L'uomo di mondo/Nota storica

Nota storica

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Atto III
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NOTA STORICA

Tutto ciò che sappiamo intorno a questa commedia, ci vien raccontato da Goldoni, prima nella lettera di dedica e nella avvertenza al lettore, poi nelle prefazioni Pasquali (t. XV) e nelle Memorie francesi. Quando apparve sul teatro di S. Samuele, nell’anno 1738 (non abbiamo documenti che confermino esattamente la data), portava il titolo più caratteristico di Momolo cortesan. «Piacque essa estremamente» ricorda l’autore nel proemio all’edizione Bettinelli (1750) «e fu tante volte replicata con estraordinario concorso, che fui allora tentato di crederla perfetta Commedia, sulla fede di un dotto commentatore di Orazio... Ma conobbi dippoi quante migliori Commedie si potessero scrivere. Tuttavia presi da essa coraggio». Carlo Goldoni aveva fino a quel tempo composto pochi intermezzi e melodrammi, aveva rinnovellato qualche vecchia azione tragica e inventato, pare, uno o due scenari comici per il Truffaldino Sacchi, provando l’ingegno suo nell’infinita materia teatrale: qui, per la prima volta, immaginò una vera commedia, scrisse per intero la parte di un personaggio (Momolo), creò un carattere principale e delineò altri minori; ma quanto ci resti propriamente del copione antico e quanto il maturo commediografo aggiungesse e togliesse, stendendo in iscritto più tardi, per dare alle stampe, il giovanile componimento, è impossibile determinare. L’Uomo di mondo uscì nel t. X (1757) dell’edizione Paperini di Firenze, e fu subito ripubblicato a Pesaro (Gavelli, t. X), a Venezia (Bettinelli, t. IX), a Bologna (Corciolani, t. XIII), a Torino (Fantino e Olzati, t. XII, 1758) e quindi ancora a Venezia (Savioli, t. XI, 1771; Zatta, cl. 2.a, t. II, 1790; Garbo, t. XII, 1796), a Torino (Guibert e Orgeas, t. XVI, 1774), a Livorno, a Lucca, ecc.: non si trova nelle edizioni Pitteri e Pasquali.

È da credere che il Pantalone Collinetti rappresentasse anche dopo il ’38 il Momolo cortesan: certo nel 1763 alcuni filodrammatici eseguirono a Reggio l’Uomo di mondo (v. Modena a C. Gold., Modena, 1907, p. 347) e se ne compiacque da Parigi l’autore col poeta Agostino Paradisi (dedica dello Spirito di contraddizione, ed. Pitteri, t. IX, 1763). Ancora nell’Ottocento fu qualche volta applaudito il protagonista di questa commedia (v. I Teatri, giorn. dramm.co ecc. Milano, 1827, t. I, pp. 375 e 508; Rasi, I comici italiani, Firenze, vol. II, 1905, al nome Romagnoli Luigi), mai più dimenticato del tutto nella famiglia degli artisti (Rasi, l. c., al nome Zago). Il cortesan veneziano esce, come la maschera di Pantalone, dalla media classe borghese: ma è figura storica sociale, che lo stesso Carlo Gozzi con amore descrive [p. 238 modifica]nelle Memorie inutili (Ven., Palese, 1797, t. I, pp. 133-4; v. poi Mutinelli, Mem.ie stor. degli ult. cinquant’anni della Rep. Ven., Ven., 1854, pp. 72-74 e G. Ortolani, Della vita e dell’arte di C. Gold., Ven., 1907, pp. 31-32). Da tanto tempo sulle scene del teatro comico italiano non si ammirava, all’infuori delle maschere, un personaggio vivo come Momolo. Sostenne la parte di Truffaldino l’insuperabile Antonio Sacco (o Sacchi), venuto allora di Toscana; e Rodrigo Lombardi, fedele al suo dialetto bolognese, quella del Dottore goldoniano, a cui lasciò il nome. Ritroviamo in questo componimento le quattro maschere principali della Commedia dell’Arte: solo che il Pantalone si è mutato nel giovane veneziano, e parla a faccia scoperta. Così cominciava timidamente la riforma goldoniana. Fra i personaggi minori sorge argutissimo Ludro, che ispirò più tardi a F. A. Bon (1788-1858: già compagno del Romagnoli sulle scene), attore e autore, la famosa trilogia (Ludro e la sua gran giornata 1832 [rec. ’33], il Matrimonio di Ludro 1836, la Vecchiaia di Ludro 1837). Fu accusato Goldoni di aver tolto a Molière la scena ben nota dell’usura (Avare, II, sc. 1; Uomo di m., III, sc. 3: v. Rabany, C. Goldoni ecc., Paris, 1896, pp. 259-260), ma si sa che, prima di Molière, è anche, accennata, in Boisrobert (la Belle plaideuse, IV, sc. 2), nè vano sembra il sospetto che facesse parte del patrimonio comune della commedia improvvisa.

I giovanissimi fratelli Memo (o Memmo), ai quali fu dedicata la commedia, nati di Piero e di Lucietta Pisani, abitavano nella contrada di S. Marcuola. Più noto Andrea (1729-’93: consulta il Nuovo dizion.io istor.o ecc., Bassano, 1796, t. XI; Gamba, Galleria dei letterati ecc., Ven., 1822, t. II; Dandolo, La caduta della Rep. di Ven., Ven., 1859, t. I), alunno del p. Lodoli negli studi d’architettura, non ignaro delle lettere, lodato nelle cure politiche da Giuseppe II e da altri principi, bailo a Costantinopoli, Cavaliere della stola e Procuratore di S. Marco, ricordato da Goldoni anche nei Mémoires (P. 2.e, LIV ch.: v. ed. curata da G. Mazzoni, Firenze, 1907, t. II) e da Casanova (Mém.es, ed. Garnier, Paris, t. III, pp. 115, 179 ecc.), esaltato in molti elogi, orazioni e componimenti poetici del tempo (v. bibliogr.ie del Cicogna e del Soranzo); Bernardo (n. 1730) fu Senatore e Capo dei Dieci. Del vecchio zio Andrea, morto l’anno 1754, parlano con ammirazione il Diedo e i moderni istoriografi della Repubblica (v. inoltre Nuovo diz. di Bassano, l. c.): la gloria infine del casato dei Memi risplende nelle antiche cronache.

La presente ristampa fu condotta sul testo originale dell’edizione paperiana, posto a confronto con le edizioni che di poi seguirono: poche volte, per amore dell’unità, parve di dover ritoccare la grafia di alcune voci, senza mai uscire dall’uso goldoniano. Le maiuscole e le virgole inutili furono soppresse. Le note segnate con lettera alfabetica appartengono a Goldoni, le note con cifra al compilatore di questa edizione.

G. O.