La Gemma del Fiume Rosso/4. Le trombe marine

4. Le trombe marine

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Le trombe marine


Era mezzodì quando i due drappelli, che anche nel ritorno non si erano mescolati come se da un istante all’altro avessero dovuto impegnare la lotta, giungevano sulle rive del fiume, dove si erano arrestati i due sampan.

Ong, che li aveva preceduti, arrivava in quel momento conducendo un bel canotto che era andato a prendere ad un villaggio vicino e che doveva servire per condurre fino alle giunche sua madre e la Gemma del Fiume Rosso.

I guerrieri rimasti a guardia dei sampan, vedendo tornare i loro capi preceduti dalla futura regina delle isole, avevano fatto agli uni e all’altra un’accoglienza entusiastica, giacché anch’essi avevano dubitato assai della buona riuscita della spedizione ed avevano temuto che la Gemma avesse invece preparato un agguato per vendicare Lin-Kai.

Sai-Sing, che conservava una calma da far stupire perfino Man-Sciù, aveva preso posto nella canoa di Ong, su due cuscini di seta azzurra ricamati in oro che i due capi le avevano offerti; poi aveva dato subito il segnale della partenza.

La piccola imbarcazione, abilmente guidata dal figlio della strega, che, come tutti i tonchinesi, era un abile rematore, si era abbandonata alle acque del fiume, preceduta dal sampan di Kin-Lung e scortata da quello di Sun-Pao.

Man-Sciù, sdraiata ai piedi della bella fanciulla, sorrideva malignamente, gettando di tratto in tratto un lungo sguardo d’odio implacabile sulle Bandiere delle isole e mormorando sottovoce minacce misteriose.

Pareva pienamente soddisfatta di quello scioglimento inatteso e felice di poter scendere quel fiume che doveva condurla al mare e rideva, rideva silenziosamente, mentre i suoi occhietti neri s’accendevano di cupi lampi.

La regione boscosa era stata attraversata. Le rive del fiume si abbassavano rapidamente, mostrando infinite risaie solcate da canali dove guazzavano a stormi oche e anitre selvatiche e nuvole di cornacchie bianche.

Tutto il basso Tonchino non è che una risaia, d’una fertilità prodigiosa.

Il riso è l’unico prodotto che si coltiva, essendo il cibo naturale e principale di quei popoli. Lo raccolgono ogni tre mesi e ne hanno di tutte le sorta, di bianco, di rosso, di giallo e perfino di nero e di una bontà squisita.

I barcaiuoli s’affrettavano, ansiosi di giungere al mare. Le Bandiere non erano vedute di buon occhio dagli abitanti di quelle terre e temevano sempre un attacco.

Verso sera la foce del fiume comparve bruscamente e sulla superficie tranquilla del mare, illuminata dalla luna, si distinsero le due giunche da guerra dei capi, veleggianti qualche miglio al largo.

– Eccole, le loro navi – disse Man-Sciù alla fanciulla additandogliele. – Hai paura, Sai-Sing?

– No – rispose la fanciulla, con voce ferma.

– Esse ci condurranno alle isole.

– Ed io vedrò Lin-Kai.

– E soprattutto il tha-ybu – disse la vecchia, con un sorriso misterioso. – Egli non si pronuncerà subito perché ci sarò io. Si tratta di guadagnar tempo per ora, per mettere in salvo, innanzi tutto, Lin-Kai.

– Io tremo per la sua vita – disse la fanciulla, con voce commossa. – Se Sun-Pao e Kin-Lung lo facessero sparire?

– Ong sa dove è stato relegato, e veglierà su di lui. Anch’io posseggo un filtro ben più terribile di quello che hanno le Bandiere Nere e Ong se ne servirà contro i guardiani di Lin-Kai. Quando il valoroso sarà al sicuro, solo allora il tha-ybu si pronuncerà e vedremo i due banditi scannarsi a vicenda. Noi ci vendicheremo, Gemma del Fiume Rosso.

