L'uomo delinquente/Parte terza/VI

CAPITOLO VI Estrinsecazioni intellettuali

L'uomo delinquente/Parte terza/V L'uomo delinquente/Parte terza/VII IncludiIntestazione 12 maggio 2012 75% Criminologia

CAPITOLO VI Estrinsecazioni intellettuali
Parte terza - V Parte terza - VII

1. Gergo. — 2. Pittografia, scrittura, gesti.


1. Uno dei caratteri particolari dell’uomo delinquente recidivo ed associato, come è sempre nei grandi centri, è l’uso di un linguaggio tutto suo particolare, in cui, mentre le assonanze generali il tipo grammaticale e sintattico dell’idioma si conservano illesi, è mutato completamente l’elemento lessicale.
Sua struttura. — Questa mutazione avviene in più modi. Il più diffuso e il più curioso, che ravvicina il gergo alle lingue primitive, è quello di chiamare gli oggetti per mezzo dei loro attributi, come saltatore il capretto; magra, cruda o certa la morte. L’anima, inoltre, è detta la falsa; la vergogna, rubiconda o sanguinosa; velo il corpo; veloce l’ora: moucharde o spia la luna: incomodo il riverbero dei fanali; imbiancatore o blanchisseur l’avvocato, e a Torino ciaciaron; santa la borsa; uva o raisine il sangue; santina la prigione; santo il pegno; birba l’elemosina; tediosa la predica; cara la sorella; Il che mostra che idee si facciano della giustizia, della vita, dell’anima e della morale. Qualche volta la trasformazione metaforica consiste in un processo che si potrebbe dire di similitudini rovesciate, come, per esempio, sapienza per sale; maronte (ossia marito) per becco; maldicente per lingua salata, influendovi qui quel sale epigrammatico, di cui abbondano i delinquenti, più ricchi di spirito, come dicemmo, che di senno. Più curiosa e men facile a comprendersi a chi non abbia la penetrazione divinatoria dell’Ascoli è quella creazione gergale, in cui alla trasformazione metaforica si aggiunge uno scambio per ragioni fonetiche, come prophète per tasca o per cantina, alludendo a profondo; philosoplie, cattiva scarpa, per allusione alla omofonia di savant o savate, forse, insieme, alla povertà, detta appunto philosophie. Molte parole sono create, come fra i selvaggi, per onomatopeia: tap, marche; tufi, pistola; tic, orologio; onomatopeia di simpatia è il nostro guanguana, amante; fricfrac estrazione. Un’altra fonte di questo lessico viene dallo svisamento fonetico delle parole, il più spesso per uno di quei processi che il grande Marzo10 chiamava di falsa riduzione etimologica, in cui la falsa etimologia è suggerita da somiglianze fonetiche: per esempio orfèvre per orpkelin; philanthrope per filou; e da noi, alberto, uovo, da albume; cristiana la berretta, da cresta; mandare a Legnago, essere bastonato, da legno; in parmigiano ramengo per bastone, da ramo. Uno svisamento assai frequente è quello per cambio di vocale, per esempio boutoque per boutique, ecc.; meno frequente invece è lo svisamento delle parole per inframmissione d’una sillaba, proprio degli zingari vagabondi tra i Pirenei Baschi, come dorancher per dorare, pitancher per pinter, bere. Altre deformazioni sono dovute all’inversione delle sillabe, come malas, nei muratori piemontesi, per salam; o all’aggiunta di desinenze aumentative, diminutive, vezzeggiative, ma più sovente ancora peggiorative, come le desinenze in ard e in aule. Una fonte vasta del lessico sono le parole straniere: ebree nei gerghi germanici; tedesche e francesi in quelli italiani; italiane e zingariche nell’inglese. Così noi regalammo ai Francesi, il mariol, il furfante, il boye, garzone che sferza i galeotti, il frit per perduto, e cadenne e cap per aguzzare. Nello spagnuolo troviamo l’italiano parlar, formage, il francese aller, bélitre. La lingua ebraica, o meglio giudesca, diede la metà delle parole del gergo olandese e circa un quarto del tedesco, ove io ne contai 156 sopra 700, e tutti i termini pei vari delitti sono ebraici, probabilmente pel manutengolismo esercitato dagli Ebrei. Ma il più curioso contingente dei gerghi è dato dalle parole antiquate smarrite completamente nei lessici vivi. Così abbiamo l’arton, pane; lenza, acqua; cuba, casa (in gergo siciliano); strocca, meretrice (Calabria); marcone, mezzano; mamma per terra, e breviario per letto, in parmigiano. Questi arcaismi sono tanto più singolari quando si pensi alla grande mobilità e mutabilità delle espressioni gergali, in cui si trovano una grande quantità di sinonimi per designare certi oggetti o parti d’oggetti che più li interessano. Le guardie, i carabinieri, li chiamano, per esempio, in mille modi (bajoun, boutun, maso, pungolist, stravaca-oli); e così hanno molte parole per significare sodomizzare, saccocce, ecc. Malgrado tante fonti, tanti sinonimi e tanti traslati, il gergo è una lingua povera, sia perché l’uso vi fa una spontanea e rapida selezione di parole e di locuzioni nate da una circostanza accidentale, da un capriccio; sia per la scarsezza delle loro idee. La brevità, la sonorità, una certa bizzarria, sembrano favorevoli condizioni di durata, come dimostrava il Niceforo per l’Italia e il Salillas per la Spagna. Diffusione del gergo. — Mentre ogni regione italiana ha un proprio dialetto, il gergo dei criminali, anche di varie regioni, e anzi di varie nazioni ha molte parole comuni; e ciò si spiega, quanto alle somiglianze ideologiche, per l’analogia delle condizioni; e quanto alle somiglianze fonetiche, per la continua mobilità dei criminali, che importano le espressioni da un paese all’altro.
