La Cortigiana (1525)/Atto quinto/Scena diciottesima
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Pietro Aretino - La Cortigiana (1525)
Atto quinto
Scena diciottesima
Scena diciottesima
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Valerio e Parabolano.
- Valerio
- Signore mio, ecco qui Valerio, vostro servitore e, volete o no, da voi ricognosco quel ch’io sono e mi dolgo de le pessime lingue e de la maligna sorte mia, che senza causa mi vi ha messo in disgrazia.
- Parabolano
- Valerio, la colpa è d’amore che contro al mio costume m’ha fatto credere troppo: non ti dolere di me.
- Valerio
- Io mi dolgo de la natura di voi signori, che cosí facile credenze date agli asentatori e maligni, e senza udire il biasimato assente, sbandite ogni fedele e giusto omo da la grazia vostra.
- Parabolano
- Deh, grazia! Perdona ad uno inganno che m’è stato fatto dal Rosso, il qual m’ha menato a sollazzarmi con una poltrona in cambio d’una gintildonna de Roma, la qual è regina de la mia vita.
- Valerio
- Donque per le ciance de un par del Rosso un sí gintilomo si lascia desviare ne le mani d’una ruffiana publica, dove pur adesso t’ho visto uscire, e per le parole del Rosso cacci uno che cotanti anni ti è stato servitore obedientissimo! L’è pur una gran disgrazia de voi signori, che ciechi di giudizio, per un vano apetito, ne date in preda a un tabacchino, sigillandoli ogni menzogna per il Vangelio!
- Parabolano
- Non piú! Ch’io mi vergogno d’essere vivo e delibero ammazzare la giovene e la vecchia in questa casa.
- Valerio
- E questa sería vergogna sopra a vituperio, anzi, vi prego, le facciati escan fora e ridendo ascoltiamo la burla che v’è stata fatta con nova arte, e che poi siate el primo a contarla, acciò che piú presto si domentichino le tue gioventudini.
- Parabolano
- Tu di’ saviamente. Aspettami qui.