– Dimmi finalmente perché anche tu odi tanto i due capi e che cosa ti hanno fatto?

– Essi hanno spezzato la mia felicità come hanno spezzato la tua. Un giorno ti dirò tutto.

– Che i due capi non abbiano alcun sospetto sulle mie intenzioni?

– Essi non dubitano che tu creda realmente che Lin-Kai sia stato rapito e ucciso dai pirati annamiti. Bada di non tradirti, od il tuo fidanzato sarà perduto.

– Non uscirà nessuna parola compromettente dalle mie labbra.

– E bada soprattutto di mostrarti tranquilla e dolce verso i due capi, almeno fino al giorno in cui il tha-ybu annuncerà la sua decisione.

– Lo conosci tu quell’indovino?

Un sospiro uscì dalle labbra della vecchia, un sospiro che parve un gemito soffocato.

– Sì – disse poscia – e se Lin-Kai è ancora vivo, lo deve a lui.

– Perché si è opposto alla morte del mio fidanzato? – chiese la Gemma con stupore.

– Perché Ong gli aveva parlato a nome mio.

– Tu hai dunque dell’influenza sul tha-ybu?

– Più di quella che tu possa immaginarti.

– E dove l’hai veduto quell’uomo?

– Non posso dirtelo. Lascia per ora che serbi il segreto per me sola – riprese la vecchia. – Sappi intanto che il tha-ybu ha ricevuto da me l’incarico di vegliare su Lin-Kai. Tutti lo temono, credono che possa, con una sola parola, scatenare i venti e le onde e che comandi al destino. Ecco le giunche che si accostano. Tu quale salirai?

La Gemma del Fiume Rosso stava per rispondere, quando i due sampan presero in mezzo la canoa, obbligandola ad arrestarsi.

– Sai-Sing – disse Sun-Pao – ti offro la mia giunca che è la più veloce di quante ne posseggono le Bandiere Gialle.

– Ed io ti offro la mia che è la più solida di quante solcano i mari della Cina e del Tonchino – disse a sua volta Kin-Lung.

– A me la preferenza – gridò Sun-Pao con voce minacciosa.

– La sorte decida – rispose Kin-Lung. – A te, vecchia, che ti spacci per indovina.

Man-Sciù possedeva come il lanzu, le piastrelle di rame coi misteriosi caratteri. Le gettò nel fondo del canotto, guardandole attentamente.

– Sun-Pao è il favorito – disse.

Kin-Lung si morse le labbra a sangue e lanciò sul fortunato rivale uno sguardo pieno di minaccia.

La giunca di Sun-Pao si era accostata, abbassando la scala, e la Gemma, leggera come una tortorella, era salita sulla tolda, seguìta da Ong e dalla vecchia.

I sampan e la canoa furono legati alla poppa delle due navi e le Bandiere delle isole volsero le spalle alle coste del Tonchino, veleggiando verso l’alto mare.

Erano due vascelli superbi quelli dei due capi, scelti fra i più belli che possedevano e che avrebbero potuto destare l’invidia dei più ricchi mandarini del Tonchino.

Avevano le prue altissime, che terminavano in due teste di caimani, scolpite e ricche di belle dorature, e le poppe larghissime coperte da un padiglione di seta cremisi a frange d’argento.

Le vele, di seta a strisce bianche ed azzurre, ed anche i cordami facevano un bellissimo effetto. Se il lusso era sfarzoso, l’armamento era formidabile e numerosi cannoncini e grosse spingarde mostravano le loro nere gole fra le aperture dei bastingaggi.

Sun-Pao aveva condotto la bella Sai-Sing sotto il padiglione, facendola sedere su cuscini di velluto verde, poi aveva fatto abbassare le tende tutto all’intorno, onde potesse riposare senza essere disturbata. E Sai-Sing, che aveva passata la notte precedente senza chiudere gli occhi, malgrado le sue apprensioni, ne aveva subito approfittato.