Sua genesi. — Si allega di solito, per spiegare l’origine del gergo furfantesco, la necessità di sfuggire alle indagini della polizia; ed è certo che questa ne fu una causa principalissima, specialmente per le inversioni di parole e per la sostituzione di nomi diversi a pronomi, come mamma per io, otto per sì; molto espressivamente in sardo il gergo si chiama cobertanza. Ma che questa causa non sia la sola risulta dal vedere il gergo usato, per esempio, in certe poesie, con le quali si cerca di ridestare, in luogo di sfuggirla, l’attenzione dei più; dai vederlo adoperato anche nell’interno della famiglia, e il pensare che essendo ormai noto esso non servirebbe più, nella maggior parte dei casi, a quello scopo. Piuttosto il gergo riproduce, come il tatuaggio, le tendenze all’uomo primitivo; ha dunque origini ataviche; i criminali parlano da selvaggi, perché sono selvaggi viventi in mezzo alla civiltà moderna; adoperano quindi in esso di frequente, come i selvaggi, l’onomatopeia, l’automatismo, la personificazione degli oggetti astratti. Gli è che il gergo, se non la genesi spontanea, certo ha simile l’organismo e la natura alle lingue e ai dialetti, i quali si sono formati e sformati da se, secondo il luogo, il clima, le abitudini ed i nuovi contatti. Infatti il gergo non è un fenomeno eccezionale e speciale della criminalità, ma lo si trova nelle singole professioni, famiglie e società, e più negli individui dediti ad un mestiere equivoco, in quelli costretti ad una vita nomade o ad un soggiorno temporaneo; con il loro speciale linguaggio affermano costoro la propria comunanza e si sottraggono all’altrui vigilanza. Così io trovai in una stessa vallata un gergo proprio degli spazzacamini, in un’altra dei vignaioli, dei camerieri, degli imbianchini, dei muratori e dei calderai, quest’ultimo analogo e spesso identico al criminale; Avé-Lallemant parla di un gergo dei venditori di commestibili, delle prostitute, degli studenti di medicina, deì collegiali di Winchester, e dei ciarlatani, che parlano con voci rimate; e Niceforo di un gergo delle crestaie, dei, commessi, ecc. Quanto non devesi sentir spinta a formulare in linguaggio suo particolare le proprie idee gente che ha abitudini, istinti tanto speciali e tante persone da temere e da ingannare come i criminali! — Questi dunque hanno un gergo, cioè un modo di parlare diverso dagli altri, perché sentono e pensano anche diversamente dagli altri. S’aggiunga che codesta gente si raduna sempre nei medesimi centri — galere, postriboli ed osterie — e non ammette comunione se non con quelli che hanno le medesime tendenze e con questi si affratella con una imprevidenza e facilità straordinaria, trovando appunto nel gergo, come bene mostrava il Vidocq, un mezzo di riconoscimento, una parola d’ordine. Che se non usassero il gergo, il bisogno di espandersi tumultuosamente, che è uno dei loro caratteri, metterebbe in guardia, oltre che la polizia, le loro vittime.
Bizzarria. — Deve anche contribuirvi una gran leggerezza e mobilità di spirito e di sensazioni, per cui, afferrata una parola nuova, nelle molte circostanze dell’orgia, od una frase strana, assurda pur anche, ma vivace, piccante o bizzarra, la mettono in giro, l’eternano nel loro lessico, compiacendosi delle trovate oscene e bislacche, delle omofoniQ e delle pompierate, come possono trarne abbondantemente, per esempio, dal Quartier Latino di Parigi. Inoltre vi contribuiscono, come s’è accennato, i contatti che essi hanno con altri popoli per la loro vita randagia, la tradizione di famiglia in famiglia e attraverso le generazioni, confermata dal fatto che il gergo tedesco, proprio con le espressioni attuali, rimonta ad epoca antichissima, fino al 1350 in Germania (Avé-Lallemant).
Gergo nelle prostitute e nei pazzi. — Pare che ora le prostitute, sebbene tanto analoghe ai criminali, non abbiano propriamente un gergo: ma certo l’avevano nei tempi antichi, nei tempi di Villon e di Rabelais; però qualche parola di gergo è usata anche ora nei postriboli, in cui molte parole alludono al coito, e nella stessa alta prostituzione di Parigi. Nei pazzi poi, sebbene non si trovi un gergo speciale, si nota la creazione frequente di parole per orno fonie, o di parole nuove o neologismi, senza causa ben chiara.

