La Canzone dell'Olifante/Il Sacro Impero

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L'Olifante La Canzone dell'Olifante

VIII.
IL SACRO ROMANO IMPERO

E suona la campana del Comune
a tocchi tardi. Ella è sonata a soga.
Buon artigiano, cessa l’opra: è notte.
Uomo dabbene, torna a casa: è buio.
Il bevitore esca dalla taverna.5
Chi giuoca a zara, lasci il tavoliere.
Uscite, o guaite, per veder se alcuno
va per la terra senza lume o fuoco.
Affretta il passo, o peregrino, e trova
qualche uscio aperto, ove tu chieda albergo.10
Ora in palagio tuonano le porte,
i catenacci stridono e le chiavi,
serrando il re. Poi tace ultima anch’essa
la lunga lugubre campana.

Ma Enzio ancora ode sonare il corno15
della gran caccia, dalla Valle rossa.
Di sangue tinti sono l’erba e i fiori.
Giacciono i morti, i morti dell’impero,
giacciono, chi sul dorso, chi sul petto,
tra i neri massi, a piè dei neri pini.20
Tre volte suona l’Olifante, e chiama.
È la vigilia della tua vendetta:
chi ha mal fatto, non lasciar che dorma:
ritorna, imperatore magno!

Oh! egli udì; l’imperator ritorna.25
S’ode la vasta e lunga cavalcata.
Viene tra gli alti tenebrosi monti,
per grandi valli e grandi acque correnti.
Avanti e dietro suonano le trombe
a riscontrare in alto l’Olifante.30
Non ha tra lor chi non si dolga e pianga.
Sul calpestìo risuona e sulle trombe
il pianto, come in mezzo all’acquazzone
le raffiche dell’uragano.

Sono alti i monti, gli alberi molto alti.35
La Valle è piena di rosai selvaggi.
La notte è chiara: è chiarità di luna;
tremano i gigli nella rossa Valle.
Presso ogni morto è fitta la sua spada,
la spada sua con l’elsa fatta a croce.40
Stanno riversi con le braccia in croce:
è nato un giglio in bocca d’ogni morto.
Ognuno ha il giglio, a ciò tu li conosca:
ritorna, imperatore santo!

Viene. Non è ancor giorno né più notte.45
Splendono già le punte delle lancie,
lucono gli elmi, brillano gli osberghi,
elmi ed osberghi e scudi pinti a fiori.
Si vedono ondeggiare i gonfaloni
appesi all’aste, rossi azzurri e bianchi;50
su tutti i gonfaloni è l’orifiamma,
quella che un giorno si chiamò Romana.
Tutti a cavallo i popoli del mondo:
in mezzo a loro è Carlomagno.

L’imperatore! Ha conti e duchi intorno,55
vescovi armati, con le mitrie d’oro.
L’imperatore ha gli occhi al sol levante,
l’arcangelo gli dice: Ave! all’orecchio.
È bianco, è vecchio di cinquecento anni;
la barba in fiore ha stesa sull’osbergo.60
I centomila, in segno di gran duolo,
fuori dell’elmo hanno la barba bianca.
Va, giungi al campo ove morì Rollando,
imperatore! imperatore!

Va, ma non giunge. È brusìo d’ombre vane65
ch’ode re Enzio, quale in foglie secche
notturna fa la pioggia e il vento.

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