Non così invece la vecchia Man-Sciù, che pareva non sentisse affatto il sonno. Assicuratasi che la fanciulla dormiva e che Ong vegliava dinanzi le tende, essa si era seduta sull’alta prora, spingendo lontano i suoi sguardi, forse più ansiosa di Sai-Sing di scoprire le isole.

I marinai, vedendo quella strega contemplare il mare, se n’erano scostati più che in fretta, presi da un invincibile terrore. Perfino Sun-Pao si teneva a distanza e malediva in cuor suo la strana idea che aveva avuto la bella Sai-Sing di scegliersi a compagna quell’orribile megera.

Sentiva per istinto che quella vecchia non gli avrebbe portato fortuna e la guatava ferocemente. Se non avesse avuto paura di qualche malefizio, non avrebbe esitato a lanciarla in mare, ma, come abbiamo detto, per quanto feroce non era meno superstizioso dei suoi compatrioti.

Le due giunche intanto continuavano a veleggiare verso l’alto mare, spinte da una fresca brezza che soffiava da ponente e che era favorevolissima per condurle alle isole.

Un silenzio profondo regnava sul mare. Non si sentiva che lo scricchiolìo delle antenne e lo spumeggiare dell’acqua intorno alle alte prore. Man-Sciù, sempre immobile, coi capelli arruffati sciolti sulle spalle, guardava senza stancarsi. I suoi occhietti interrogavano ansiosamente l’orizzonte, accendendosi di quando in quando d’una fiamma sinistra. Una profonda ruga le solcava la fronte incartapecorita e una profonda apprensione le alterava i lineamenti.

– Il vento del sud – mormorava, coi denti stretti – tornerà a scoppiare perché l’arco io lo scorgo ancora, anche se gli altri non lo vedono più. Per le Bandiere Nere o Gialle che m’importa? Che il mare le inghiotta tutte! È per Sai-Sing che io tremo, le isole sono ancora così lontane! Maledetta notte! Che ci sia fatale? No, lo Spirito Marino ci proteggerà.

Si era voltata guardando il ponte della giunca. I marinai che la osservavano sospettosamente, come un essere malefico, vedendola volgersi si erano precipitosamente ritirati.

Un ghigno orribile era comparso sulle labbra della vecchia.

Tese il braccio destro ed indicò un punto nero che saliva sull’orizzonte allargandosi rapidamente.

– Dite a Sun-Pao – gridò – che le sue vele non resisteranno al vento del sud e che alle isole non giungerà così presto come spera. È Man-Sciù che parla, la strega di Seul.

– Maledetta strega – mormorarono i marinai, impallidendo. – Ha gettato qualche malefizio sull’oceano.

Sun-Pao in quel momento comparve in coperta. I suoi occhi di marinaio esperto si erano subito fissati sul punto nero e la fronte gli si era oscurata.

– La vedi la nuvola che sale? – gli gridò Man-Sciù, accostandoglisi.

Il capo delle Bandiere Gialle fece un cenno affermativo.

– E l’arco nero, lo distingui ancora?

– Non vedo alcun arco – rispose Sun-Pao visibilmente turbato.

– Ma gli occhi di Man-Sciù lo scorgono.

– Chi sei tu dunque per vedere ciò che gli altri non riescono a discernere?

– Tu hai veduto come io predico la sorte.

– E l’hai predetta in mio favore.

– Sì, per oggi.

– E per domani?

– Potrebbe essere invece favorevole all’altro, a Kin-Lung.

Un lampo d’odio terribile balenò negli sguardi del pirata. Girò su se stesso e guardò la giunca del rivale che veleggiava a poche centinaia di passi, seguendo la medesima rotta.

– Non è da quella parte che sta il pericolo – disse la vecchia. – Sta laggiù, dove la nuvola si alza.

– Che cosa mi predici?

– Che non giungerai alle isole.

– E Sai-Sing?

– Occupati della tua giunca. Ecco le prime raffiche.