SCRITTURA PICTOGRAFICA - GESTI


Gli studi autografi dei criminali ne fanno distinguere la scrittura, naturalmente con qualche riserva, in due grandi gruppi: l’uno degli omicidi, grassatori e briganti, la maggior parte dei quali ha per carattere un allungamento delle lettere ed una forma più curvilinea e spiccata dei prolungamenti, tanto al basso come all’alto delle lettere (gladiolamento), assai spiccata o prolungata la sbarra del t, una specie di uncinatura ad ogni fine di parola e la firma complicata da una quantità di filettature e di arabeschi (v. figg. 11 e 12). Nel’altro gruppo, speciale ai ladri, manca il gladiolamento e le lettere sono svasate, molli, e la firma ha fregi vari — caratteri, insomma, che si avvicinano al tipo normale e al femminile. È interessante che questi principali caratteri si sono riprodotti nella scrittura di individui che avevano assunto, nella suggestione ipnotica, una personalità criminale.
Pittografia. — Una tendenza singolarissima dei criminali è quella cli esprimere con figure il proprio pensiero; così Troppmann dipinse in carcere la scena del suo misfatto, perché ne risultasse che altri e non lui era stato l’autore della strage; il Cavaglia, o Fusil, scolpì in figure su un vaso della cella il ricordo del suo reato, dell’incarceramento e la scena del suo futuro Suicidio e con gli altri le cui gesta son riprodotte. Nei tatuaggi se ne hanno molti altri esempi. È certo atavistico questo bisogno di esprimersi con la forma primitiva della pittura in persone che conoscono, di solito, la scrittura — quasi che questa non rappresenti abbastanza vivacemente le loro idee. Dalla pittografia si passa facilmente, come nelle razze antiche, ai geroglifici, i quali hanno una rispondenza completa col gergo, anzi non sono proprio che espressioni gerga1i dipinte, e si legano anch’essi ad un evidente atavismo storico, oltre che alla necessità del segreto. Per le loro corrispondenze clandestine, specialmente quando sono in carcere, i camorristi si servono di geroglifici, che ci ha rivelato il De Blasio. Per indicare, per es.:
Presidente di Tribunale, usano una corona con tre cuspidi;
Giudice, il tocco dei magistrati;
Ispettore di Pubblica Sicurezza un cappello da soldato alpino:
Carabiniere, una cornetta;
Questurino, un pene;
Furto, una testa da morto tra due ossa incrociate;
Questore, un nano con un cappello da carabiniere.
La corona allude al Presidente del Tribunale, e forse al suo tocco, la vipera il P.M., perché, diceva un contajuolo, il pubblico accusatore «nei dibattimenti scarica non poco veleno contro ai figli dell’umiltà».
Per designare poi il Capo-società, Capintrito, Camorrista, Contajuolo, Picciuotto, Giovine onorevole, Palo, che son tutte cariche della camorra, adoperano dei segni convenzionali, cioè delle piccole sfere sottosegnate da lineette, da un palma, ecc. Il cifrario è conservato, da ciascun contajuolo e viene modificato dal solo capo-società, il quale cura anche di farne conoscere le correzioni a quelli che si trovano sotto chiave.
Gesti. — Avé-Lallemant nei ladri tedeschi e Vidocq nei floueurs — ladri francesi — hanno descritto una quantità di gesti convenzionali, che costituiscono un vero linguaggio da muti, per farsi intendere dai compagni impunemente: ma non senza una causa atavica, perché vi fu un’epoca in cui l’uomo, ancor privo della parola — homnes alali dell’Haeckel — ricorreva, come fa ora il fanciullo ai gesti per esprimere le idee.