La Cortigiana (1525)/Atto quinto/Scena diciottesima

Atto quinto
Scena diciottesima

../../Atto quinto/Scena diciassettesima ../../Atto quinto/Scena diciannovesima IncludiIntestazione 2 giugno 2008 75% Teatro

Atto quinto - Scena diciassettesima Atto quinto - Scena diciannovesima

Valerio e Parabolano.

Valerio
Signore mio, ecco qui Valerio, vostro servitore e, volete o no, da voi ricognosco quel ch’io sono e mi dolgo de le pessime lingue e de la maligna sorte mia, che senza causa mi vi ha messo in disgrazia.
Parabolano
Valerio, la colpa è d’amore che contro al mio costume m’ha fatto credere troppo: non ti dolere di me.
Valerio
Io mi dolgo de la natura di voi signori, che cosí facile credenze date agli asentatori e maligni, e senza udire il biasimato assente, sbandite ogni fedele e giusto omo da la grazia vostra.
Parabolano
Deh, grazia! Perdona ad uno inganno che m’è stato fatto dal Rosso, il qual m’ha menato a sollazzarmi con una poltrona in cambio d’una gintildonna de Roma, la qual è regina de la mia vita.
Valerio
Donque per le ciance de un par del Rosso un sí gintilomo si lascia desviare ne le mani d’una ruffiana publica, dove pur adesso t’ho visto uscire, e per le parole del Rosso cacci uno che cotanti anni ti è stato servitore obedientissimo! L’è pur una gran disgrazia de voi signori, che ciechi di giudizio, per un vano apetito, ne date in preda a un tabacchino, sigillandoli ogni menzogna per il Vangelio!
Parabolano
Non piú! Ch’io mi vergogno d’essere vivo e delibero ammazzare la giovene e la vecchia in questa casa.
Valerio
E questa sería vergogna sopra a vituperio, anzi, vi prego, le facciati escan fora e ridendo ascoltiamo la burla che v’è stata fatta con nova arte, e che poi siate el primo a contarla, acciò che piú presto si domentichino le tue gioventudini.
Parabolano
Tu di’ saviamente. Aspettami qui.