Un improvviso colpo di vento si era rovesciato sulla giunca, facendo piegare bruscamente gli alberi, mentre il mare, pochi minuti prima calmo, si rompeva in ondate come se il fondo fosse stato sollevato da una formidabile scossa di terremoto.

Sun-Pao, quantunque abituato a lottare coi furori dell’oceano e cogli elementi scatenati e marinaio non meno esperto di Kin-Lung, aveva sussultato ed aveva volto gli occhi inquieti verso la tenda di seta sotto la quale la bellissima tonchinese dormiva ancora.

– Fa’ chiudere una parte delle tue vele – gli disse la vecchia. – Ecco nuove raffiche che stanno per giungere. All’erta, marinai! La bufera sarà tremenda: è Man-Sciù che ve lo dice, l’indovina di Seul.

L’uragano scoppiava con quella fulminea rapidità che è particolare alle regioni equatoriali e tropicali.

La nube s’avanzava con velocità fantastica, allargandosi e minacciando di coprire tutta la volta celeste, mentre il mare montava a vista d’occhio, scrollando brutalmente le due giunche.

I marinai, che conoscevano per prova la violenza di quelle bufere tremende che, se hanno poca durata, raggiungono una furia spaventevole, si erano già precipitati alla manovra, imbrogliando buona parte delle vele.

Era tempo. L’aria si era mutata quasi improvvisamente in vento violentissimo ed il cielo era diventato nero come la pece.

Lampi abbaglianti guizzavano fra le nubi seguìti da tuoni assordanti.

Sai-Sing, strappata al sonno da tutti quei fragori, era comparsa sulla coperta.

L’intrepida fanciulla era però calma.

– La tempesta, Man-Sciù? – chiese alla vecchia che si era premurosamente avvicinata.

– Sì – rispose la vecchia.

– Come è brutto il mare!

– E diverrà fra poco ancora più terribile – disse Man-Sciù con voce un po’ alterata.

– Resisteranno le giunche?

– Speriamo.

– Sono lontane le isole?

– Cento miglia per lo meno ed il vento soffia dalla loro parte.

– Vuoi dire che non vi giungeremo per ora.

– Sarà ben difficile.

– Gautama non vorrà che io lo veda? – chiese la fanciulla con un sospiro.

La vecchia non rispose: ascoltava le urla del vento ed i muggiti del mare.

– Parla, Man-Sciù! – disse Sai-Sing con angoscia.

– Le giunche sono solide e Sun-Pao e Kin-Lung sono i migliori marinai delle Bandiere Nere e Gialle e di tutti i tonchinesi presi insieme. Ritiriamoci sotto coperta: qui fra poco le onde spazzeranno tutto.

Ong le aveva raggiunte. Anche quel bravo giovane appariva assai inquieto per la furia crescente della burrasca, tuttavia, per non spaventare la fanciulla, disse a sua madre:

– Quest’uragano non durerà molto e noi giungeremo alle isole senza troppo ritardare. Ritiratevi sotto coperta: è Sun-Pao che lo vuole.

Man-Sciù e Sai-Sing obbedirono rifugiandosi nella cabina del capo delle Bandiere Gialle, che era arredata con grande sfarzo ed aveva le pareti e le colonnine di sostegno coperte di seta rossa a fiori gialli e ricami d’oro ed il pavimento di tappeti bellissimi a mille colori.

La bufera intanto, anziché scemare, aumentava terribilmente. Il mare erasi coperto di cavalloni spumeggianti che il vento spingeva in tutte le direzioni.

Balenava e tuonava spaventosamente fra le nubi e rovesci d’acqua cadevano inondando tutto.

Le due giunche lottavano disperatamente, opponendo all’urto poderoso dei marosi i loro fianchi massicci, e balzavano come palle di gomma, ora librandosi ad altezze prodigiose ed ora precipitando violentemente in baratri profondi dai quali non uscivano che con grande fatica.

Sun-Pao, in mezzo al ponte, comandava la manovra, cercando di mostrarsi tranquillo ed interrogando spesso il suo luogotenente, marinaio non meno esperto di lui e che da molti anni lo seguiva in tutte le sue imprese.

