva esclamato Sun-Pao, allargando i rami.

Il luogotenente delle Bandiere Gialle giaceva presso il tronco d’un sambas, fra alcuni rami spezzati che doveva aver schiantati nella caduta.

Il miserabile era ridotto in uno stato raccapricciante. Aveva le membra fracassate, il cranio spaccato e gli mancava già buona parte della pelle del viso, strappatagli certamente dagli avvoltoi che erano fuggiti poco prima.

Sai-Sing non aveva potuto trattenere un gesto d’orrore e aveva volto gli sguardi altrove.

– Che caduta! – disse Sun-Pao. – Se il mio luogotenente è ridotto in questo stato miserando è impossibile che Man-Sciù possa essersi salvata. Gl’imprudenti!... Che motivo avevano per avvicinarsi tanto all’abisso?

Sai-Sing e Ong lanciarono sul pirata uno sguardo ripieno d’odio.

– Cerchiamo Man-Sciù – disse la fanciulla con voce quasi imperiosa.

– Non dovrebbe essere lontana – rispose Sun-Pao. – Aiutami a cercarla, Ong.

Girarono intorno all’albero, poi allargarono le loro ricerche, frugando anche in mezzo ai cespugli senza successo.

Dopo una buona mezz’ora dovettero convincersi che Man-Sciù non era caduta in quel luogo.

– Non so spiegarmi questa scomparsa – disse Sun-Pao a Ong. – Se sono caduti insieme, dovevamo trovarli a breve distanza l’uno dall'altro, a meno che la vecchia non abbia precipitato a tradimento il mio luogotenente e poi sia fuggita. In tale caso me la pagherebbe cara quella strega.

– Chi? Man-Sciù assassinare Laos! – esclamò Ong con indignazione. – Per quale motivo?

– Che ne so io.

– È più possibile che sia stato Laos a gettare Man-Sciù e che nella lotta sia caduto insieme.

– Allora ti chiederò anch’io: per quale scopo?

– Per paura che gli gettasse qualche malefizio.

Sun-Pao alzò le spalle, poi disse:

– Che qualche belva se l’abbia portata via? Non saprei spiegare diversamente la sua scomparsa.

– Sai-Sing non lascerà questi luoghi senza aver prima trovato il cadavere della sua compagna.

– La fanciulla farà ciò che vorrò io – disse il pirata con tono minaccioso. – Non vi è qui Kin-Lung a difenderla e nemmeno vi sono i suoi montanari. Non abbiamo tempo da perdere e mi preme tornare alle mie isole.

– E con che cosa?

– Scaveremo un albero e ci costruiremo un canotto. In otto giorni possiamo terminarlo. Torniamo e lasciamo che la vecchia si seppellisca da se stessa, se non ha già trovato una comoda tomba nel ventre di qualche tigre.

Ong, udendo quelle parole, aveva rapidamente levato il moschetto che teneva ad armacollo quando in quel medesimo istante sotto le volte di verzura si udì rimbombare un urlo spaventevole seguìto da un grido di donna.

Sun-Pao aveva fatto un salto.

– Sai-Sing! – gridò.

Una voce semisoffocata, quella della fanciulla, aveva risposto:

– Aiuto!

– Hanno assalito la Gemma del Fiume Rosso! – gridò Ong.

Sun-Pao si era già slanciato fra gli alberi, armando precipitosamente il fucile.

Le grida della fanciulla si udivano ancora, ma diventavano sempre più fioche.

Sun-Pao e Ong correvano come se avessero le ali, pronti a sfidare qualunque pericolo pur di strappare la fanciulla alla belva che l’aveva sorpresa e rapita.

Giunti su uno spiazzo che era quasi sgombro di alberi, videro una scimmia gigantesca che fuggiva rapidamente, stringendo fra le braccia villose la povera fanciulla.

Era più alta d’un uomo, col pelame rossastro, le spalle larghissime e le braccia enormi.

– Un mias! – gridò Sun-Pao, che aveva già veduto altre volte quelle terribili scimmie che sono il terrore di tutti gli isolani del mar del Tonchino e della Sonda.

L’enorme quadrumane, accortosi di essere inseguito, si era arrestato un momento, volgendosi come se si preparasse a far fronte ai nemici.

