La Croce (Foscolo)

Ugo Foscolo

1796 Odi letteratura La Croce Intestazione 3 dicembre 2008 50% Odi


Vere Deus est in loco isto
Gen.


Professando la regola
di Sant’Agostino
fra le eremite
la nobil donzella
Maria Toderini ora Maria Serafina
Delle Cinque Piaghe
canto
consecrato alla nobil donna
Maddalena Toderini Pappafava
sorella amorosissima
della sacra sposa.


"Eccellenza, Offro que’ versi, che cantano la più saggia delle Donzelle, alla sorella più tenera ed alla Donna più virtuosa e sensibile. I loro pregi non degni di Voi, vengono compensati dal rispetto, con cui li consacro, e dall’augusto soggetto che ve li deve rendere cari. Ad ogni modo, se ciò pure non avvenisse, io sarò pago d’aver cantato de' versi ispiratimi dall’angelica Figlia di un egregio Patrizio, e indirizzati alla sola Donna ch’io venero.

L’Autore".



 
      Abbracciava il Creato immensa notte,
E nel deserto con ruggir feroce
Rompeano i turbi le sonanti grotte;
      Quando tuonar udii terribil voce
5Che dal sonno mi scosse, e all'aer in grembo
Vidi alto balenar rovente Croce.
      Piovea di sangue e di fiammelle un nembo
Cui sette Serafini a capo chino,
Onde raccôr, stendean l'aurato lembo;
      10E aprissi il Cielo, e scese un Cherubino
Con un Calice in mano ov'era scritto
A note di adamante: Amor Divino.
      E poi ch'ebbe tre volte circoscritto
Lo spazio delle sfere, a posar venne
15Sul tronco ove lavossi ogni delitto;
      Indi abbracciollo, e Cantico solenne
Coi Spiriti minori erse in dolore,
Dolce battendo di fulgor le penne.
      E a me, cui maestà cerchiava il core,
20Scrivi scrivi, gridò, ciò che vedrai,
Chè queste son l'alt'opre del Signore.
      A lui per riverenza io m'atterrai,
E al suon di tromba vidi in Orïente
Splender igniti abbarbaglianti rai;
      25E venir vidi in leggiadria decente
Amabil Verginella, alla cui fronte
Ornamento facea candor lucente.
      Così non luce mai vermiglio il monte
Cui batte il Sol di sera, e sì non luce
30Sul mattin odoroso l'orizzonte.
      Nube che fior sparpaglia la conduce
Per l'aer leggiadramente, ed al suo lato
Fervida stassi Carità per duce.
      Di mite venticel fragrante fiato
35Spingea la bianca nube, e dir parea:
In uffizio sì caro io son beato.
      E poi che giunse là 've risplendea
L'augusta Croce, e di Angeli uno stuolo
Radïante corona la facea;
      40Troncò la nube candidetta il volo,
E soffermossi a piè del Cherubino
Che scese i Cieli maestoso e solo.
      Ed ei sul capo riverente e chino
Dell'innocente Vergine la palma
45Stese, e sparse su lei sermon divino;
      E le dipinse la placida calma,
Che ascosa al mondo sotto un puro ammanto
Gode al raggio di Dio beata un'alma:
      E al suo parlar svegliossi da ogni canto
50Un'indistinta soave armonia,
Un dolce dolce amorosetto canto.
      Pinse come su i Cieli rifiorìa
D'amaranto immortale un vago serto
Per chi l'inferno ed il peccato obblìa:
      55E al suo parlar vezzosamente aperto
Si vide il prato ne' color più gai,
E di fioretti amabili coperto.
      Del Paradiso le beltà vedrai,
Le disse; e tutta a un tratto si cosperse
60L'etra di gioja, di candor, di rai.
      Ma tosto d'atro orror si ricoverse,
Brontolàr tuoni, serpeggiaro lampi
Quando a morte e a terror la bocca aperse,
      E pinse come per i negri campi
65Nelle tempeste l'alto Dio passeggia,
E qual di fiamme e di bufere avvampi
      Piena d'aspri lion l'empirea reggia,
E qual su nubi negro e sanguinose
Con igneo brando la Giustizia seggia.
      70Tremante allor con luci timorose
Si strinse alla sua duce la Donzella,
E nel suo petto il volto si nascose.
      Poi s'alzava, qual dopo la procella
Pian pian tragge dal nido il collo, e guata
75L'impaurita ingenua colombella.
      Indi com'ebbe alquanto confortata
L'etereo messagger dolce e clemente
La timidetta Vergine beata,
      Al labbro le appressò del rifulgente
80Calice l'orlo, e con i lumi al Cielo
Essa il libò pietosa e ubbidïente.
      Siccome spunta il Sol senza alcun velo,
Ratto ell'arse negli occhi e nel sembiante
Splendidamente di celeste zelo;
      85E più che al tergo avesse ed alle piante
D'aquila i vanni, di salute al legno
Lanciossi e affisse le sue labbia sante.
      Il maggior Cherubino allor fe' segno
Ai sette Spirti, e rapidi il seguiro
90Del firmamento vèr lo schiuso regno:
      E in estasi di gioja e di martiro
Lasciàr quell'Angioletta su la Croce,
Che or lagrima spargeva ed or sospiro.
      Poi tutto sparve, chè tremenda voce
95Rintuonò intorno, e da' lor cupi abissi
Tornàr la notte e il turbine feroce,
      E ancor tremando quel che vidi io scrissi.