La Cortigiana (1525)/Atto primo/Scena ventiquattresima
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Pietro Aretino - La Cortigiana (1525)
Atto primo
Scena ventiquattresima
Scena ventiquattresima
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Messer Maco e Maestro Andrea.
- Maestro Andrea
- Ben sia trovata la Signoria Vostra.
- Messer Maco
- Buona sera e buon anno. Io credeva aver perduto voi come el mio famiglio.
- Maestro Andrea
- Gli è meglio perdermi che smarirme. Or ecco el libro; andiamo dentro ch’io vi legerò una lezioncina dolce dolce per la prima volta.
- Messer Maco
- Deh, maestro, fatemi questa grazia; ’nsegnatemi qualche cortigianeria ora.
- Maestro Andrea
- Voluntieri. Aprite gli occhi ben ben perché le prime e principal cose a essere buon cortigiano son queste: saper biastemare et essere eretico.
- Messer Maco
- Cotesto non voglio io fare perché andarei in l’inferno e mal per me.
- Maestro Andrea
- Come in l’inferno? Non sapeti voi ch’a Roma non è peccato a rompersi il collo nella Quaresima?
- Messer Maco
- Signor sí.
- Maestro Andrea
- Messer no; e sapiate che tutti quelli che vengono a Roma, subito che sono in Corte, per parere d’essere pratichi, non andarebbeno mai a Messa per tutto l’oro del mondo e poi non parlarebbono mai, che la Vergine e la Sagrata non gli fussi in bocca.
- Messer Maco
- Adonque io biastemerò: ’la potta da Modena!’, n’è vero?
- Maestro Andrea
- Signor sí.
- Messer Maco
- Ma come se doventa eretico? Questo è il caso.
- Maestro Andrea
- Quando un vi dicessi: ’Gli struzzi son camelli’, dite: ’Io no ’l credo’.
- Messer Maco
- Io no ’l credo.
- Maestro Andrea
- E chi vi dessi ad intendere che i preti abbino una discrezione al mondo, fativene beffe.
- Messer Maco
- Io me ne fo beffe.
- Maestro Andrea
- E se alcun vi dicessi ch’a Roma c’è conscienzia niuna, ridètivene.
- Messer Maco
- Ah, ah, ah!
- Maestro Andrea
- Insomma, se voi sentite mai dire bene de la Corte di Roma, dite a colui che non dice el vero.
- Messer Maco
- Non sarà meglio a dire: ’Voi mentite per la gola ?
- Maestro Andrea
- Madesí, serà piú facile e piú breve. Or questo basti quanto alla prima parte. Vi insignerò poi el Barco, la Botte di termine, il Coliseo, gli archi, Testaccio e mille belle cose che un cieco pagaría un occhio per vederle.
- Messer Maco
- Che cosa è il Coliseo? Ègli dolce o agro?
- Maestro Andrea
- La più dolce cosa di Roma e piú stimata da ognuno, perché è antico.
- Messer Maco
- Gli archi gli cognosco per cronica e gli ho veduti per lettera su la Bibbia, cosí l’anticaglie. Ma le debbono essere tutte grotte, l’anticaglie?
- Maestro Andrea
- Qual sí e qual no. E come sapete queste cose, pigliarete pratica con Magistro Pasquino. Ma vi sarà gran fatica a imparare la natura di Maestro Pasquino, il qual ha una lingua che taglia.
- Messer Maco
- Che arte fa egli, questo Maestro Pasquino?
- Maestro Andrea
- Poeta di porco in la ribecca
- Messer Maco
- Come, poeta? Io gli so tutti a mente i poeti, e anch’io son poeta!
- Maestro Andrea
- Certo?
- Messer Maco
- Chiaro! Ascoltate questo epigramma ch’io ho fatto in mia laude.
- Maestro Andrea
- Dite.
- Messer Maco
Si deus est animas prima cupientibus artem
Silvestrem tenui noli gaudere malorum
Hanc tua Penelope nimium ne crede colori
Titire tu patule numerum sine viribus uxor,
- Maestro Andrea
- O che stile! Misericordia!
- Messer Maco
Mortem repentina pleno semel orbe cohissent
Tres sumus in bello, vaccinia nigra leguntur
O formose puer, musam meditaris avena
Dic mihi Dameta recumbens sub tegmine fagi.
- Maestro Andrea
- O che vena da pazzo!
- Messer Maco
- Son io dotto, maestro?
- Maestro Andrea
- Piú che l’usura, che insegna a leggere ai pegni. Or be’, io son ricco se voi me date de queste musiche. Le farò stampare da Ludovico Vicintino e da Lautizio da Perugia, e eccomi un re. Ma da che avete perduto el paggio, bisogna trovarne un altro perché voglio che voi v’inamorate.
- Messer Maco
- Io son inamorato d’una signora e son ricco, e ciò che voi vorrete farò.
- Maestro Andrea
- Poiché sète ricco torrete casa, farete veste, comprarete cavalcature, faremo banchetti a vigne, in maschera. Ite pur, magnifico messer mio. Ah, ah, ah, ah!