Era spaventevole con quel cranio depresso, quella faccia sporgente, quel naso schiacciato e quella bocca che gli giungeva da un orecchio all’altro, armata d’una dentatura formidabile.

Colla mano sinistra che aveva libera si percosse furiosamente il petto, che risuonò come una gran cassa, poi mandò un urlo rauco che si ripercosse lungamente nella vallata.

Sun-Pao aveva puntato il fucile; Ong fu pronto però ad abbassargli la canna.

– Se lo sbagli, farà in pezzi la fanciulla! – gli disse. – E poi potresti colpirla.

– Affrontiamolo colle scimitarre! – gridò il pirata, che sembrava profondamente commosso. – Ah! Povera Sai-Sing! Addosso, Ong, facciamolo a pezzi!...

Il mias non li attese. Vedendoli avanzare colle scimitarre in pugno, riprese la corsa, tenendosi sempre ben stretta la fanciulla, che non dava più segno di vita, e si diresse verso un gruppo di calambuchi altissimi.

– Ong, ci sfugge! – gridò Sun-Pao.

– Inseguiamolo – rispose il figlio dell’indovina. – Non lasciamo che uccida la Gemma del Fiume Rosso.

Il quadrumane che faceva salti immensi non penò molto a distanziarli.

In pochi istanti raggiunse le piante e, abbracciata la più grossa col braccio sinistro, aiutandosi anche coi piedi, si mise a scalarla con rapidità prodigiosa, senza abbandonare la fanciulla che doveva essere svenuta.

Quando Sun-Pao e Ong giunsero presso all’albero, il mostro si era già nascosto fra il fitto fogliame. Si udiva però urlare ferocemente e scuotere furiosamente il fogliame.

– Fuciliamolo – disse Sun-Pao che era pallido come un morto. – I mias sono terribili e finiscono per strangolare le donne che rapiscono. Se Sai-Sing morisse non avrei più scopo di vivere.

– E se la colpisci? – chiese Ong che non era meno spaventato del pirata.

– Mirerò in modo da spaccare la testa al mostro. Lo vedi tu?

– No.

– Stiamo attenti e appena si mostra facciamo fuoco. Mira attentamente e cerca di colpirlo al cuore.

– Povera Sai-Sing.

– Taci: l’odi? Deve essersi nascosto su quel ramo.

– Non oso far fuoco, capo.

– Questo non è il momento di esitare. Se non sei un poltrone, spara.

– Io tremo all’idea di colpire la fanciulla del Fiume Rosso – disse Ong con angoscia.

– Se le braccia ti tremano lascia fare a me – rispose Sun-Pao. – Il capo delle Bandiere Gialle non soffre l’eccitazione dei nervi. Se non potremo salvarla, almeno cercherò di vendicarla.

Si era accostato all’albero e guardava attentamente fra il fogliame, sperando di scorgere la mostruosa scimmia.

Il gigantesco quadrumane di quando in quando interrompeva il suo grido spaventevole. Allora lo si udiva spezzare dei rami che rimbalzavano pesantemente sul tronco sonoro del calambuc prima di ricadere al suolo.

Sun-Pao, disperando di scoprirlo fra il foltissimo fogliame della pianta, si era messo ad esaminare attentamente ogni ramo.

Ad onta del suo sangue freddo, ad un tratto trasalì.

– Lo vedo – disse sottovoce. – È quasi a venticinque metri di altezza e mi pare che sia anche ferito. Che Sai-Sing, prima di lasciarsi rapire, lo abbia colpito colla scure che le avevamo lasciato? Che coraggiosa fanciulla! Non deve però essere stato toccato gravemente, giacché non mi sembra indebolito. Vediamo se riesco a farlo sloggiare e abbandonare la sua vittima.

– Non temi di aumentare la sua collera senza avere la probabilità di ucciderlo? – chiese Ong che tremava per la vita della fanciulla.

– Cercherò di colpirlo al cuore – rispose freddamente il capo delle Bandiere Gialle. – Il mio moschetto è di buon calibro e, con una carica di polvere come quella che vi ho messo dentro, sarei ben disgraziato se non lo uccidessi sul colpo.