– Credi che resisteremo, Laos? – gli chiedeva sovente.

– Non ne dubito quantunque il vento ci spinga fuori di rotta – rispondeva il sotto-capo. – Non ho che un solo timore.

– Quale?

– Che ci trascini verso le isole di Pulo Condor invece che verso le nostre. Tu sai, capo, che le scogliere sono numerose in quei paraggi e che difficilmente si possono evitare.

– Faremo il possibile per evitarle. Si fracassasse solamente la giunca di Kin-Lung!

– Sarebbe una bella occasione per sbarazzarti del tuo rivale – disse Laos.

– Il briccone però non ci lascia e ci segue sempre da vicino. Quel maledetto squalo ha paura che io fugga con Sai-Sing e ci tiene gli occhi addosso.

– Vedremo se potrà sempre seguire la nostra rotta, quantunque guidi la sua giunca con un’abilità straordinaria. Attento, capo. Vedo laggiù delle trombe marine turbinare e pare che tendano a salire fino a noi.

– Delle trombe? – esclamò Sun-Pao facendosi smorto in viso. – Che siamo destinati ad affogare tutti? Si direbbe che qualcuno ha gettato su di noi qualche malefizio.

– Quella strega ha scatenato i venti – disse Laos. – Io l’ho veduta alzare le braccia come per invocare la tempesta.

– Non avrebbe nessun interesse a farci affondare ora che abbiamo a bordo la fanciulla del Fiume Rosso. Affogando noi, non si salverebbero nemmeno loro due.

– È una strega e chi sa quale potenza possiede.

– Superstizioni: non è che un’indovina.

– Sia come vuoi, sarei stato più lieto se non si fosse imbarcata. Ecco le trombe! Attento, Sun-Pao! Avremo da sudare per evitarle.

Verso il sud-est s’erano formate quattro o cinque colonne di dimensioni enormi che giravano vorticosamente, sconvolgendo il mare per un tratto immenso.

Mentre una estremità posava sull’acqua, il vertice si confondeva fra le nubi.

Quelle masse così temute dai marinai perché trascinano nella lor corsa precipitosa le navi che incontrano, assorbendole ed innalzandole come se fossero pezzetti di sughero, s’avanzavano rapidamente verso le due giunche, sprigionando di tratto in tratto dei lampi abbaglianti.

Scorgendole, gli equipaggi delle due navi non avevano potuto frenare un urlo di terrore. Sun-Pao però aveva subito riacquistato il suo sangue freddo abituale ed aveva dato alcuni comandi ai due timonieri.

– Bordate! Bordate! – aveva poi gridato con voce tuonante.

La giunca, non ostante la violenza del vento che aveva raggiunto il suo parossismo, si era messa nuovamente sotto vela, tirando una lunga bordata verso il sud, colla speranza di gettarsi fuori dalla rotta seguita dalle trombe, le quali continuavano la loro marcia sollevando ondate spaventevoli.

Tutta inclinata sul fianco dalla forza del vento che gonfiava enormemente le vele, la nave balzava e rimbalzava sulle onde, le quali non le lasciavano un momento di tregua, investendola da tutte le parti e inondandole la tolda e gli alti casseri di poppa e di prora.

La giunca di Kin-Lung non l’aveva però abbandonata e s’era messa dietro, forzando anzi le vele per raggiungerla.

Quella manovra non doveva avere l’esito sperato dai due capi delle Bandiere Gialle. Le trombe marine, divise da un furioso colpo di vento, avevano preso diverse direzioni abbracciando uno spazio immenso.

Non vi era che una sola speranza: quella di tentare di passare fra di esse, manovra però pericolosissima perché se in quel momento qualcuna si fosse sfasciata difficilmente le due giunche avrebbero potuto mantenersi a galla.

– Sun-Pao – disse il luogotenente, che pel primo si era accorto della inutilità di quegli sforzi – giungeremo troppo tardi.