Poi, con una calma di cui sarebbe stato orgoglioso un inglese, alzò lentamente il suo fucile e mirò attraverso il folto intrecciamento di rami e di fogliame.

Sia che l’enorme quadrumane si fosse prontamente sottratto, sia che Sun-Pao si fosse sviato cercando il punto di mira, il fucile rimase muto.

– Che si sia nascosto? – mormorò Sun-Pao. – Non lo vedo più.

– Aiuto!... Aiuto!... – gemette in quell’istante una voce lamentevole, con un orribile accento d’angoscia.

A quelle parole Sun-Pao e Ong si sentirono fremere.

– Capo – disse il figlio di Man-Sciù. – Sai-Sing è ancora viva. Uccidiamo quell’orribile mostro.

– Lo cerco – rispose Sun-Pao. – Non sai che darei buona parte del mio sangue per salvarla. Comprendi ora come io amo la Gemma del Fiume Rosso? Se non riesco a scoprirlo salirò sulla pianta e l’assalirò a colpi di scimitarra, checché possa accadere.

Ad un tratto vide il fogliame agitarsi con violenza e udì distintamente i rami scricchiolare.

Sun-Pao non esitò più. Una detonazione assordante, seguìta quasi subito da un urlo spaventevole, scoppiò come il tuono e si ripercosse attraverso i boschi.

– Colpito! – esclamò Ong armando il proprio fucile e passandolo al capo delle Bandiere Gialle.

Un capitombolo fulmineo succede al feroce lamento, poi appare un gran corpo peloso che scivola, rotola, balza di ramo in ramo, ma aggrappandosi a tutti gli ostacoli in modo da rallentare la caduta. È il mias, ferito gravemente senza dubbio, ma ancora terribile.

Riesce ad avvinghiarsi ad un ramo obliquo, pone i piedi su un altro ramo laterale e contempla per qualche istante, coi suoi occhietti neri e fiammeggianti di rabbia, i suoi nemici.

Non è più che a sei o sette metri d’altezza.

Le sue mascelle enormi, dai lunghi denti gialli, battono violentemente.

Un ghigno bestiale contrae la sua faccia, mostruosa caricatura d’un volto umano. Dalla sua gola escono, con urla formidabili che sembrano emesse da una laringe di metallo, dei fiotti di sangue spumoso, mentre dalla sommità del petto, un po’ a sinistra, in direzione del cuore, spruzza un getto rosso che ricade in pioggia sul pelo.

Facendo uno sforzo supremo, sta per slanciarsi a terra e forse far pagare cara la vittoria ai suoi avversari.

Disgraziatamente un grido di terrore si fa udire.

Sai-Sing, che era stata deposta fra due grossi rami, tornata in sé si era rialzata invece di tenersi quieta.

Il mias, vedendola a così breve distanza, invaso da una collera furiosa, invece di saltare a terra, si volge verso la sua vittima, mandando un urlo di cui non si potrebbe descrivere l’intensità.

Sun-Pao, che aveva già alzato l’archibugio passatogli da Ong, per la seconda volta fa fuoco.

Il proiettile colpisce per la seconda volta la gigantesca scimmia, non più in pieno petto bensì sul muso, fracassandole una mascella, ma non riesce ad arrestarla.

La disgraziata Gemma del Fiume Rosso è perduta. Il mostro già si china per riafferrarla quando un terzo sparo rimbomba.

Ong, che aveva ricaricato precipitosamente il moschetto, aveva fatto fuoco.

Il mias questa volta era stato colpito sotto l’ascella e la palla lo aveva passato da parte a parte, spaccandogli il cuore.

Il mostro fu visto drizzarsi in tutta la sua altezza, oscillare per un istante, stringere fra le enormi mani il petto deforme e sanguinante, poi cadere a piombo sul suolo, dove giacque immobile dopo di aver mandato un sordo rantolo.

– Morto! – gridò Sun-Pao spaccandogli il cranio con un tremendo colpo di scimitarra.

Ong, gettato il fucile, si era slanciato verso l’albero il cui tronco era avvolto fra una fitta rete di piante parassite.

Quasi agile come la scimmia gigante, si mise a salire e raggiunse ben presto i due rami fra i quali Sai-Sing, vinta per la seconda volta dall’emozione, era caduta.