– Lo vedo – rispose Sun-Pao, digrignando i denti e tergendosi alcune stille di freddo sudore che gl’imperlavano la fronte.

– Tu comprometti l’esistenza della bella fanciulla del Fiume Rosso.

– Che cosa tentare?

– Passiamo fra le trombe.

– Non vedi che non hanno una direzione costante e che il vento le spinge or qua or là.

– Lo so. Eppure è l’unica risorsa da tentare. Ecco una tromba che devia sulla nostra rotta. Fuggiamo o ci troverà sul suo passaggio.

Sun-Pao lanciò precipitosamente alcuni comandi.

I marinai, quasi fossero in preda ad un vivo terrore, bracciarono le vele, mentre i timonieri spostavano faticosamente la ribolla del pesante e lunghissimo timone.

La giunca virò quasi sul posto e cambiò rotta nel momento in cui una delle trombe più vicine, le passava turbinando a tribordo, sollevando il mare a prodigiosa altezza.

Un’onda enorme, o meglio una vera muraglia liquida, si rovesciò con mille formidabili muggiti sulle due navi, subbissandole per qualche istante e spazzando i loro ponti.

Per un momento i due equipaggi credettero che tutto fosse finito; invece le robuste giunche avevano ancora una volta resistito al brutale assalto ed erano riapparse a galla, quantunque colle vele quasi tutte lacerate. I naviganti avevano appena riaperto gli occhi, quando videro a breve distanza un’altra tromba che correva addosso alle due navi.

I timonieri, paralizzati dal terrore, non avevano nemmeno udito la voce di Sun-Pao.

– A tribordo! – aveva urlato il capo.

Forse quel grido erasi confuso fra i muggiti del mare.

La tromba, che s’avanzava con velocità fantastica, piombò sulla giunca di Sun-Pao e l’avvolse nelle sue spire liquide, trascinandola nella sua corsa.

L’equipaggio si era lasciato cadere sul ponte, aggrappandosi disperatamente alle traverse delle murate e alle manovre basse.

Attorno alla nave una spuma candidissima, che volta a volta si tingeva di rosso o di azzurro sotto i riflessi dei lampi balenanti entro la tromba, danzava disordinatamente.

Mille fragori si succedevano: muggiti, sibili di vento, scoppi ora sordi ed ora violentissimi prodotti da fulmini scoppianti.

La giunca girava sempre sull’orlo inferiore della tromba con velocità prodigiosa. Le sue membrature scricchiolavano come se fossero lì lì per cedere; i suoi alberi oscillavano come se stessero per cadere; la massa intera, sollevata da una forza misteriosa, ora si alzava, librandosi nel vuoto dell’enorme colonna, ora ricadeva pesantemente.

Sun-Pao, inebetito dallo spavento, non aveva più voce per dare alcun comando. Si era aggrappato al ponte del cassero poppiero e guardava, cogli occhi dilatati dal terrore, tutta quella spuma che avvolgeva la sua povera nave.

Quanto continuò quella corsa vertiginosa? Nessuno avrebbe potuto dirlo; forse dei minuti, forse parecchie ore.

Un rombo formidabile, seguìto da scrosci violenti a cui tenne dietro la caduta degli alberi, trasse i marinai dal loro ebetismo.

Un turbine d’acqua avvolse per parecchi minuti la nave, imprimendole delle scosse disordinate, poi tutti quei sinistri fragori cessarono bruscamente e la spuma scomparve.

Che cosa era avvenuto? Una cosa semplicissima.

La colonna d’acqua si era spezzata contro una immensa roccia che aveva trovato sul suo passaggio e che si rizzava dinanzi alla giunca.

L’urto però era stato così violento, che la disgraziata veliera, che seguiva il moto rotatorio della tromba senza poterne uscire, non aveva potuto resistere. Scaraventata contro quella roccia, si era fracassata i fianchi ed ora giaceva, inclinata sulla poppa, in mezzo ad un gruppo di scogliere.