Per fortuna quei rami erano così grossi e così uniti che la fanciulla non era potuta cadere.

Il figlio di Man-Sciù la legò colla sua lunga fascia di seta rossa e la calò dolcemente a terra, dove Sun-Pao l’attendeva colle braccia aperte.

La fanciulla era pallida come una morta, ma pareva che non avesse riportato ferita alcuna.

Nemmeno le sue vesti erano state guastate dalle unghie del mostro.

– Dell’acqua, Ong – disse il pirata visibilmente commosso.

– Odo scrosciare laggiù una cascatella – rispose il figlio di Man, indicando l’estremità della valle. – Vieni.

Si appoggiò al petto la fanciulla e partì di corsa, seguìto da Ong che portava i due moschetti.

Un quarto d’ora dopo giungevano presso una cascatella, che si precipitava entro un largo bacino contornato da folte piante.

Ong immerse il suo cappello di paglia nell’acqua fresca e limpida, poi spruzzò il viso della fanciulla.

Bastò quell’impressione di freddo per farle riaprire subito gli occhi.

Vedendosi fra le braccia di Sun-Pao arrossì, poi impallidì, quindi con uno sforzo si liberò da quella stretta, dicendo:

– No... non ho bisogno di aiuti. L’emozione è passata.

– Sei ferita, Sai-Sing? – chiese premuroso il capo delle Bandiere Gialle.

– No – rispose asciuttamente la fanciulla.

Poi, dopo un breve silenzio, chiese:

– L’avete ucciso quel mostro?

– Con tre colpi di fucile.

– Come era orribile! – mormorò Sai-Sing che rabbrividiva ancora.

– Ti aveva sorpresa?

– Sì, mentre stavo raccogliendo dei banani. Mi piombò addosso così improvvisamente che non ebbi il tempo di fuggire.

– Si teneva imboscato su qualche albero – disse Ong.

– E aspettava che voi foste lontani per afferrarmi.

– Sono terribili quelle scimmie colossali – disse Sun-Pao. – Rapiscono sovente delle donne anche nelle nostre isole, dove non mancano, malgrado la caccia incessante che fanno loro i miei uomini.
Puoi camminare, Sai-Sing, o vuoi che io ti porti?

– Saprò marciare da sola. Dove vuoi condurmi?

– Desidero giungere alla spiaggia più vicina, per intraprendere subito la costruzione d’un canotto. Ne ho abbastanza di quest’isola, quantunque ci troviamo qui solo da poche ore.

– Oh! Sì, dobbiamo andare alle isole – disse Sai-Sing, come parlando fra sé.

Stette un momento immobile, come sopra pensiero, poi disse improvvisamente:

– E Man-Sciù?

– Non l’abbiamo più trovata – rispose Sun-Pao. – Io suppongo che qualche tigre abbia portato via il suo cadavere.

Sai-Sing soffocò un sospiro, poi disse con voce secca:

– Andiamo.

Il suo bel viso in quel momento aveva assunto un’espressione così cupa che Sun-Pao ne fu colpito.

– Che cos’hai, Gemma del Fiume Rosso – le chiese. – Ti senti male?

– No, un po’ d’emozione: questa vallata mi fa paura.

Si rimisero in cammino, tenendosi l’uno dietro l’altro. Sun-Pao apriva la marcia, Ong la chiudeva.

Le foreste si succedevano alle foreste e sempre così fitte da costringere i naufraghi a fermarsi di frequente per aprirsi un passaggio a colpi di scimitarra.

Verso il mezzodì giungevano quasi improvvisamente sulla riva del mare.

Colà la spiaggia non era più alta, né frastagliata; scendeva invece dolcemente, tutta cosparsa di sabbia e di quelle grosse conchiglie che sono così numerose in quei paraggi e che non sono meno deliziose delle nostre ostriche.

– Ci accamperemo qui, finché avremo trovato qualche rifugio – disse Sun-Pao. – Gli alberi sono a breve distanza dal mare e non avremo difficoltà ad abbatterne uno per fare una buona piroga. Fra una settimana noi potremo imbarcarci e tornare alle isole. Ong, fa’ raccolta di conchiglie, mentre io cerco delle frutta.